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Montante: “Il nostro Codice etico non era giustizialista, volevamo salvare il paese”

Di Redazione |

Caltanissetta, 25 giu. “Il nostro problema era fare capire agli imprenditori la convenienza di denunciare” i loro estorsori “perché avevano paura di perdere gli appalti successivi”. “Noi abbiamo rotto il meccanismo e ribaltato quello che era successo con l’imprenditore Libero Grassi a Palermo”. E’ uno dei passaggi del lungo interrogatorio reso nei giorni scorsi, in diverse udienze, da Antonello Montante, l’ex Presidente degli industriali siciliani imputato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione nel processo d’appello di Caltanissetta. Le udienze sono a porte chiuse perché il processo di secondo grado si celebra con il rito abbreviato, chiuso al pubblico e alla stampa. L’Adnkronos è adesso in possesso dei verbali con le dichiarazioni rese in aula da Montante, che in primo grado fu condannato a 14 anni di carcere.

“Il nostro non è stato un Codice etico giustizialista, ma lo abbiamo deciso per salvare il paese”, dice Montante, perché “all’epoca Confindustria isolò Libero Grassi”, l’imprenditore ucciso da Cosa nostra il 29 agosto 1991 per avere denunciato pubblicamente i suoi estorsori mafiosi. “Invece noi quando avevamo notizie chiamavamo l’imprenditore e lo convincevamo a denunciare, io stesso li chiamavo – dice ancora Montante rispondendo alle domande dei suoi legali, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto. “Poi accompagnavamo gli imprenditori”, dice. Poi rivolgendosi alla Presidente della Corte d’appello, Andreina Occhipinti, aggiunge: “Presidente, tutto quello che dico è documentato”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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