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Sicilia, cresce il turismo straniero che cerca affitti brevi ma di qualità

Di Daniele Ditta |

Il boom dell’home sharing non sta attirando in Sicilia esclusivamente chi è alla ricerca di una vacanza low-cost. C’è infatti una fetta consistente di turisti disposti a spendere di più per avere alloggi e servizi di qualità. È il caso di chi vuole vivere esperienze genuine, fuori dai circuiti delle grandi città, in contesti abitativi come vill, rustici, casali e bagli. «Un mercato in espansione» assicura il presidente di Property Managers Italia, che in Sicilia conta una cinquantina di associati ed ha creato occupazione per circa 2.500 persone tra host (i proprietari di case) e soggetti che a vario titolo si occupano di accoglienza, trasporti, manutenzioni ecc. «C’è una forte domanda in questo segmento. Il digitale ha aperto le porte del mondo anche alla Sicilia» afferma Bettanin, che è anche Ceo di Rentopolis, società di servizi “chiavi in mano” per i proprietari di case interessati alla locazione a breve termine. E che, come altre aziende di property management, si avvale delle Ota (Online travel agency) per pubblicizzare annunci e destinazioni. La statunitense Airbnb è quella più in vista – con i suoi 40mila annunci e circa 30mila host in Sicilia – ma non l’unica. Di piattaforme in grado di incrociare in modo efficace domanda e offerta di alloggi ce ne sono molte altre: da FlipKey a Roomorama, passando per Booking.

«Noi lavoriamo con circa 40 Ota sparse in tutto il globo – spiega Bettanin –. Tra queste c’è Ctrip, il colosso cinese dei viaggi online che ha acquisito un anno e mezzo fa il motore di ricerca dedicato al travel Skyscanner. Proprio dalla Cina e dall’oriente in generale arriverà un flusso consistente di turisti».

 

Un’ulteriore sfida per chi opera nel grande recinto dell’economia della condivisione. L’home sharing, in questo ambito, gioca un ruolo non da poco. Intanto perché ha già ribaltato le abitudini di viaggio e in secondo luogo perché promuove un nuovo paradigma dell’ospitalità che tiene contro anche di piccole realtà. Nel turismo dell’era 4.0, infatti, i piccoli borghi e le località interne finora rimaste ai margini possono ritagliarsi una porzione di mercato. «In Sicilia ci sono posti incredibili, di rara bellezza. Una Sicilia che piace tanto agli stranieri, dalle Madonie alle spiagge del sud-est come Fontane Bianche. Gli investimenti in infrastrutture e viabilità sono indispensabili se vogliamo cavalcare questo trend, che ha rimesso in moto l’economia in molti centri» dice Bettanin, che entro il prossimo mese darà vita ad una costola siciliana di Rentopolis ed è intenzionato a chiudere un accordo con l’Università di Palermo per «implementare i servizi innovativi destinati agli host e ai turisti».

La tecnologia applicata alle abitazioni rappresenta già un valore aggiunto. Un esempio? Il citofono collegato ad una scheda telefonica che consente di aprire la porta della casa da remoto. L’automazione delle pratiche è un altro fronte importante, perché sgrava gli host di adempimenti legali e fiscali obbligatori: dalle comunicazioni alla questura alla compilazione degli F24 per la cedolare secca (la tassazione agevolata per gli affitti degli immobili).

E qui, giocoforza, si tocca un tasto dolente: il sommerso. La “shadow economy”, termine inglese molto in voga tra i detrattori della sharing economy. «In Sicilia – conclude il presidente di Property Managers Italia – il sommerso è ancora tanto, anzi troppo. Un’illegalità diffusa che in incide negativamente su tutto il settore». Da qui l’appello alle istituzioni: «Per porre fine a questo “far west” servono più controlli. Le leggi ci sono e vanno fatte rispettare. In Sicilia però, rispetto ad altre regioni, le autorità preposte fanno a nostro giudizio ancora poco per combattere la concorrenza sleale».

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