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Come scegliere la pensione integrativa migliore tra fondi aperti e PIP

Di Redazione |

(Milano, 7 ottobre 2022) – Milano, 7 ottobre 2022 – In questi anni di pandemia è cresciuto a livello planetario il fenomeno delle cosiddette “Grandi dimissioni” (in inglese Big quit o Great resignation): la gente è stanca di lavorare ed è pronta a cambiare vita e anche a cercare la pensione integrativa migliore per anticipare di qualche anno l’interruzione del percorso lavorativo.

Ma anche avendo la possibilità di andare in pensione in anticipo grazie a scivoli, riscatto della laurea o altre “scappatoie”, è davvero così certo che i contributi accumulati finora siano sufficienti per la Grande Fuga? O forse è il caso di iniziare a pensare a una pensione privata e a cercare di capire se una pensione integrativa conviene, spostando un po’ in avanti il momento dell’uscita?

COS’È E COME FUNZIONA LA PENSIONE INTEGRATIVA

La pensione integrativa si chiama così perché rappresenta appunto un’integrazione rispetto a quanto già si accantona sulla base dell’attività professionale che si svolge. Per legge, infatti, i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti aderenti agli Albi, devono versare una percentuale dei guadagni a fini contributivi. Cioè per avere la pensione alla fine della vita lavorativa.

Ma non sempre la pensione basta. Innanzitutto perché è sempre una percentuale inferiore rispetto allo stipendio pieno o ai guadagni percepiti, per cui da un giorno all’altro ci si può ritrovare con un reddito più basso a parità di tenore di vita. Poi perché inflazione, aumento dei prezzi, e – come in questi anni – una fase economica complicata, si mangiano progressivamente quel poco che arriva.

Attraverso un versamento periodico, quindi, la pensione integrativa consente di aggiungere alla pensione “standard” un ulteriore rendimento. Ecco perché nel 2021 quasi nove milioni di italiani hanno aderito a una delle forme di pensione integrativa disponibili (dati Covip).

Ma la pensione integrativa come funziona?

In Italia è possibile aderire a tre forme principali di pensione integrativa: i fondi negoziali chiusi, i fondi pensione aperti, i Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP).

I FONDI PREVIDENZIALI APERTI

Nel 2021 oltre 1,7 milioni di italiani avevano aderito a un fondo aperto di previdenza complementare (dati Covip). Ciò significa che questa forma alternativa è stata scelta da circa un italiano su cinque tra tutti coloro che hanno optato per una forma di risparmio pensionistico integrativo.

I fondi aperti previdenziali sono promossi da banche, imprese di assicurazione, SGR e SIM, e ad essi è possibile iscrivere anche i famigliari. A chi vuole aderirvi devono essere forniti alcuni documenti obbligatori che illustrano le modalità di contribuzione (cioè di che entità deve essere il versamento e con quale periodicità deve essere effettuato), i rendimenti ottenuti negli anni passati (che però non fanno mai fede circa i rendimenti futuri) e la “Scheda dei costi”.

Vengono inoltre indicate le linee di investimento, cioè su quali strumenti finanziari il fondo investe e con quale profilo di rischio. Le linee sono classificate in quattro categorie: garantite, obbligazionarie pure o miste, bilanciate (azioni e obbligazioni) e azionarie. Dall’andamento di queste dipende direttamente il rendimento fondi pensione integrativi.

È poi possibile scegliere se, al momento del pensionamento, ricevere una rendita mensile o ricevere immediatamente – a condizioni che possono variare – dal 50% al 100% del capitale. La normativa regola la possibilità, in casi particolari, di richiedere anticipazioni parziali o il riscatto totale della posizione.

Va infine sottolineato che stanno nascendo diversi fondi pensione aperti gestiti con criteri legati alla sostenibilità e ai precetti ESG (attenzione ad ambiente, alla società e a come vengono gestite le aziende su cui si investe).

PIANI INDIVIDUALI PENSIONISTICI (PIP)

I PIP sono invece delle polizze assicurative vita con fini previdenziali. In questo caso le quote periodicamente versate dai sottoscrittori possono essere investite in gestioni separate di ramo I (cioè polizze vita vere e proprie) o in fondi assicurativi dello stesso gruppo che ha emesso la polizza. Nel 2021 circa 3,6 milioni di sottoscrittori avevano optato per questa forma previdenziale complementare.

Il PIP può investire su una gestione separata, su un fondo dello stesso gruppo o su combinazione dei due. La gestione separata solitamente offre una garanzia di restituzione del capitale versato, mentre i fondi possono essere bilanciati, obbligazionari o azionari.

“Nella nostra esperienza – spiega Marco Cini di SoldiExpert SCF – durante le analisi sui fondi pensione che ci vengono sottoposti da valutare, nella maggior parte dei casi vengono sottoscritti PIP con costi di gestione elevati. Oltre a questi si possono aggiungere costi di caricamento che possono raggiungere anche il 4-5% sui contributi versati all’interno del fondo pensione, o anche sul versamento del Tfr.

Un costo di gestione elevato e in particolare i costi di caricamento possono determinare una riduzione anche del 30-40% del controvalore finale del fondo pensione. La scelta del fondo pensione corretto per le proprie esigenze può sembrare semplice ma commettere un errore di valutazione iniziale potrebbe comportare un riduzione della futura pensione integrativa anche di diverse migliaia di euro.

È importante ricordare che i contributi versati all’interno dei fondi pensione possono essere trasferiti tra vari fondi pensione dopo 2 anni dalla sottoscrizione (anche tra un Pip e un fondo pensione aperto)”.

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