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Mario Incudine: «Io, uno nessuno centomila»

Di Giuseppe Attardi |

«Sono un gemelli, di segno zodiacale, e bilancia: sono due segni d’aria e sono realmente sdoppiato – scherza Incudine – Ho una personalità multiforme, io stesso non saprei come definirmi. Tutto quello che faccio ha però una sintesi: sono un uomo di palcoscenico. Amo stare sul palcoscenico, quando insegno, quando faccio il regista, quando faccio l’attore o il compositore oppure il direttore artistico. Non riuscirei a scegliere tra tutte queste situazioni. Mentre recitavo Il Casellante già scrivevo le canzoni per il disco nuovo, mentre componevo i nuovi brani preparavo lo stage di cunto o preparavo il prossimo spettacolo teatrale. Però, è vero… quest’anno sono stato più sul palcoscenico che a letto. E il teatro ha assorbito gran parte della mia produzione. Dalle Supplici, con l’incontro con Moni Ovadia, ho scoperto questa meraviglia ed ho potuto mettere in pratica il mio amore per il teatro-canzone. Il teatro mi ha dato molto di più della musica, che comunque cammina su un binario parallelo: o quando la faccio per il teatro o quando scrivo canzoni per me o per altri. Sicuramente tra i principali obiettivi del prossimo anno c’è un disco. Addirittura ne vorrei fare tre. Uno è quello sul Modugno siciliano, il cui spettacolo musicale ideato con Kaballà è stato adattato al teatro grazie alla regia di Moni Ovadia e di Giuseppe Cutino con i testi di Sabrina Petyx e il 28 e 29 novembre debutterà alla Sala Umberto di Roma per poi andare in tour in tutt’Italia. Poi vorrei fare un omaggio alla serenata siciliana d’autore e tradizionale. Un po’ sullo stile di quello che ha fatto Massimo Ranieri con la canzone napoletana riarrangiandola con Mauro Pagani. Vorrei anch’io vestire con un abito nuovo Silenzio d’amuri di Alfio Antico, che è una delle più belle canzoni d’amore mai scritte, Brucia la terra di Kaballà, brani di Taberna Mylaensis. E, infine, il mio album di canzoni, che sarà molto autobiografico, molto più intimo, più mio, meno sociale, meno politico rispetto a Italia talìa».

E magari, un quarto disco, sul quale vuol mantenere il segreto – «per scaramanzia» – e che sta registrando in questi giorni insieme con «un grande musicista» a Bologna, dove lo abbiamo raggiunto telefonicamente nel suo continuo girovagare per il Paese. Il teatro, tuttavia, resta per il momento in primo piano con ben tre progetti: «Stiamo preparando Liolà che faremo in co-produzione con il Teatro Biondo di Palermo e con quelli che dirigiamo io e Moni, ovvero Enna, Caltanissetta e Marsala. Poi stiamo lavorando all’Odissea secondo l’Orchestra popolare del Teatro Mandanici: saranno dieci quadri che disegneranno musicalmente tutti i momenti del viaggio di Ulisse. Questo agosto riprenderemo Le supplici al Teatro antico di Taormina e in quello di Morgantina. Ci sarà anche la ripresa de Il Casellante, che potrebbe diventare un film, e in più c’è il tour di Inedito d’autore, lo spettacolo scritto da Camilleri su Sibilla Aleramo».

Camilleri è una costante nell’attività teatrale di Incudine. Una sorta di sodalizio, come quelli che si sono creati con lo scrittore Buttafuoco, il musicista Antonio Vasta e, soprattutto, Moni Ovadia. «Moni fonde due culture: quella yiddish e quella siciliana. Lui talvolta è più siciliano di quanto lo siamo noi. Nella sua personalità multiforme io mi specchio. Moni ha avuto una grande frequentazione con la Sicilia dai tempi di Ignazio Buttitta. Poi il sodalizio decennale con Roberto Andò e ora questa complicità con me. Il sodalizio con Moni mi ha cambiato davvero la vita, mi ha dato la ribalta nazionale. Portare Il Casellante al Sistina di Roma, il tempio della commedia musicale italiana, è stata la più grande emozione della mia vita».

Da direttore artistico del Teatro Garibaldi di Enna ti sei messo al centro della Sicilia, non solo geograficamente ma anche culturalmente, creando una rete di realtà teatrali.

«Parte da Enna e da Caltanissetta, alle quali si è aggregata Ragusa. Adesso ci sono quindici teatri, da Petralia Sottana sino ad Avola e Marsala. È un esperimento molto importante. L’obiettivo non è fare stagioni fotocopie o ottenere fondi pubblici, ma cercare di essere competitivi dal punto di vista produttivo. È la produzione di spettacoli che può generare l’unione di queste realtà, favorendo la valorizzazione di talenti e realtà territoriali come abbiamo fatto con successo nello spettacolo Lingua di cane, col quale abbiamo fatto tornare a Enna attori emigrati oltre lo Stretto. Se ciascun teatro mette mille euro, si può tirare su una produzione da quindici mila euro. Farlo girare in quindici città e dargli una ribalta nazionale».

I risultati sono positivi, seppure riferiti a una piccola realtà come quella ennese.

«Abbiamo chiuso con il segno positivo. È stata la stagione più bella, la più varia e la più seguita. Ogni sera il tutto esaurito. E la novità del prossimo anno sarà che la residenza teatrale non sarà riservata solo alla prosa, ma anche alla musica e alla danza. Chiamerò Pierre Vaiana, jazzista italo-belga pluripremiato, per fargli creare un’orchestra stabile del Teatro di Enna. E la stessa cosa farò per la danza coinvolgendo Mira Sungani, mentre Rocco Mortelliti e Walter Manfré saranno i registi residenti per il teatro. Quindi il fermento c’è e il fatto che nasca dalla provincia è rivoluzionario. C’è una tale sete di seguire e fare cose nuove che sta invadendo tutta la Sicilia».

In contrasto con i dati negativi di Catania, una volta faro culturale, oggi con due teatri in profonda crisi…

«Quando le istituzioni sono bradipe, pesanti, non camminano più. Noi che siamo più agili, che non abbiamo vincoli politici, possiamo fare più cose».

Domani sarai fra i protagonisti della giornata mondiale del rifugiato al Teatro greco di Siracusa.

«Per il secondo anno l’Inda mi ha voluto come coordinatore di una serata ricca di grandi ospiti. Sul palco in un vero e proprio incrocio di arti si alterneranno Leo Gullotta, Red Canzian con la figlia Chiara, il regista e coreografo Micha Van Hoecke e poi ancora Moni Ovadia, Peppe Servillo, storico leader degli Avion Travel, la cantante Anita Vitale, l’attrice siracusana Rita Abela e gli allievi dell’Accademia d’arte del dramma antico. Musica e teatro serviranno per raccontare senza retorica che il valore dell’accoglienza, soprattutto in Sicilia, è un valore assoluto».

Nel 2009 hai vinto il Festival della canzone siciliana sorprendendo tutti con il brano “Salina” che toccava il tema dell’immigrazione. Cos’è cambiato da allora?

«Vedere morire bambini, sbarcare donne incinta, vuol dire che la storia non è cambiata per niente, anzi. La storia, purtroppo, è fatta di migrazioni, l’uomo è migrante da Abramo a oggi, da Ulisse a oggi, il fenomeno della migrazione non si può staccare dall’uomo. Noi siciliano che siamo all’avamposto dell’Europa dobbiamo aprire le case, essere accoglienti».

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