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L’unione fa la forza: associazioni di pazienti, politici e medici chiedono una rete più forte per una migliore presa in carico dei pazienti con malattie rare

Di Redazione |

“È stato approvato all’unanimità il testo che avevamo mandato dalla Camera, senza modifiche, e questo vuol dire che il lungo e complesso lavoro che avevamo fatto nei due anni precedenti è stato apprezzato trasversalmente anche dal Senato. Sicuramente il lavoro che è stato fatto richiama tutte le buone pratiche svolte in questi anni e le Regioni ne sono un esempio”.

Con orgoglio Fabiola Bologna ha messo in evidenza i punti salienti della “maxi riforma delle malattie rare” che considera una legge molto completa ed inclusiva.

“Questa legge è una pietra miliare e spero fortemente nell’approvazione definitiva. Abbiamo voluto riordinare tutte le buone pratiche che c’erano già nel nostro Paese rispetto alle malattie rare ma poi anche stabilire alcuni principi inequivocabili e diritti esigibili per tutti i pazienti, a partire dal PDTA individualizzato, all’aggiornamento periodico dei Livelli essenziali di assistenza, all’aggiornamento del Piano nazionale delle malattie rare che d’ora in poi sarà aggiornato in maniera costante ogni tre anni. Per quanto riguarda il fatto di mettere a disposizione dei pazienti i farmaci in maniera molto più semplice e molto più agibile, nel momento in cui AIFA approva dei farmaci innovativi, essi devono essere immediatamente messi a disposizione del paziente, in deroga anche alla lungaggine dell’iscrizione nei vari registri regionali. Abbiamo voluto fare in modo che ci fossero a disposizione dei presidi e dispositivi anche personalizzati e abbiamo puntato molto sulla ricerca. Infatti ad essa abbiamo dedicato due articoli dove abbiamo investito la maggior parte dei fondi che vanno a finanziare la legge, sia per quanto riguarda la ricerca in ambito clinico e preclinico, a partire dagli screening neonatali estesi alla ricerca dei farmaci orfani, e abbiamo voluto dare un credito di imposta a tutte quelle aziende, sia pubbliche che private, che vogliono investire nella ricerca delle malattie rare e dei farmaci orfani. Abbiamo infine investito dei fondi nell’ambito sociale in particolare rispetto al percorso formativo scolastico e lavorativo dei pazienti”.

Sono dai 500mila a 600mila i soggetti affetti da malattie rare in Italia (l’1% della popolazione). Nel registro delle malattie rare di Piemonte e della Valle d’Aosta sono censiti 43mila casi, di cui 121 casi di atrofie muscolari spinali (con prevalenza stimata di 22 casi su 1milione e una incidenza per milione di 1,8 casi, età media 32 anni) censiti da due Centri prevalenti in cui ci sono pediatrie di terzo livello, e uno di questi fa parte anche delle Reti europee di riferimento per le malattie neuromuscolari.

“Occorre avere dei centri che si occupano anche di pazienti adulti” è intervenuto SimoneBaldovino, Referente Regione Piemonte presso il Tavolo Interregionale Malattie Rare – Centro di Coordinamento della Rete Interregionale per le Malattie Rare del Piemonte e della Valle d’Aosta, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche Università di Torino.

“Il Piemonte, a differenza di altre regioni, ha fin da subito puntato su una rete molto diffusa e che includesse tutte le aziende sanitarie locali e le aziende sanitarie ospedaliere piemontesi, proprio per permettere di offrire ai pazienti una presa in carico il più possibile vicino al luogo di residenza. Occorre anche una presa in carico appropriata e questo è stato fatto con lo sviluppo dei consorzi che vedono una partecipazione di specialisti presenti su tutta la regione proprio per far crescere dei percorsi comuni e l’attenzione alle malattie rare. Il registro delle malattie rare di Piemonte e della Valle d’Aosta ci permette di dare delle informazioni importanti non solo per i fini organizzativi, per cercare cioè di capire quanti sono i pazienti sul territorio ai fini di una la migliore presa in carico degli ammalati, ma ci permetto di avere anche delle informazioni molto più dettagliate sulle patologie”.

Ma cosa serve implementare per i pazienti con malattie rare e le loro famiglie lo spiega PaoloChiandotto, Presidente “Progetto Alice Onlus”, Associazione per la lotta alla Sindrome Emolitico Uremica.

“Per una patologia come questa, con numeri ridotti, sarebbe necessaria una rete regionale diffusa su più livelli. Inoltre c’è la necessità di formare gli operatori sanitari sui giusti approcci diagnostici e terapeutici. Come associazione siamo orientati su una rete che abbia dei presidi in grado di rispondere al decreto ministeriale 279. Se veramente vogliamo fare un passo in avanti bisogna fare un discorso sulle scelte sui centri che maggiormente devono essere titolati di curare questi pazienti. Serve una scelta del legislatore e una scelta della politica sanitaria regionale e nazionale”.

Simona Spinoglio, Delegata Piemonte Associazione Famiglie SMA, ha evidenziato alcune parole chiave come ‘screening neonatale’.

“Esso è il nostro progetto più importante e può fare la differenza nei casi più gravi di Sma tra vita e morte e tra tappe evolutive conquistate e non. Allo screening segue un percorso fatto prima di tutto di rete tra specialisti e fatto di associazioni. Chiediamo al territorio di fare informazione e di fare rete per fare in modo che le famiglie conoscano l’Associazione e possano usufruire dei suoi servizi”.

In questa rete il ruolo del medico di medicina generale è importante.

“La diagnosi non è particolarmente facile, diventa difficile perché i servizi sono difficilmente raggiungibili – ha spiegato Francesco Talarico, Medico Medicina Generale Torino -. Siamo il filtro tra la diagnosi e la cura del paziente con malattia rara, ci stiamo attivando per quanto riguarda l’assistenza domiciliare integrata per poter raggiungere il paziente con una cartella informatizzata ad hoc e per una presa in carico efficace ed efficiente e i risultati sono molto positivi”.

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