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Come arginare le infezioni correlate all’assistenza? “Programmazione, risorse adeguate e personale dedicato”

Di Redazione |

“La pandemia di COVID-19 ha egemonizzato l’assistenza e la ricerca scientifica negli ultimi mesi. In una indagine eseguita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite il sistema di sorveglianza GLASS, da ottobre a dicembre 2020 in 73 paesi si è visto come il 67% dei rispondenti abbia lamentato una riduzione di un terzo delle capacità dei vari paesi di lavorare in partnership sulle resistenze antimicrobiche, spesso per carenza di fondi ad hoc destinati, riferendo allo stesso tempo una sostanziale mancanza di dati epidemiologici globali sulle resistenze e sul consumo di antibiotici. Tuttavia, nel corso degli ultimi mesi sono aumentate le segnalazioni di incremento delle resistenze negli ospedali adibiti a centri COVID-19, soprattutto nelle aree critiche. Quando la polvere sollevata dalla pandemia si sarà depositata, troveremo ancora attuale, e forse amplificato, il problema delle resistenze antimicrobiche nelle strutture sanitarie e in comunità, con le stesse difficoltà degli ultimi anni ad attuare un approccio di tipo “One Health” che razionalizzi, una volta per tutte, nell’uomo negli animali e nell’ambiente, l’uso di farmaci così importanti, come gli antibiotici, quanto potenzialmente dannosi se dati in maniera inappropriata. La ricerca si dovrà porre quindi il problema di come fronteggiare l’impatto delle resistenze antimicrobiche, ad esempio studiando come e quando i geni che conferiscono resistenza persistono nei batteri, rinvigorendo la ricerca di nuovi e attivi antibiotici utilizzando miniere di informazioni attraverso sistemi di machine-learning, individuando sonde molecolari capaci di evitare i meccanismi di difesa dei batteri multi resistenti, “mappando” in maniera standardizzata e riproducibile in qualsiasi paese le resistenze e i loro percorsi all’interno delle strutture sanitarie. Ma soprattutto deve porsi l’obiettivo di sviluppare piattaforme virtuali dove gli scienziati possano condividere le loro ricerche e i risultati delle stesse in un mondo che, come dimostra la pandemia di COVID-19, è sempre più piccolo e globalizzato”, ha dichiarato Nicola Petrosillo, Responsabile Servizio Infettivologico Ospedale Universitario Campus Bio-Medico di Roma

“In Italia si stimano circa 10.000 casi di decessi all’anno per infezioni resistenti agli antibiotici. Di fronte a dati così allarmanti il Ministero della Salute ha adottato nel 2017 un piano triennale di contrasto (PNCAR 2017 – 2020) determinando percorsi ed obiettivi che le istituzioni sanitarie devono adottare per contrastare efficacemente questo problema, mentre si rende urgente la disponibilità di nuove opzioni terapeutiche che possano rivelarsi più efficaci in questo set di pazienti. Sulla base di queste premesse gli obiettivi che bisogna prefissarsi per una gestione corretta ed efficace delle infezioni da batteri multi resistenti sono la sensibilizzazione e implementazione della cultura intorno al problema dell’uso inappropriato della terapia antibiotica e all’infection control, lo sviluppo e la diffusione di Linee Guida e di evidenze scientifiche per un uso razionale della terapia antibiotica, investire risorse economiche ed esplorare il panorama delle nuove opportunità terapeutiche e lo scenario prossimo futuro per capire quali saranno le nuove armi a disposizione dei clinici”, ha detto Silvia Corcione, Dirigente Medico di Malattie Infettive, Città della Salute e della Scienza di Torino

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