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HIV e PNRR: serve creare percorsi tra specialisti e il territorio per individuare e curare precocemente i pazienti sieropositivi ed evitare altri contagi

Di Redazione |

Ad oggi, sono circa 38 milioni le persone affette da HIV nel mondo, con 690 mila decessi solo nel 2019. Negli ultimi anni, grazie all’introduzione delle terapie antiretrovirali (ART), si è assistiti alla cronicizzazione dello stato di salute dei pazienti HIV+ che oggi hanno una aspettativa di vita paragonabile a quella delle persone sieronegative, con una buona qualità di vita, seppure con maggiori rischi di complicanze legate alle comorbidità. In Italia si registrano circa 125.000-130.000 casi di infezioni da HIV, con una quota di soggetti che vivono con l’HIV senza esserne a conoscenza che oscilla tra l’11% e il 13%, in linea con quanto riscontrato a livello globale. Ad oggi, sono circa 102.000 i pazienti trattati con una spesa farmaceutica che ammonta a 661,2 milioni di euro secondo gli ultimi dati elaborati da AIFA (L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto OsMed 2019).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto obiettivi importanti da raggiungere entro il 2030: avere il 90% delle persone con l’infezione diagnosticata, il 90% delle persone diagnosticate in terapia ARV e il 90% con soppressione virologica. Di recente, la Global Aids Strategy per il periodo 2021-2026 ha definito un nuovo e più ambizioso target (95-95-95) da raggiungere entro il 2030. L’Italia è ancora lontana dall’obiettivo. Nell’ambito dell’HIV, la pandemia ha avuto un impatto non solo sui pazienti naive, ma anche e soprattutto sui pazienti in trattamento che necessitavano di switch in quanto la chiusura e/o riconversione degli ambulatori HIV in ambulatori Covid-19 ha generato un ritardo nel trattamento di questi pazienti con conseguenze negative sotto il profilo clinico e sociale ed economico.

Secondo Antonio Cascio, Professore Ordinario e Direttore UOC Malattie Infettive Tropicali e Centro Regionale di Riferimento AIDS AOU Policlinico Giaccone Palermo, è fondamentale individuare quindi curare precocemente i pazienti HIV positivi. “In Sicilia stiamo portando avanti un PDTA che, di fatto, è stato condiviso fra tutte le Unità operative che seguono pazienti HIV e che è già applicato. La telemedicina può essere di grande aiuto per tenere vicino il paziente e per mantenere vivo il rapporto tra specialista e paziente, quindi implementarla è importante. Resta importante il fatto che se cominciamo a curare precocemente un paziente, evitiamo che qualcun altro si contagi. Il vero risparmio sta quindi nell’evitare che altre persone si infettino. Negli ultimi due anni si è registrato un calo dei contagi, dovuto però alla mancanza di diagnosi a causa della pandemia. In realtà l’HIV non ha affatto arrestato la sua corsa. Tra i dati da attenzionare c’è un incremento della mortalità di pazienti HIV ricoverati, registrata dal 2014 al 2021, che è passata dal 2 al 15%. Un dato drammatico dovuto a meno posti letto, quindi meno possibilità di ricoverare, dando perciò precedenza ai pazienti più gravi, poi ha influito la pandemia del Covid”.

Ufficio stampa Motore Sanità

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