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Vincenzo Greco, la più giovane guida vulcanologica d’Italia: «L’Etna è una mamma che mi dà energia»

Di Maria Ausilia Boemi |

Vincenzo dal 22 febbraio è una delle nuove 20 guide vulcanologiche – la più giovane in Italia -, dopo avere superato le impegnative prove fisiche, scritte e orali del relativo corso di 456 ore (l’ultimo era stato nel 2001, anche se dovrebbero tenersi ogni due anni). Ora è iscritto all’albo del collegio regionale siciliano, anche se il titolo gli consente di operare su tutto il territorio nazionale.

Un sogno coronato per un giovane che era quasi un “predestinato”. Suo nonno Vincenzo (venuto a mancare quando Vincenzo jr aveva solo 6 anni) è infatti una mitica figura dell’Etna: con Domenico Domanti fu una delle prime guide alpine sul vulcano e uno dei primi maestri di sci di fondo insieme con l’altrettanto noto cavaliere Greco. Il papà, invece, lavorava negli impianti di risalita di Piano Provenzana. «La mia – sottolinea quindi Vincenzo – è una passione che nasce da lontano: sono figlio di una famiglia che ha avuto sempre un approccio diretto col vulcano. Sono stato cresciuto sull’Etna: 12 mesi dopo la mia nascita, mio padre mi portò per la prima volta a Piano Provenzana, in mezzo alla neve; a 5 sono stato portato ai crateri sommitali e poi ho continuato a frequentare l’Etna tutti i fine settimana. La mia è una passione e quasi una necessità: sento di dovere rinnovare l’approccio con la montagna, immergermi in questa spirale di sentimenti che si tramutano in entusiasmo ed energia».

L’Etna è stata quindi una casa per Vincenzo: «Praticamente sì, e ringrazio di questo mio padre, perché non tutti hanno questa possibilità. E se sin da piccolo non sei portato a sentire quelle sensazioni, ad approcciarti con quell’ambiente, sarai sempre distolto da altro. Ho iniziato così a conoscere il vulcano, montagna particolare e dinamica: vedevo il verde dei boschi e le colate nere e ne chiedevo le ragioni a mio padre. E lui mi spiegava che quelli erano i flussi lavici che scendevano e andavano a bruciare il bosco».

Ma il giovane non ne aveva mai visto uno dal vivo, fino all’eruzione del 2002, che rappresentò un punto di svolta per lui: «Vedevo quei pini così tranquilli, quel verde così stabile, silenzioso, umile, quei luoghi a me cari, che l’Etna risvegliato ora stava bruciando e divorando. Quella visione mi colpì particolarmente». Ed è stato l’episodio che ha fatto decidere a Vincenzo di volere diventare guida vulcanologica: «Di fronte a quella enormità, mi accorsi che ero un puntino insignificante e ciò mi suscitò un senso di fragilità, che è lo stesso che sento tuttora quando salgo sull’Etna».

Un rapporto intimo con l’Etna che da allora non si è mai interrotto: «Tra l’altro, l’eruzione del 2002 cominciò il 27 ottobre, esattamente 2 anni dopo la morte di mio nonno, che per 40 anni aveva operato sul vulcano, avvenuta il 27 ottobre del 2000. Da quel giorno, tutte le volte che salgo sull’Etna sento di non essere più solo. In quota mi sento libero, la magnificenza dell’Etna mi trasmette bellezza, una sorta di paura mista a fragilità. Lo stesso vulcano per me è una figura, una figura che rispetto, che ha le sue sensazioni, le sue emozioni: quando salgo sul vulcano, cerco di cogliere il suo respiro. Per farlo, parlo poco e ascolto molto per notare i cambiamenti».

Quasi una lirica di amore per questa montagna che muta sempre: una passione che ora Vincenzo ha la fortuna di potere trasformare in un mestiere: «Noi siamo la figura peculiare, specializzata nell’accompagnamento sui vulcani attivi». Dove – in nome della sicurezza – non ci si dovrebbe avventurare da soli o con guide improvvisate, anche se Vincenzo non condivide la preclusione delle quote sommitali del vulcano: «Purtroppo oggi vige l’idea che il vulcano debba essere chiuso oltre una determinata quota. È giusto limitare l’accesso se non si è accompagnati da uno specialista, ma precludere il vulcano e imporre che dopo una certa quota non si può andare perché c’è il rischio vulcanico, non ha senso: se vai sull’Etna, su un vulcano attivo, devi essere consapevole che ci sono questi rischi e, se ne sei consapevole, devi essere tu ad armarti di buona coscienza e chiamare qualcuno che ti accompagni affinché tu possa svolgere la tua attività tranquillamente. L’Etna è un vulcano attivo ed eruzioni e flussi piroclastici sono manifestazioni normali. Io non conosco un altro vulcano dove sia preclusa l’attività escursionistica perché è attivo: è quasi un paradosso». Anche dal punto di vista turistico… «I crateri sommitali suscitano mistero nel turista, perché arrivi a 3.000 metri per guardare non in alto, ma in basso… E per quante volte tu possa andare ai crateri sommitali, ogni volta è una sensazione diversa, perché l’Etna è un vulcano dinamico e non vedi mai quello che hai visto in precedenza. La bellezza del vulcano è anche questa. Non puoi dunque mai dire di avere conquistato il vulcano, perché la cima non è mai la stessa rispetto al passato».

È questo l’amore sconfinato per il suo vulcano di un figlio dell’Etna. Perché tale si sente Vincenzo: «Per me l’Etna è una seconda mamma: mi ha accolto, mi ha educato alla cultura della montagna, alimenta in me gli interrogativi che mi suscitano desiderio di conoscenza. Ma allo stesso tempo l’Etna mi libera dall’oppressione della vita normale, dallo stress, dai pensieri molesti. Vado su e mi libero: l’Etna mi rende la vita lieta quasi come quella di un bambino».

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