Notizie Locali


SEZIONI
Catania 13°

Adnkronos

Giustizia: Mantovano (C.S. Livatino), ‘concorso magistratura da riformare, organico da ampliare’

Di Redazione |

Roma, 25 mag. – “’Nei temi c’erano difficoltà nell’andare a capo, qualcosa che si impara in terza elementare’: così, fra l’altro, Luca Poniz, sostituto procuratore a Milano, già presidente dell’Anm e componente della commissione del concorso per magistratura ancora in via di svolgimento, ha spiegato qualche giorno fa perché appena il 5,7 % dei candidati, in assoluto 220 persone, è stato ammesso allo svolgimento della prova orale (quindi i bocciati alle prove scritte oltrepassano il 94%): dal che deriva che già adesso, salva l’ulteriore selezione agli orali, 90 dei 310 posti messi a concorso resteranno scoperti”. Lo si legge in un articolo sul sito online del ‘Centro Studi Livatino’ a firma di Alfredo Mantovano.

“Verrebbe da dire che se il problema è andare a capo in uno scritto, uno screening dei provvedimenti quotidianamente depositati negli uffici giudiziari italiani farebbe tornare ai banchi del concorso una non irrisoria aliquota di magistrati italiani. – continua Mantovano – Ma non si tratta solo questo: Poniz ha parlato di elaborati redatti ‘in un italiano primitivo, senza alcuna logica argomentativa, quasi non valutabili’, e di altri ‘privi dei requisiti minimi, pieni di refusi ed errori concettuali e di diritto’; e anche qui, un veloce confronto con quel che passa il convento delle aule di giustizia riserverebbe poco consolanti sorprese”.

“Se però mettiamo da parte la matita rossa e blu e guardiamo alla questione nel suo insieme, dobbiamo constatare che il concorso in atto costituisce l’ennesima occasione perduta: prove svolte, causa pandemia, dopo due anni dalle precedenti, e quindi saltando un anno, copriranno nella migliore delle ipotesi poco più della metà dei posti disponibili, contribuendo a incrementare il deficit dell’organico; – prosegue Mantovano – né si può negare che, quand’anche l’organico attuale fosse a pieno regime, sarebbe comunque fortemente inadeguato, poiché pari a circa la metà della media del numero di magistrati in servizio negli altri Stati dell’Ue (cf.https://www.centrostudilivatino.it/giustizia-e-recovery-plan-se-non-cambia-restano-sprechi-e-inefficienze/; https://www.centrostudilivatino.it/recovery-fund-e-giustizia/). Il richiamo all’Europa non può essere a intermittenza”.

“Il flop del concorso si spiega con più d’una ragione, talune collegabili nello specifico con le prove oggetto di correzione, talaltre di ordine più generale. Passiamole in rassegna, e verifichiamo quali rimedi son individuabili per ciascuna di esse. – scrive ancora Mantovano – Quando, poco più di un anno fa, il Governo approvò un decreto legge (n. 44/2021) contenente nuove modalità di partecipazione alle prove su questo sito furono illustrate le ragioni di perplessità (cf. https://www.centrostudilivatino.it/concorso-di-magistratura-per-il-governo-e-come-partecipare-al-bingo/). I cambiamenti più significativi (precisati all’art. 11 co. 5 del decreto) sono stati la riduzione degli scritti a due invece che tre, è stato escluso per sorteggio il tema di diritto amministrativo, e la contrazione del tempo stabilito per effettuare ogni prova da 8 a 4 ore, a decorrere dalla dettatura delle tracce. Chi ha dimestichezza col concorso di magistratura sa che non si improvvisa negli ultimi giorni prima delle prove: il candidato diligente trascorre non pochi mesi a esercitarsi in elaborati la cui struttura fino al 2021 era da decenni sempre la stessa; lo svolgimento-tipo fino a quel momento partiva dall’inquadramento di carattere generale dell’istituto posto all’attenzione, seguito dalla disamina della questione più specifica proposta dalla traccia”.

