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Come le aziende vengono truffate con servizi SEO dannosi da agenzie e consulenti di marketing

Di Redazione |

(Brescia, 14/10/2021) – Brescia, 14/10/2021 – Sempre di più le aziende si affidano ad agenzie web o consulenti di web marketing per riuscire a ottenere per il proprio brand una visibilità online e trovare clienti interessati ai propri prodotti e servizi.

La SEO è in assoluto il canale di traffico che offre ritorni più elevati. Il motivo è che a parità di investimenti con la SEO si ottengono risultati per decenni se i lavori sono stati fatti bene.

Il lato che fa storcere un po’ il naso ad alcuni imprenditori è che i risultati si iniziano a vedere solo dopo mesi di attività (specialmente per chi avvia un brand o sito nuovo). Proprio per lo stesso motivo per cui i risultati successivamente continuano ad arrivare per decenni: c’è un effetto inerzia.

Ci sono però consulenti e agenzie che cercano scorciatoie di diverse tipologie.

Dato che è più difficile vendere la SEO proprio perché i risultati non si vedono a breve termine, alcune agenzie di comunicazione ricorrono a scorciatoie che vengono – nel gergo tecnico – definite tecniche di SEO black hat (dal “cappello nero”).

In questo modo le agenzie di comunicazione – alcune improvvisate, altre affermate – possono vendere alle aziende di ogni livello servizi SEO con risultati veloci e ritorni sull’investimento “sicuri”.

Risulta più rischioso anche affidarsi a generiche agenzie di comunicazione, che nella maggior parte dei casi non hanno davvero degli esperti SEO tra il loro team.

Coloro che si definiscono “SEO copywriter” non sono esperti SEO che si occupano di SEO OnPage, SEO tecnica e SEO OffSite: sono scrittori che conoscono le basi della SEO OnPage e basta. Sono proprio professioni completamente diverse.

Gli imprenditori sono inizialmente ben felici di investire con queste agenzie truffaldine perché possono subito vedere il frutto del loro investimento e avere un riscontro immediato in termini di traffico, contatti e clienti.

Alcune di queste web agency non sanno nemmeno di adottare pratiche SEO scorrette e dannose.

In che cosa consistono queste pratiche scorrette e come è possibile distinguere un buon consulente SEO e una buona agenzia SEO?

Le tecniche di black hat SEO consistono nel cercare di raggirare Google – e talvolta gli utenti – per ottenere risultati più veloci.

Il problema nel fare ciò è che appena Google scopre le malefatte compiute sul sito (SEO On-Site) o su altri siti (SEO Off-Site) per conto dell’azienda, prenderà provvedimenti algoritmicamente o manualmente con una penalizzazione.

Nel business già c’è del rischio, perché andare ad affidarsi ad agenzie web economiche che operano in modo molto rischioso?

In alcuni casi Google avviserà tali agenzie web o professionisti della penalizzazione (se è manuale) attraverso la Search Console per webmaster, altrimenti nessun avviso e semplicemente il sito dell’azienda in questione avrà un calo notevole delle visite.

A questo punto è estremamente difficile riparare ai danni fatti e diventa spesso più conveniente investire di nuovo da zero in un nuovo sito su un altro dominio, vanificando tutti gli sforzi di branding, link building e digital PR fatti in precedenza.

Ecco quindi che l’investimento fatto in precedenza non si è rivelato un investimento, bensì una perdita vera e propria, oltre a causare un danno di visibilità e di immagine.

Ma per i clienti e per i progetti a lungo termine è semplicemente assurdo applicare tecniche black hat a breve termine.

Alcuni lo sanno benissimo e decidono comunque di scalare le SERP di Google in modo black hat.

Tralasciando la parte etica delle “tecniche dal cappello nero”, è proprio il concetto che è sbagliato: la SEO è per definizione un investimento a lungo termine.

Nessuno investe in azioni o ETF pensando di ottenere rendimenti in un mese e dopo vendere tutto. Chi lo fa perde soldi. E infatti il il 90% dei trader perde soldi in borsa.

Non è tutto bianco e nero: le pratiche SEO corrette solo se fatte in un certo modo

Ci sono pratiche che vengono definite black hat da tutti quelli che conoscono davvero la materia e pratiche che rientrano in una cosiddetta “zona grigia”, che qualche addetto ai lavori chiama appunto Grey Hat SEO.

La link building o digital PR è una pratica SEO molto efficace se – e solo se – fatta come si deve, ma a ben voler vedere Google non la approva e secondo il suo punto di vista i link andrebbero acquisiti in modo completamente naturale.

La link building (anche definita appunto come digital PR o attività di outreach/pubblicazione di articoli e comunicati stampa) consiste nell’aumentare l’autorevolezza e la notorietà di un sito e brand associato acquisendo link e menzioni su siti terzi.

