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Amiloidosi cardiaca: “Diagnosi tempestiva e nuove terapie disponibili per una migliore presa in carico dei pazienti”

Di Redazione |

“L’amiloidosi è una malattia sistemica di difficile diagnosi e complessità di trattamento. Il ritardo diagnostico fa sì che l’intervento del cardiologo si debba spesso limitare alle terapie di supporto, quando la malattia è già in fase avanzata. La crescente diffusione della consapevolezza da parte dei clinici nei confronti di questa patologia porterà ad un incremento del numero di diagnosi. La tipizzazione in fase diagnostica è fondamentale al fine di impostare il programma terapeutico, estremamente differente nell’amiloidosi AL rispetto all’amiloidosi da transtiretina. Utilizzare i principi del governo clinico nell’approccio integrato al malato garantisce la qualità e la sicurezza delle cure nonché l’uso efficiente delle risorse. In tale ambito sono fondamentali l’individuazione di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali, l’accesso e la presa in carico dei pazienti presso i centri di riferimento, l’erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza, alfine di garantire standards di cura elevati che siano economicamente sostenibili”, ha spiegato Paola Lusardi, Ambulatorio Scompenso Cardiaco e Cardiomiopatie – Maria Pia Hospital GVM Care & Research Torino

“L’amiloidosi, e in particolare la forma AL con impegno cardiaco, è una patologia rara, sicuramente sottostimata e sotto diagnosticata, gravata da un importante ritardo diagnostico che preclude a molti pazienti l’accesso e l’efficacia di terapie specifiche. Una volta posto il sospetto, la diagnosi deve essere confermata da un prelievo istologico atto a evidenziare la presenza di amiloide e alla sua tipizzazione biochimica. Il paziente deve essere attentamente valutato per quantificare il carico di amiloide non solo nel cuore ma anche in altri possibili organi come il rene il fegato il sistema nervoso periferico e i tessuti molli, sedi di possibile infiltrazione. La definizione del profilo di rischio del paziente e la successiva e conseguente strategia terapeutica devono concludersi nel più breve tempo possibile e il paziente nei mesi successivi dovrà essere strettamente monitorizzato per valutare la risposta ematologica e d’organo al trattamento. La presa in carico e la gestione di un simile paziente richiede una gestione che non può che essere multidisciplinare e che coinvolga più specialisti con provata esperienza in questa patologia. La nascita di centri di riferimento regionali dedicati all’amiloidosi e la creazione di una rete di presidi territoriali capaci di intercettare il maggior numero di pazienti in fase precoce è verosimilmente la migliore arma terapeutica oggi proponibile a questi pazienti”, ha detto Federico Perfetto, Dirigente Medico SOD Medicina Interna e Referente Centro Regionale per lo Studio e la cura dell’Amiloidosi AOU Careggi, Firenze.

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