“Con la nuova disciplina l’elaborato è radicalmente cambiato, e il mutamento ha avuto un preavviso breve, quando la preparazione dei candidati era già calibrata sulle prove tradizionali. Nella elaborazione in vigore fino a quel momento il candidato impiegava la prima parte delle ore disponibili per mettere dapprima a fuoco, quindi in ordine, quel che poi avrebbe sviluppato. Al netto di questa fase di necessaria riflessione, è restato in concreto ben poco tempo: 4 ore invece che 8 ha significato scrivere qualcosa di estremamente sintetico, e questo ha provocato un inevitabile disorientamento. – scrive ancora Mantovano – Con 4 ore invece di 8 quasi nessun candidato è riuscito a ricopiare ‘in bella’: quell’operazione che permette di correggere non pochi degli svarioni che hanno tano fatto inorridire. Al momento, la circostanza che per le prove scritte del prossimo concorso, già bandito per 500 posti, siano stati nuovamente fissati tre giorni consecutivi lascia immaginare che l’esperienza negativa appena verificata induca a non ripetere l’esperimento: ci si augura che ciò fino alla fine avvenga anche quanto alle ore disponibili per redigere gli elaborati”.

“Da circa vent’anni il concorso in magistratura è diventato ‘di secondo grado’: non è stata più sufficiente la laurea in giurisprudenza, come era in precedenza, ma si è aggiunta l’aver già conseguito, fra gli altri, il titolo di avvocato, ovvero il diploma in una delle scuole di specializzazione per le professioni legali (di cui al d. lgvo n. 198/1997). Quanto tali requisiti formalmente più rigorosi abbiano agevolato la qualità dei candidati lo confermano i numeri degli ammessi agli orali dell’ultimo concorso. – continua Mantovano – Va detto che la consapevolezza dell’inutilità del filtro post lauream è diffusa: nella riforma dell’ordinamento giudiziario, oggi in discussione al Senato, uno dei pochi passaggi condivisibili riguarda il ripristino della possibilità di accedere al concorso con la sola laurea, senza necessità di conseguire titoli o di maturare esperienze supplementari”.

“È ovvio che questo non basta: non per garantire numeri adeguati per un accettabile esercizio della giurisdizione; ancor di meno per migliorare il profilo medio del candidato. Quanto ai primi: con la legge n. 145/2018, comma 379, l’organico della magistratura fu aumentato di 600 unità. La prima attuazione di tale incremento è avvenuta soltanto con la conversione in legge il 21 ottobre del d.l. n. 118/2021: non si è però tenuto conto, come prima si diceva, che nel 2020 l’emergenza sanitaria ha impedito lo svolgimento del concorso (in genere bandito per almeno 300 posti, al fine di mantenere stabile il numero dei nuovi ingressi al posto di chi va in pensione). – spiega Mantovano – Così dei 600 nuovi magistrati previsti dalla legge del 2018, il prossimo concorso, in attuazione di quelle norme, ne ha previsti 500, ma da essi ne vanno sottratti 300 per le prove non svolte nel 2020 e, al momento, 90 a causa del disastroso andamento del concorso in atto: quindi i magistrati del concorso ancora da tenere non saranno in più, ma nemmeno sufficienti a garantire il turn over”.

“L’emergenza dovrebbe suggerire soluzioni coerenti: alcune di immediata realizzazione, altre di medio e lungo termine. Quanto alle prime, soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 42/2021, che ha posto limiti all’utilizzo dei magistrati onorari in grado di appello (https://www.centrostudilivatino.it/la-corte-cost-sui-magistrati-onorari-occasione-per-rivedere-il-recovery-plan/), è ancora più urgente domandarsi perché non attingere al loro interno: perché, cioè, non puntare al progressivo assorbimento dei giudici onorari nella magistratura ordinaria, facendolo coincidere con un congruo aumento dell’organico. – si legge ancora nell’articolo – Si tratta di circa 5.000 professionisti impiegati quasi a tempo pieno nell’amministrazione della giustizia, che hanno maturato qualche anno di esperienza, e per questo, se non tutti e tutti insieme, ben potrebbero transitare nei ruoli ordinari. Si potrebbe optare fra quote loro riservate nell’ambito di concorsi ordinari, ovvero, e in modo più netto, un concorso per titoli loro dedicato, da svolgere rapidamente”.