Secondo Google non ci dovrebbero essere interventi umani per migliorare il profilo backlink del dominio del proprio sito: tutte le menzioni e i link dovrebbero arrivare in modo naturale, avendo dei buoni prodotti, un buon sito o una buona nomea come azienda.

Tutto questo è vero… Ma difficilmente si ottengono link spontanei, ci si deve adoperare per farlo con la link earning (attrazione di link spontanei) e ogni forma di generazione di valore possibile… Ma per ottenere risultati concreti senza attendere diversi anni bisogna ricercarli attivamente; soprattutto se si tratta di un sito su un dominio nuovo, che ha un’autorevolezza pari a zero.

Sappiamo benissimo che il 90% delle agenzie e consulenti SEO che lavorano davvero per portare risultati concreti ai clienti operano facendo anche link building (attività che rientra nella SEO Off-Site, cioè svolta fuori dal sito stesso).

Ho specificato “che lavorano davvero per portare risultati ai clienti” perché c’è anche chi si occupa solo di SEO On Site e non si preoccupa di questo aspetto, ma al giorno d’oggi è impossibile portare risultati concreti senza agire sull’autorevolezza del brand e l’autorità di dominio.

Va detto che le aziende che si affidano a consulenti e web agency che si occupano solo della parte sul sito della SEO (OnPage e tecnica) gettano le basi per il proprio successo sul web, quindi non sprecano budget; però non ottengono molti risultati, perché si fermano solo al primo step, specialmente se operano in settori competitivi dove tutte le altre aziende invece lavorano pesantemente anche di SEO Off Site procacciando attivamente backlinks e menzioni per il proprio sito brand.

A questo punto bisogna quindi capire come trovare delle agenzie e/o consulenti SEO che si occupino anche della link building, ma assicurandosi che la svolgano in modo non rischioso.

Domande importanti da porre prima di delegare la SEO Off-Site (link building) e rimanere fregati

La risposta a queste domande dovrebbe essere positiva:

• Viene data priorità alla qualità dei link rispetto alla quantità degli stessi?

• I backlinks che dovrebbero migliorare l’autorevolezza del sito e portare risultati SEO vengono creati su siti autorevoli e affidabili? Quali metriche usate per definirli “autorevoli e affidabili”?

• Vengono creati link su siti che hanno pertinenza a livello di argomenti col sito dell’azienda?

• I link vengono inseriti in modo naturale con anchor text naturali?

• Gli articoli sono scritti per gli utenti e invogliano davvero la lettura e il clic sul link che andate a creare?

• Vengono variati i posizionamenti dei link, la tipologia di articoli, la loro lunghezza, la tipologia di anchor text, la tipologia di siti web?

• La strategia prevede in maggior parte degli anchor text di tipo branded (legate al nome del brand) e non keyword specifiche?

• Vengono utilizzati siti web con metriche autorevoli e non siti di vostra creazione?

• Le pubblicazioni vengono fatte senza date fisse nell’arco del mese?

Queste sono solo alcune domande da porre per capire se l’agenzia SEO in questione agisce in modo da simulare in tutto e per tutto un’acquisizione naturale di link e menzioni. Ovviamente sarebbe ancora più sicuro se si acquisissero le competenze necessarie per valutare tutti questi aspetti in autonomia ed essere sicuri della bontà dell’operato.

Anche solo ottenere delle menzioni è utile per il brand e in una campagna di link building naturale andrebbero incluse (evitando quindi di ricercare sempre il caro vecchio link tanto amato dai SEO).

Ora, abbiamo chiarito che la link building è una buona pratica SEO e indispensabile per ottenere risultati concreti in termini di posizionamento su Google e quindi in termini di traffico, conversioni e vendite sul proprio sito. Va però fatta bene e gli imprenditori che acquistano pacchetti di link a scatola chiusa nella maggior parte dei casi si fanno male.

Il consulente SEO dovrebbe invece mostrare dove acquisisce i link e dovrebbe condividere con l’azienda una lista di possibilità dove si può ottenere un link, con un prezzo chiaro per pubblicazione.

C’è un chiaro conflitto di interesse che accade nel vendere link a scatola chiusa: queste agenzie improvvisate hanno l’interesse a spendere il meno possibile e magari anche portare più link possibili giusto per far vedere di “aver fatto tanto”.

Eppure nella SEO funziona di più proprio l’esatto opposto: acquisire pochi link ma estremamente buoni.

Ad esempio, un solo link su Ansa.it o Forbes.it ben contestualizzato ha estremamente più valore di 1.000 link su siti mediocri nel complesso.

Le pratiche SEO scorrette: se le conosci sai come evitare truffe e danni reputazionali

Le tecniche black hat da poter adottare sono purtroppo numerose e prima di ingaggiare una agenzia o un consulente dovresti assicurarti che si preoccupi dell’interesse del tuo marchio sul lungo termine, non sul breve.

