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Agricoltura del futuro, Pet applicata allo studio delle piante

Di Redazione |

Roma, 19 ott. Viene applicata anche alle piante la nuova piattaforma Pet per piccoli animali del Neuromed, dedicata alla ricerca scientifica. Grazie al progetto Europeo nel framework Marie Curie ‘Research And Innovation Staff Exchange’ ‘Petal’, che vede la collaborazione tra Irccs Neuromed, Ghent University, Otto Von Guericke University Magdeburg, Università di Teramo e le ditte Bollino It, e Raycan Ltd, la tomografia a emissione di positroni verrà ora impiegata per studiare il metabolismo vegetale, fornendo risultati scientifici che potranno guidare l’agricoltura del futuro. Il progetto è stato ufficialmente avviato oggi con il ‘kick-off meeting’ tra tutti i partecipanti. La piattaforma Pet per la ricerca nasce dalla collaborazione tra Neuromed e la Huazhong University of Science and Technology (Hust) di Wuhan, in Cina. Con questo innovativo strumento, la tecnologia della tomografia a emissione di positroni, che molti conoscono per il suo impiego nel campo della diagnostica umana, viene estesa alle ricerche scientifiche su piccoli animali e, dai primi giorni del 2020, anche alle piante. “Questo progetto – dice Nicola D’Ascenzo, responsabile del Dipartimento di Fisica Medica ed Ingegneria del Neuromed – è uno dei primi al mondo a utilizzare la Pet per lo studio dei vegetali. Le piante sono organismi viventi, con processi metabolici. Sono proprio questi processi che ora andremo a studiare, in modo da capire non solo il metabolismo normale, ma anche come una pianta reagisce agli stress, ad esempio in condizioni di siccità, o di fronte ai fenomeni del cambiamento climatico”. “Grazie alla Pet – spiega Michele Pisante, professore di Agronomia e coltivazioni erbacee all’Università degli Studi di Teramo – potremo comprendere i meccanismi di risposta delle piante coltivate a differenti condizioni di disponibilità idrica e di elementi minerali, ma anche alle frequenti alterazioni dello spettro luminoso che si verificano durante le fasi di accrescimento e sviluppo. La possibilità di effettuare in tempo reale misure dirette non invasive sulle piante, consente di seguire l’evoluzione di un determinato fenomeno nel tempo. Ne consegue che l’individuazione di un metodo affidabile per la verifica tempestiva e precoce delle condizioni sub-ottimali di allevamento delle piante coltivate rappresenta un topic di rilevante interesse, soprattutto se associato alle variazioni di natura biochimica che si verificano nei tessuti vegetali. L’utilizzo di avanzate tecnologie digitali rappresenta un efficace ed importante supporto per il monitoraggio di tali variazioni”. Quali sono le capacità di una particolare pianta coltivata di adattarsi alla carenza di acqua? Come reagisce una pianta di fronte al cambiamento climatico dovuto all’accumulo di anidride carbonica in atmosfera? Sono solo alcune delle domande a cui il progetto cercherà di dare risposte sulla base di evidenze scientifiche. L’obiettivo è di fornire conoscenze innovative, che potranno guidare le scelte future per un’agricoltura più sostenibile, sempre più capace di reagire alle sfide e in grado di sostenere i bisogni di una popolazione mondiale in aumento. Senza dimenticare l’aspetto formativo: proprio la collaborazione tra Neuromed e Università aiuterà a formare ricercatori con competenze transdisciplinari assolutamente nuove, abituati a pensare e gestire l’inarrestabile complessità dei fenomeni. “Questo progetto – continua D’Ascenzo – rappresenta la strategia che abbiamo scelto per il nostro Centro: non limitarsi alla medicina, ma estendere le ricerche alle scienze della vita in generale. L’applicazione in agricoltura è il migliore esempio di questa impostazione”. “Un centro di ricerca – commenta Giovanni de Gaetano, presidente dell’Irccs Neuromed – non deve mai isolarsi dal territorio e dalla vita della gente, e con questo progetto lo dimostriamo ancora una volta. Difendere la salute delle persone significa prevenire e curare le patologie, certo, ma anche pensare all’ambiente e alle grandi sfide che attendono l’intera umanità. E naturalmente le ricerche condotte in questo centro potranno acquistare un grande valore prima di tutto per il territorio che ci circonda, per i coltivatori e per i produttori della filiera agroalimentare”.

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