“Chi obietti sulla adeguatezza di tale soluzione per un verso non considera le forti competenze accumulate da non pochi di loro, per altro verso non spiega perché, se si nutrono tali riserve, – aggiunge Mantovano – si permette loro di amministrare larghi settori della giustizia civile e penale, e infine ignora quanto si sia abbassato il profilo medio dei magistrati ordinari. Va vinta la resistenza dell’Anm alla ‘contaminazione’: ma non dovrebbe essere difficile, vista la credibilità non eccellente di cui l’Associazione oggi gode”.

“Messe da parte le scuole di specializzazione in professioni legali, perché inutili (e anzi dannose, quanto al tempo che hanno fatto perdere agli aspiranti magistrati), il concorso non può restare così come è. Si può attingere dalla positiva esperienza dei concorsi che esigono una preparazione in parte analoga, come per es. per funzionari di polizia o per ufficiali dei Carabinieri o della GdF. Per questi non si passa da 3.000 candidati a 200 ammessi agli orali, su 300 posti disponibili. – si legge ancora – Vi è una selezione graduale, ma non lunga, nonostante gli step siano più numerosi, che conosce un primo filtro con i test a risposta multipla, un secondo con le prove scritte, un terzo con la prova psico-attitudinale, e infine l’orale: ciascuno di questi segmenti di concorso fa avanzare un numero ristretto di candidati, ma alla fine si raggiunge l’obiettivo della corrispondenza fra vincitori e posti disponibili, peraltro garantendo una verifica a tutto tondo delle attitudini, e in parallelo si riduce l’alea per il partecipante”.

“Non scandalizzi l’ipotesi che il futuro magistrato si sottoponga anche a un test psico-attitudinale: intanto perché le responsabilità che sarà chiamato a esercitare, per quanto differenti, non sono certamente meno gravose di quelle di un funzionario di polizia o di un ufficiale; e poi perché uno dei requisiti essenziali per il suo lavoro è l’equilibrio, e oggi, a differenza di altri impegnavi mestieri, nessuna prova ne verifica la sussistenza. – continua Mantovano – Da oltre vent’anni il dibattito sul punto è bloccato perché a suo tempo un Presidente del Consiglio aveva proposto di sottoporre i magistrati a visita psichiatrica! Ma qui non vi è una presunzione di follia, correlata all’indossare la toga: il tabù va superato, affrontando il tema, che è reale, nel modo più serio possibile”.

“Da ultima, ma non ultima per importanza, la formazione universitaria. Si potrebbe dire in sintesi che il candidato non sa quando si va a capo, e ha un contenzioso con la logica argomentativa, anche per aver frequentato un corso di laurea in giurisprudenza privo di prove scritte obbligatorie. Non sono la soluzione, ma il loro inserimento omogeneo per le materie più importanti non guasterebbe. Unito all’abbandono dell’ansia da iscritti alla facoltà, che induce non pochi atenei ad abbassare il livello della preparazione richiesta per gli esami, e quindi a cingere di alloro le testoline di non pochi ignoranti. Una chiusura di sedi universitarie scadenti, e ve ne sono!, sarebbe un danno per chi ne fa parte, ma un beneficio per la qualità dei laureati. La serietà dei corsi di laurea potrebbe poi rinsaldarsi, in analogia con quanto avviene per chi frequenta medicina, prevedendo per talune materie – le procedure o gli esami più importanti – l’affiancamento alla teoria di un periodo di pratica forense. – conclude Mantovano – Le ipotesi di lavoro sono tante, nessuna da sola risolutiva, nessuna priva di controindicazioni. Ma senza una riforma seria e complessiva dell’accesso alla funzione continueremo a patire la carenza degli organici e l’abbassamento della qualità di chi ne fa parte. Col maestrino di turno pronto a ripetere ‘signora mia, quanto sono ignoranti questi candidati’!”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: