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Antimicrobico resistenza: la Toscana può contare su una diagnostica avanzata “Le scelte dei farmaci devono essere ragionate, da qui la necessità di coinvolgere anche il farmacista ospedaliero”

Di Redazione |

(Firenze, 27 settembre 2021) – Firenze, 27 settembre 2021 – La pandemia non deve farci dimenticare il problema legato all’antimicrobico resistenza, anzi: ci ha fatto comprendere quanto sia importante avere armi efficaci contro tutto ciò che causa infezioni e, al tempo stesso, quanto sia rischioso non averle dal punto di vista della salute, economico e sociale. Da tempo l’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che, se continua questo trend, nel 2050 l’antimicrobico resistenza diventerà la prima causa di morte e questo monito è stato ripreso dalla Banca mondiale dell’economia che, nel suo rapporto sulle infezioni resistenti, ha ipotizzato alcuni scenari che avranno un impatto impressionante nel prossimo trentennio, se non si prenderanno azioni adeguate, come ad esempio l’aumento globale dei costi sanitari – in Italia pari a circa 11 miliardi.

A questo proposito è intervenuto anche Jim Yong Kim, Presidente della Banca Mondiale, sottolineando che la portata e la natura di questa minaccia economica potrebbero spazzare via i guadagni di sviluppo duramente combattuti e allontanare dagli obiettivi di porre fine alla povertà estrema e aumentare la prosperità condivisa, auspicando un cambio di rotta per scongiurare questa potenziale crisi.

“Nel nostro ospedale siamo avvantaggiati perché abbiamo un laboratorio, come quello della microbiologia, che permette una diagnostica avanzata”, sottolinea Alessandro Bartoloni, Direttore Infettivologia A.O.U. Careggi. “Poi abbiamo gli infettivologi, i rianimatori e, importantissimo, il coinvolgimento nelle attività di tutti gli altri clinici. Come componente fondamentale abbiamo inoltre i nostri farmacisti. Insomma: tutto viene condiviso e questa è un po’ la nostra particolarità. Le scelte dei farmaci devono essere ragionate, da qui il coinvolgimento di tutte queste figure, che è fondamentale, compresa la direzione sanitaria. Sottolineo infine l’impegno per la prevenzione di queste infezioni, la cui applicazione non è scontata – l’abbiamo visto durante la pandemia – e su cui c’è da lavorare moltissimo”.

Un discorso a sé meritano poi l’ematologia e l’oncoematologia, che sono ambiti in cui la fragilità dei pazienti determina un grande uso di terapie antibiotiche. Pazienti che sono particolarmente a rischio di patogeni multiresistenti.

“Si tratta di un problema globale che in Italia è ormai ben noto e rilevante”, chiosa Matteo Piccini, SOD Ematologia AOU Careggi. “Oggi abbiamo gli strumenti per trattare pazienti sempre più anziani, a differenza di un tempo in cui venivano messi nella sola terapia di supporto. Quindi si è creata una popolazione in trattamento che solo fino a 5 anni fa non esisteva o era molto limitata. Abbiamo farmaci sempre più tollerabili, sempre meno tossici per gli organi, il che significa che c’è sempre qualcosa da fare. Questo comporta che ci siano sempre più pazienti, sempre più immunodepressi, perché esposti a sempre più limiti di trattamento. Ciò rende inevitabile l’incremento dei ricoveri ospedalieri per pazienti oncoematologici estremamente fragili, il che però aumenta l’incidenza di complicanze infettive e incrementa il tasso di colonizzazione da organismi multiresistenti. Lo scenario che muta, le difficoltà logistiche legate all’indisponibilità dei posti letto e all’incremento dei pazienti trattati in setting ambulatoriale, fa sì che incrementi necessariamente l’appoggio in reparti non ematologici, con tutti i rischi connessi. Questo determina il fatto che da quel momento il paziente sarà a rischio, col proseguire della terapia, di fare nuovi eventi infettivi che potranno essere sostenuti da patogeni molto resistenti, con conseguente incremento dei costi. Questo fatto si riflette sulla sostenibilità delle terapie che facciamo. Dobbiamo essere estremamente attenti”.

“Riallacciandomi all’importanza di una sostenibilità in ambito infettivologico e in tema di antibiotici”, prosegue Francesca Vivaldi, Farmacista Ospedaliera Azienda USL Toscana Nord Ovest – Coordinatrice Area Infettivologica SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici), “voglio condividere un dato: fatta 100 la spesa annuale in Toscana Nord-Ovest, quindi un’azienda molto grande, nell’ambito degli acquisti ospedalieri, circa il 17% di questa spesa è investita in terapie anti infettive a lungo raggio (epatite, HIV, antibiotici). In termini quindi di gestione della spesa, potrebbe configurarsi una priorità, ovvero quella di andare ad attenzionare questo capitolo di spesa in termini di livelli. Guardando ai soli antibiotici, la spesa dell’acquisto indiretto dell’azienda Toscana Nord-Ovest scende come percentuale all’1,4%. Significa che l’investimento delle aziende farmaceutiche, negli ultimi anni, è stato indirizzato verso altre aree. Inoltre, seconda riflessione, di questo 1,4% di spesa va presidiato l’appropriatezza d’uso. E chi meglio del farmacista ospedaliero è in questo gioco, per far sì che il dato dica qualcosa? Vedo benissimo la sua figura inserita in questo ambito che è l’antimicrobico resistenza, perché apporta la sua competenza ed è a fianco al clinico nella lettura della scheda tecnica”.

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