Accordi commerciali in percentuale sul fatturato o contratti di lungo termine sono ottimi incentivi in tal senso; pacchetti una tantum o lavori di 2/3 mesi economici sono invece il modo migliore per ottenere lavori poco curati e poca professionalità.

Potrebbe sembrare controproducente ma le agenzie e consulenti che più si preoccupano di far crescere le aziende e i professionisti sono in realtà quelli che non forniscono risultati dopo poco tempo e quelli che non promettono alcun risultato, offrono “solo” la loro esperienza da professionisti e la loro genuina volontà di crescere insieme alle aziende con un rapporto win-win.

Fortunatamente sono pochi i consulenti SEO e le agenzie SEO che adottano strategie estremamente aggressive e a corto raggio (Negative e Black Hat SEO). Di solito possono essere consulenti SEO improvvisati, che non hanno dei casi studio e recensioni online e quindi non interessa loro se non soddisfano i propri clienti; oppure (caso più comune) hanno letto qualcosa online sulla SEO ma non conoscono a fondo le implicazioni delle loro azioni e procedono al buio, senza davvero aver praticato la materia in passato.

I rischi maggiori ci sono invece con l’acquisto di “servizi prodottizzati” o “pacchetti” svolti da anonimi siti web o freelancer del terzo mondo che fanno lavori in serie a poco prezzo. Tali servizi non sono solo uno spreco di soldi, ma anche dannosi e vanificano eventuali sforzi di SEO seri fatti in precedenza e rendono difficile riportare l’autorevolezza dei siti alla situazione precedente.

I servizi prodottizzati venduti su larga scala nella SEO vengono venduti agli sprovveduti, ma non possono funzionare e non funzionano. Nel caso peggiore danneggiano il sito in questione. Se la SEO fosse semplice la farebbero tutti e con successo.

Attenzione: le tecniche di seguito descritte portano il tuo sito e la tua azienda ad una penalizzazione sicura. Non si tratta di se, ma di quando.

• Utilizzo di link e testi nascosti nelle pagine sul proprio sito o su siti terzi per la link building;

• Mostrare ai crawler (bot) di Google pagine diverse da quelle che vedono gli utenti con il cloacking o pagine doorway;

• Ripetizione innaturale delle keyword (keyword stuffing), anche se questa tecnica non ha mai funzionato nella maggior parte dei settori viene comunque perpetuata, specialmente da chi ne sa davvero poco di SEO. É solo dannosa perché rende i testi poco leggibili e fa scappare le persone dal tuo sito o dal guest post che hai pubblicato;

• Attuare la Negative SEO, cioè “SEO negativa”, per cercare di affossare i siti web concorrenti con link building negativa, attacchi DDos, iniezioni SQL/PHP. Fare SEO negativa significa sabotare i siti web dei concorrenti con tecniche immorali e/o illegali;

• Article spinning e generazione automatica dei testi, sfruttati di solito per fare link building;

• Link farm, cioè network di siti senza valore aggiunto per le persone usati col solo scopo di vendere link;

• Generazione di link automatici con software gratuiti o a pagamento. Se un link è così facile da ottenere ha un valore nullo e se si ottengono link in massa possono causare una penalizzazione (anche se Google tende sempre di più a ignorare quei link e penalizzare le singole pagine interessate).

Conclusioni sulla Black Hat SEO

La black hat SEO è complessa e l’argomento è spinoso e non privo di rischi. Potrebbe a primo impatto dare l’idea di qualcosa di interessante che possa dare dei riscontri immediati ma non è così. Nel tempo le contromisure dei motori di ricerca si sono fatte più veloci ed efficaci e i siti che usufruiscono di tecniche black vengono penalizzati e addirittura rimossi dagli indici dei motori di ricerca.

C’è un evidente problema etico perché con le tecniche di SEO negativa si va a danneggiare un sito di un competitor e si danneggia volontariamente ed in modo grave attività di cui non conosciamo praticamente nulla e solo per arrivare prima in una lista di nomi.

Non da meno, si può incorrere anche in procedimenti penali se si viene smascherati nell’intento di danneggiare la proprietà di qualcun altro.

I risultati non sono garantiti nel tempo perché i motori si aggiornano di continuo e non ti avvertono quando lo fanno. Se ti beccano è andata.

Il vero succo del discorso è: perché non dedicare tempo e risorse per sradicare il tuo concorrente facendo della SEO costruttiva? I brand di successo si costruiscono solo fornendo reale valore agli utenti.

Coltiva il tuo giardino nel mondo di Internet senza falsi concimi e tecniche strane… I risultati saranno migliori, 100% sicuri e duraturi. La SEO è un investimento che continua a portare risultati anche dopo 10/20 anni se ben fatta (e col tempo si spende anche meno in link building perché si attraggono molti più menzioni e link spontanei).

Contatti:

Lorenz Crood

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