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Lurex Lurex delle mie brame,…sono, o non sono, la più chic del reame??

Di Redazione |

Si, è proprio questa la domanda, che ci portiamo appresso in questo inizio di millennio, spesso inconsapevolmente, ma non per questo in maniera altrettanto ossessiva, quanto inefficace.

Per inciso, il Lurex è il nome commerciale ® di una fibra sintetica impiegata per ottenere tessuti di una brillantezza metallica, un marchio inventato dalla Dow Badische Company ed introdotto sul mercato a partire dagli anni quaranta.                                                                                             Il filo, è costituito dall’intreccio di più fibre sintetiche, più uno strato di alluminio vaporizzato.

Eravamo rimasti folgorati, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, dall’entrata ad effetto di alcuni giubbini,, o di arditissimi top svolazzanti e roteanti, sulle frequenze proprie, ed inossidabili, delle melodie incantatrici dei Bee Gees di Tragedy, a scompaginare il nostro sonnacchioso modus vivendi, ed eccoli ricomparire, ad ogni inutile latitudine delle nostre città.

E stavamo per buscarle di Santa Ragione qualche giorno addietro, nell’attesa che mio fratello scendesse da casa, intenti a fotografare, telefono in mano, la fuga glitterata, e sbrilluccicante, che si intravvedeva all’interno di una casa terrana nel centro storico della mia città.                                  Abbiamo dovuto esibire la nostra stantìa, e vacillante, statura professionale e manifestare uno stupor mundi de noantri per poterci salvare la pelle, ma compresa la nostra insaziabile curiosità, i feroci proprietari del ridondante spazio abitativo, ci hanno accolto con la solita eccessiva, esagerata, scodinzolante, affettuosità popolare.

Ma la questione è impegnativa, e non ci si può sottrarre.

L’euforia ed il disagio che ci hanno accompagnato in questo salto nel terzo millennio, ha generato in noi tutta una serie di questioni dibattimentali, che con perpetue, ed inefficaci, operazioni di cosmesi cerchiamo di rimuovere, di occultare.                                                                                             In qualche misura, è come se ci stessimo chiedendo, in maniera perpetua ed ossessiva, giorno per giorno, minuto per minuto, se gli oggetti che costituiscono lo scenario del nostro mondo, debbano avere ancora le caratteristiche che possedevano quando li abbiamo conosciuti, acquistati, posseduti, usati.                                                                                                                                         Mi riferisco al secolo scorso.

Noi, siamo cresciuti parecchio dal punto di vista esperienziale, mentre il mondo fisico, fatto di atomi, sangue e carne, è rimasto pesante, ingombrante, impegnativo, imbarazzante.                                   E nel chiederci che parametri debbano avere gli oggetti della nostra era, per poterci ancora soddisfare, li stiamo ri-immaginando,  li stiamo ri-disegnando, in mille combinazioni possibili, e con l’utilizzo di una moltitudine di materiali, grazie ai meccanismi che hanno reso possibile la personalizzazione di massa.

Ed è chiaro, che in questo percorso di ri-definizione del Reale, ci si arresti, qualche volta, nelle asciutte maglie della pura essenza formale, che è texture, patina di superficie, rivestimento di un vuoto, che non possiede ancora elementi certi per poter essere colmato, come spesso accade in tutte le epoche di transizione.                                                                                                              Un senso comune che si manifesta mediante oggetti, che sono più gadget che oggetti veri e propri, con bassissimi livelli di servizio nei confronti della nostra accresciuta questione esperienziale, che sono la precisa manifestazione di una economia libidica che, attraverso la promessa del dono di una condizione permanente di piacere, non fanno altro che rappresentare, e realizzare, la stessa assenza del piacere stesso, dalle frequenze reali della nostra esistenza.

Lurex Lurex delle mie brame,…sono, o non sono la più chic del reame??

Con una simile esclamazione, la matrigna di Biancaneve chiedeva continue conferme allo specchio magico sulla sua immutata bellezza ed eterna gioventù. Ma la frase faceva emergere una evidente fragilità del personaggio, soggetto ad una enorme paura del confronto e, soprattutto, una inestinguibile paura legata al passare del tempo ed alle conseguenze sul nostro aspetto. L’immagine allo specchio, non sempre rimanda sensazioni gradevoli, e spesso non combacia con l’immagine interiorizzata di ognuno di noi. Il rapporto con lo specchio varia, tra l’altro, in funzione dell’età e delle stagioni della vita.

La bambina, solitamente, gioca ad interpretare “la più bella del reame” agghindandosi con monili e con corone, incarnando talvolta il ruolo della principessa della sua fiaba preferita, altre volte emulando la leadership di una cantante famosa, o una diva della tv. Il vissuto delle bambine davanti allo specchio è essenzialmente piacevole, ed infarcito di note di allegria e di grande divertimento.

Ma è con l’adolescenza che il rapporto con la feroce ed incantatrice superficie riflettente diventa ambivalente.

E conflittuale.

Ci si guarda e spesso non ci si accetta, ed è lì che si instaura una discrepanza tra l’immagine interna, o idealizzata, che abbiamo di noi stessi, e quella che lo specchio ci restituisce, decisamente poco clemente, poco compiacente.                                                                                                        Ed è su queste frequenze che gioca a carte scoperte, drammaticamente scoperte, la fiction economy, forte di un sistema di allevamento delle coscienze, perpetuo ed instancabile, condotto attraverso la continua investitura, in ogni anfratto della rete, di un’età universale per ogni utente, un’età meravigliosa e feroce, che è proprio quella dell’adolescenza.                                                In rete siamo tutti adolescenti, persino i vostri bisnonni, e ci lusinga poterci relazionare da adolescenti con altri immutabili, ed oramai ostinati, irriducibili, adolescenti.

E ci lusinga così tanto, che non resistiamo neanche per un istante della nostra vita, a voler brillare, di luce propria.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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