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Covid: si combatte anche col grafene, arriva dall’Abruzzo il primo tessuto meltblown

Di Redazione |

Roma, 26 lug. (Labitalia) – Riuscire a produrre un oggetto di uso comune in grado di contrastare l’elevata trasmissibilità del Sars-Cov2, economicamente accessibile a tutti, riutilizzabile più volte e attento alla sostenibilità ambientale. Sono questi alcuni degli obiettivi che hanno spinto Hygraner, innovativa startup abruzzese fondata nel 2016, a realizzare il primo tessuto in microfibra di grafene antivirale. L’innovazione brevettata risiede nell’aver industrializzato per la prima volta la produzione di un tessuto meltblown (il tessuto-non-tessuto), in cui le fibre sono costituite interamente da un polimero e da grafene funzionalizzato, in grado di arrestare la proliferazione del virus e di ossidarne le componenti cellulari, “spegnendone” ogni attività. Le proprietà antivirali del tessuto derivano da note (in letteratura) proprietà antivirali del grafene. Il tessuto è certificato secondo la Iso 18184 che determina i requisiti dell’attività antivirale dei prodotti tessili. Questa speciale tessuto utilizza la nanotecnologia per uccidere i virus, dal Covid-19 all’influenza, oltre che molti ceppi batterici (come da norma Iso 20743:2013), e risulta più sicuro anche durante tutte le fasi di raccolta e smaltimento, post uso. Non risulta mai essere una potenziale fonte di trasferimento passivo del virus. Le proprietà antivirale del tessuto non decadono nel tempo, nemmeno dopo l’utilizzo, o dopo ripetuti lavaggi, o altri trattamenti consentiti. Inoltre risulta immediato come questo tessuto garantisce una protezione aggiuntiva sia per chi lo indossa che per chi si trova nelle vicinanze. Hygraner si differenzia in questo modo dai competitors, che hanno invece puntato su tecniche di deposizione post tessitura, riducendo i costi e le difficoltà ad essa legate, ed abbassando la persistenza del nano-materiale nel tempo. I metodi con cui vengono prodotti i diversi tipi di grafene sono del tipo bottom-up e top-down. Il grafene utilizzato per la produzione dei tessuti in microfibra viene da ambo i processi e può anche derivare da un metodo totalmente green coperto da brevetto. Il tessuto di microfibra di grafene è in grado di bloccare i virus (di Sars Cov-2) in entrata e riesce, già al primo contatto, ad annientarli in parte; mentre circa il 70-80% dei virus cessa ogni tipo di attività dopo appena soli 30’, circa l’85-90% dopo due ore. L’efficienza è correlata alla percentuale di grafene utilizzata. Una mascherina o un qualsiasi altro dispositivo di protezione (camice, guanto, copricapo) realizzati dalla combinazione di questo tessuto di grafene con altri tessuti in microfibra privi di grafene, garantiscono una efficienza di filtrazione dei batteri >98% (in accordo alla norma EN 14683:2019) ed una filtrazione delle particelle > 98%, (in base alle norme EN 149:2009, EN 13274-7:2019) ma soprattutto una maggiore respirabilità (ridotti valori di pressione differenziale minore di 28 Pa/cm2 in accordo alle norma EN 14683:2019) a parità di grammatura. Nel caso specifico delle mascherine, i tessuti in microfibra di grafene con diverse grammature e porosità, consentono di realizzare mascherine di tipo chirurgico IIR, FFP2 e FFP3, offrendo una maggiore respirabilità, rispetto a quelle presenti sul mercato a parità di Pfe e Bfe. Questo è dovuto alle caratteristiche dei materiali conduttivi elettricamente, come appunto il grafene, presenti in un compound termoplastico. Tale parametro è ovviamente correlato alla temperatura raggiunta dal tessuto.

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