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Batteri resistenti agli antibiotici: l’Italia maglia nera in Europa per morti causate da infezioni ospedaliere

Di Redazione |

(Genova, 11 maggio 2022) – La metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Un paziente su 10 in ospedale può infettarsi e molto frequentemente il germe è resistente agli antibiotici.

“Sono molto più pericolosi oggi i batteri resistenti che il Covid. Bisogna lavorare molto di più sulla formazione, sui medici di medicina generale e i medici ospedalieri. È necessario educare la popolazione sui rischi dell’antibiotico-resistenza”.

Perché l’Italia è maglia nera d’Europa lo spiega Matteo Bassetti, Direttore Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino. “Come frequenza e diffusione di germi resistenti, l’Italia è messa molto male soprattutto per i batteri Gram negativi. Tra i paesi europei a più evoluti livello sanitario siamo quelli che sono messi peggio. Ci sono tante ragioni. La prima è che usiamo troppi antibiotici rispetto alla media europea soprattutto nell’uso sia dei farmaci a domicilio che in ospedale. Si tende a usare gli antibiotici in maniera empirica, come una sorta di copertura. Questo è un errore. Secondo me bisogna lavorare molto di più sulla formazione sia sui medici di medicina generale sia su quelli che lavorano in ospedale. È necessario educare la popolazione generale sui rischi dell’antibiotico-resistenza. Se il problema non si affronta tutti insieme il rischio è di continuare a produrre dei batteri resistenti”.

L’altra faccia del problema è che “la nostra sanità è la più etica e segue il principio di curare tutti e di non lasciare indietro nessuno. Questo è meraviglioso – ha aggiunto il Professor Bassetti – ma pensiamo agli impianti di protesi ai 90enni o alle cure dei tumori o i trapianti. È chiaro che tutto questo pone le condizioni per cui la popolazione ospedaliera italiana è più fragile ed esposta alle infezioni da batteri resistenti rispetto al resto della media europea. La soluzione è comprendere che si tratta di un problema enorme, forse il problema più grande a livello infettivologico del nostro sistema. Sono molto più pericolosi oggi i batteri resistenti che il Covid. Anche perché l’infezione da Sars-Cov2 ha contribuito ad acuire il problema in quanto sono stati usati in maniera ‘leggera’ gli antibiotici in particolare la azitromicina e di conseguenza il Covid ha contribuito a crescere l’antibiotico resistenza durante questi anni di pandemia. Gli antibiotici sono farmaci preziosi che vanno usati con cautela, con appropriatezza e dietro prescrizione medica. A livello istituzionale poi siamo molto indietro rispetto ad altri paesi europei. Se si ponesse meno attenzione al Covid, che grazie ai vaccini è stato ridotto nella sua portata e ci interessassimo ai batteri resistenti credo che se ne beneficerebbe l’intero sistema sanitario nazionale e quello territoriale. Vanno ascoltati di più gli esperti per compiere scelte giuste in materie come queste. Scienziati validi e preparati in Italia ce ne sono moltissimi”.

Le infezioni correlate all’assistenza, a livello europeo, hanno un impatto economico complessivo per la società pari a 1,5 miliardi di euro all’anno. In Italia una recente analisi condotta dal EEHTA del CEIS dell’Università di Tor Vergata (Mennini FS e Sciattella P, 2021) ha evidenziato come le infezioni correlate all’assistenza compaiono in media in 32 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario (52 casi ogni 1.000 ricoveri solo nel 2019). La valorizzazione delle infezioni mediante stima delle giornate aggiuntive per singolo Drg ha comportato una stima media annua pari circa 600 milioni di euro.

“I risultati dell’analisi risultano essere, insieme ai risultati provenienti dalla letteratura recente, fondamentali così da informare i decisori in merito all’ adozione di protocolli di antimicrobico resistenza (AMR) stewardship per la gestione delle ICA, così da riuscire a disegnare un percorso che possa permettere una valorizzazione dell’impatto in termini di consumo di risorse e costi, su tutto il percorso assistenziale, con riferimento anche agli antibiotici di nuova generazione – ha spiegato Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director – Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente SIHTA -. Le infezioni ed il ritardo nella somministrazione della terapia appropriata sono, infatti, associati ad outcome clinici peggiori, e questi due fattori hanno dimostrato di essere in qualche modo sinergici (Lodise TP et al., 2019). Una terapia antibiotica appropriata è associata a degenze ospedaliere più brevi e a una minore mortalità nei pazienti con infezioni correlate all’assistenza rispetto a una terapia inappropriata. Il tutto accompagnato anche da un importante ritorno in termini economici e sociali”.

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