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Mita Medici, dal Piper ai “webeti”, «Recuperiamo la lezione del ’68»

Di Giovanna Caggegi |

Sono passati quasi cinquant’anni ma Mita, che di quei sogni ne ha realizzati tanti con una poliedrica carriera in tv al cinema e a teatro, conserva l’entusiasmo della “meglio gioventù” che amava i Beatles e i Rolling Stones e che sapeva vivere al ritmo di un grande fermento creativo. E a quelle atmosfere “sessantottine” torna nello spettacolo che la vede protagonista, da stasera alle 21 a Catania al Brancati, con “Matrimoni ed altri effetti collaterali” tratto da “Salviamo le balene” di Ivan Campillo per la regia di Manuel Giliberti, con Carlo Ferreri, Annalisa Insardà ed Emanuele Carlino.

«Uno spettacolo sorprendente dentro il quale troverete tutto», racconta mentre passeggia per le vie di Catania e si dice orgogliosa di avere radici siciliane da parte di una nonna materna che si chiamava Agata: «C’è un grosso riferimento ai mitici anni Sessanta perché sulla scena io incarno il personaggio di una mamma ex sessantottina, impegnata nel tentativo di salvare a suo modo il matrimonio ormai appiattito e spento della figlia. Un confronto generazionale che diverte e fa riflettere».

Una stagione da raccontare da parte di chi l’ha vissuta intensamente senza farsi intrappolare in nostalgie e sindromi da paradiso perduto. «Nel 2018 saranno i cinquant’anni del ’68. Non sono una nostalgica ma penso che bisogna recuperarne la lezione. Quello del Piper è stato un momento magico: eravamo ragazzi e ci si ritrovava tra amici desiderosi di conoscere quanto di rivoluzionario stava avvenendo in Inghilterra e in America, e non solo nella musica. Ascoltavamo Radio Lussemburgo per aggiornarci sulle nuove tendenze. Volevamo essere attivi e curiosi, eravamo sempre presenti, andavamo a fare le manifestazioni per la pace, il black power, la guerra in Vietnam. Ora ho la sensazione che con Internet i giovani possono sapere tutto e arrivare ovunque, ma partecipano di meno, sono più indifferenti e passivi. Ecco, quello che manca oggi forse è la visione del futuro, il coraggio di progettare».

Lungo mezzo secolo l’attrice romana ha attraversato ogni genere, dal cinema alla canzone, dalla tv degli sceneggiati d’autore alla Canzonissima del 1973 accanto a Pippo Baudo, fino al teatro. «Ho fatto il cinema d’autore con, tra gli altri, Enrico Maria Salerno, e con Ray Lovelock, l’attore scomparso nei giorni scorsi. E a teatro sono stata accanto a Paolo Poli, Alberto Lionello, Franco Enriquez, Luigi Vannucchi, tutti grandi maestri da cui ho imparato tanto. Della tv del tempo di Canzonissima ricordo un grandissimo impegno e il lavoro certosino di tutti. Avevamo ruoli ben precisi, ognuno faceva quello che sapeva fare bene. Oggi mi pare più confuso, tutto più generico. Nello scadimento culturale generale le istituzioni hanno grosse responsabilità perché non investono nella formazione e nella valorizzazione seria dei talenti».

Reduce dal successo di uno spettacolo musicale su Franco Califano, la Medici è pronta a sperimentarsi dietro la macchina da presa. «Ho in mente la realizzazione di un film su cui non voglio fare anticipazioni. Posso dire solo che sarà molto al femminile. A Califano mi ha legata un rapporto che negli anni giovanili fu di amore intenso e che nel tempo è stato di profondo affetto e di grande stima professionale. Era un cantante e un autore di straordinaria sensibilità molto amato dal suo pubblico».

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