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Digitale, Di Domenico (Csa): “Tecnologie e Ia per archivi online, ma serve conoscenza tradizione”

Di Redazione |

Roma, 28 nov. (Adnkronos/Labitalia) – “Oggi le tecnologie che possono essere messe in campo per digitalizzare archivi, fondi bibliografici e biblioteche sono molteplici, ma non basta l’applicazione di queste tecnologie per avere ottimi risultati: occorre avere anche una profonda conoscenza della tradizione di tipo archivistico”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Gian Marco Di Domenico, responsabile ricerche e sviluppo nonché presidente del cda della Csa, Gruppo operativo da oltre 20 anni, leader nella gestione documentale e nella digitalizzazione, secondo le logiche archivistiche applicate alle nuove tecnologie. La Csa è da sempre impegnata nel settore della digitalizzazione del cultural heritage. “La nostra esperienza -spiega Di Domenico- è nata con la digitalizzazione della Biblioteca Napoleonica dell’Isola d’Elba, un lavoro che ci ha permesso di specializzarci fortemente in questo settore. Successivamente abbiamo avuto modo di affrontare primari progetti a rilievo nazionale, come quelli affrontati per il Comune di Alessandria per il quale abbiamo digitalizzato i codici miniati di Pio V di inestimabile valore, per la regione Campania per la digitalizzazione e la fruizione on line dell’intero patrimonio bibliografico regionale, e ci stiamo approcciando ad un nuovo progetto con la Regione Toscana per il quale saremo tra i principali partner scientifici”. Un tipo di intervento molto preciso, quasi chirurgico si può dire. “Il processo di digitalizzazione di documenti storici -spiega l’esperto-richiede un altissimo grado di specializzazione tecnologica, che inizia dall’acquisizione vera e propria delle immagini mediante l’uso di scanner di ultima generazione ad altissima risoluzione, ma al contempo nel pieno rispetto delle qualità fisiche dell’opera oggetto del processo di digitalizzazione. La scelta dei giusti mezzi per effettuare questo fondamentale passaggio è di fondamentale importanza per preservare i volumi storici perché, ad esempio, uno scanner con lampade aggressive potrebbe rovinare un documento secolare, per sua natura estremamente fragile. Poi, seguono le fasi più delicate, ovvero quelle riguardanti l’analisi e l’elaborazione del dato digitalizzato, al quale va applicato un approccio utile affinché quel dato possa essere pienamente interoperabile in un ecosistema digitale complesso”. E’ proprio in questo momento che servono le migliori tecnologie e anche il supporto dell’Intelligenza Artificiale, spiega Di Domenico: “Nel nostro processo di digitalizzazione ci avvaliamo di evolute tecnologie Ocr e Icr: la prima riguarda il riconoscimento ottico dei caratteri scritti a macchina, la seconda, molto più evoluta e molto più complessa è utilizzata per avere risultati ugualmente soddisfacenti con i caratteri manoscritti. L’utilizzo di queste tecnologie fanno sì che possiamo avere una trascrizione automatica dei documenti, in modo tale da poter essere inseriti in contesti di open data e di big data analytics”. “Il processo di digitalizzazione si completa andando ad applicare metodologie di machine learning e big data analytics evolute che possono chiudere il ciclo andando ad inserire il singolo libro della biblioteca in esame in una rete interoperabile, potenzialmente scalabile anche a livello mondiale”, dice. Ma “oltre a questa conoscenza tecnica -sottolinea Di Domenico- ci vuole una preparazione di tipo archivistico: le biblioteche sono dei sistemi peculiari che seguono regole specifiche proprie, le quali non possono essere ignorate, ma poste a fondamento dell’intero processo di digitalizzazione. Applicare esclusivamente in maniera asettica le tecnologie ad un settore con una tradizione così antica, sarebbe un processo sterile, che non porterebbe alcun risultato utile. E’ dalla mancata presa in considerazione di questo assunto che spesso nascono, infatti, molte critiche alla digitalizzazione come processo che ‘appiattisce’ il valore culturale del patrimonio bibliografico, mentre credo che se correttamente eseguita seguendo il dettato della tradizione archivistica, può dare davvero una nuova vita a luoghi come le biblioteche che oggi sono sempre meno frequentati, soprattutto dalle nuove generazioni”, conclude. (di Mariangela Pani)

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