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L’imprenditore barese Vincenzo Lampugnani scrive la sua autobiografia: “Raccontarsi apre orizzonti sul futuro”

Di Redazione |

(Bari 23 dicembre 2021) – Quando un’impresa ha il sapore dei sogni

Bari 23 dicembre 2021.Gli imprenditori, si sa, sono sempre abituati a tirare le somme. Conti, proiezioni, investimenti, bilanci. Tutto deve quadrare secondo un piano. Ma cosa succede se un imprenditore si guarda indietro e scopre che lui, i piani, li ha sempre sconvolti; che lui, fino all’ultimo, non sapevi mai che decisione avrebbe preso?

Succede che l’imprenditore riavvolge il nastro della sua vita e per un attimo si concede il piacere di sognare. Perché da un certo punto in poi negli anni, ricordare è anche un po’ sognare. È proprio ciò che ha fatto l’imprenditore barese Vincenzo Lampugnani con la sua autobiografia “Ho chiesto di sognare. La mia storia dalla strada al Frizzcafè” (ed. Giazira scritture).

«La società, il lavoro che abbiamo scelto, ci portano continuamente a guardare avanti; dobbiamo pianificare, progettare, investire. Certo, è il mestiere dell’imprenditore, ma penso che nessuno possa correre il rischio di dimenticare le proprie radici, la storia, i legami. Ovunque noi siamo, sono sempre questi che ci sostengono».

Con queste parole Lampugnani spiega il senso del suo libro, la storia di un ragazzo che, come tanti, voleva fare il calciatore; un racconto che disegna squarci di un capoluogo pugliese che non c’è più; un diario nel quale, pagina dopo pagina, si delinea la figura di un uomo che sin da subito ha saputo fare tesoro di un dono: l’intuito, la capacità di accettare le sfide, a partire dalle più piccole.

«Scrivere la storia della mia vita ha restituito un senso nuovo al mio lavoro – spiega Lampugnani – Questo libro non arriva per caso. La mia impresa è gestita in maniera corale dalla mia famiglia: mia moglie Rossella e i due figli Marco e Giuseppe. È grazie a loro se sono arrivato ad essere un imprenditore solido e con tanta voglia di progetti nuovi».

Sì, perché “Ho chiesto di sognare” non è la classica storia del ragazzo che “si è fatto da solo”; del giovane dalle umili origini che ha scalato posizioni sociali. È piuttosto la scoperta e la conquista di valori, il coltivare inconsapevole di un’umanità che permette di amare la vita e proprio per questo dona il coraggio di osare.

«Osare è la parola chiave per un imprenditore – conclude Lampugnani – Ma oggi ne aggiungerei altre due: “raccontarsi”, che ha la sua importanza: mette ordine, chiarisce chi siamo, fortifica il futuro. La seconda parola è “donare”: voglio che questa mia autobiografia possa rappresentare un esempio non solo per chi come me vive nel mondo dell’impresa, ma anche per tutti coloro che hanno bisogno di vicinanza, supporto, gesti simbolici. È per questo che ho deciso di donare in beneficenza i ricavi delle vendite. Anche questo voglio faccia parte della mia impresa».

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