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Sanità: aziende dispositivi alla prova nuovo regolamento Ue, campagna ad hoc

Di Redazione |

Roma, 19 mag. (Adnkronos Salute) – Siringhe, mascherine e laser chirurgici, apparecchiature di laboratorio, ma anche bisturi, valvole cardiache e protesi d’anca: fanno tutti parte della categoria dei dispositivi medici per i quali dal 26 maggio 2021 è in vigore il nuovo Regolamento europeo dispositivi medici, mirato a garantire un elevato livello di sicurezza, tracciabilità e protezione della salute favorendo l’innovazione. Le aziende hanno tempo fino al 26 maggio 2024 per adeguarsi alle nuove regole e ‘ri-certificare’ i vari device. Ma finora soltanto una minoranza – si legge in una nota dell’Accademia per la Salute e la Ricerca clinica – ha regolarizzato i propri prodotti. Secondo una survey di Medtech Europe, infatti, l’80% dei fabbricanti sta incontrando difficoltà: un ritardo che rischia di rendere problematici gli approvvigionamenti. Per sensibilizzare aziende, istituzioni e cittadini sul tema, l’Accademia per la Salute e la Ricerca clinica lancia la campagna di sensibilizzazione ‘Sos Dispositivi medici: in meta entro il 2024’, realizzata con il contributo non condizionato di CROLife, organizzazione che fornisce servizi di supporto alle aziende del settore medico nell’adempimento di alcuni compiti insiti negli studi clinici. La campagna prevede una serie di eventi online dedicati all’approfondimento di questi temi a cui sarà possibile partecipare gratuitamente. Il primo appuntamento è il 26 maggio – anniversario dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo – alle 18 sulla piattaforma Microsoft Teams di CroLife (per iscriversi https://www.crolife.eu/register-to-special-event/). In Italia il comparto dei dispositivi medici complessivamente genera un mercato che vale 16,7 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.323 aziende di produzione e distribuzione, che occupano 94.153 dipendenti. Di queste 2.523 sono aziende di produzione. Il mondo dei dispositivi medici conta circa 1,5 milioni di tecnologie per la salute e il benessere delle persone attualmente in commercio. Il nuovo Regolamento prevede espressamente che per ottenere la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e prestazione, le aziende produttrici debbano effettuare una valutazione clinica dei dati disponibili, ed eventualmente, se i dati non sono sufficienti, predisporre ulteriori indagini cliniche. “Entro il 26 maggio 2024, fine del periodo transitorio, molte imprese dovranno certificare i propri prodotti per i quali sono scaduti i certificati Ce di immissione in commercio e molte aziende dovranno ri-certificare prodotti che sono soggetti ad una nuova classificazione”, spiega Marcella Marletta, già direttore generale del ministero della Salute, ora direttore generale dell’Accademia per la Salute e Ricerca clinica, oltre che docente presso l’Università Guglielmo Marconi di Roma e l’Università Campus BioMedico. La certificazione dei device è in mano agli organismi notificati. Ad oggi in Europa ce ne sono 27 e finora hanno certificato solo 500 dispositivi delle migliaia presenti sul mercato. “Ad oggi le imprese sono in difficoltà a farsi ri-certificare prodotti in scadenza o a certificarne di nuovi anche a causa della diminuita capacità di certificazione da parte degli organismi notificati”, sottolinea Marletta, che aggiunge “si tratta di un grandissimo problema perché gli organismi notificati deputati alle nuove certificazioni sono assolutamente insufficienti”. Ma qual è attualmente la situazione in Italia? “Da una ricerca nella banca dati del ministero della Salute, da me condotta nel 2020, nel mio ruolo di Direttore generale – risponde Marletta – è stato avviato un censimento presso gli 11 organismi notificati italiani, dal quale già risultava che 320 certificati erano in scadenza”. In base ai dati di un’altra ricerca, ancora in corso, ci sarebbero più di 15mila certificati rilasciati in base alle vecchie direttive da trasformare in certificati in regola con quanto disposto dal nuovo Regolamento Mdr da qui al 2024. Molte aziende, grandi e piccole, oggi sono ancora spaesate dal nuovo Regolamento e non sapendo bene quali passi compiere si affidano ad una Contract Research Organization. Quali requisiti e competenze deve avere una Cro? “In primo luogo – risponde Marletta – è fondamentale che lo staff in grado di effettuare una valutazione critica dei pro e contro di qualsiasi studio clinico. Poi serve una conoscenza approfondita della normativa di riferimento per poter presentare tutta la documentazione alle agenzie regolatorie in modo celere e con un alto standard di qualità. Inoltre, le Cro più qualificate interagiscono continuamente con molti ospedali e investigatori, quindi possono raccomandare siti in grado di reclutare il tipo di pazienti necessari in uno specifico studio”.

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