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Tumori, in 6 anni -10% morti negli uomini e -8% nelle donne con terapie precoci

Di Redazione |

Roma, 27 giu. (Adnkronos Salute) – In Italia, in 6 anni (2015-2021), la mortalità per cancro è diminuita del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne. Sono 3,6 milioni i cittadini che vivono dopo la diagnosi, e un paziente su 4 (oltre 900mila persone) ha la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può essere considerato guarito. La strada verso la cronicizzazione è stata aperta dai tumori del sangue: oggi, infatti, il 70% dei pazienti colpiti da patologie onco-ematologiche è vivo a 10 anni dalla diagnosi o può essere considerato guarito. Conquiste significative, a cui hanno contribuito in modo decisivo le campagne di prevenzione e le terapie innovative che permettono in molti casi di cronicizzare la malattia o di ottenere la guarigione, con consistenti risparmi per il sistema sanitario. Il nuovo paradigma della lotta al cancro è costituito dalla possibilità di anticipare i trattamenti in fase precoce, cioè prima (terapia neoadiuvante) o dopo (adiuvante) l’intervento chirurgico, per aumentare il numero di pazienti cronici o guariti.

Una sfida che vede in prima fila AstraZeneca che oggi e domani a Roma, al Centro congressi La Nuvola all’Eur, organizza un evento scientifico con i più importanti esperti. Con 97 progetti in studio, l’azienda è impegnata nell’identificare soluzioni terapeutiche innovative per 11 patologie onco-ematologiche (tumori del polmone, mammella, ginecologici, sangue, prostata, vescica, stomaco, fegato, pancreas, cervice, tratto gastrointestinale). Da un lato il programma di sviluppo clinico dimostra l’impegno di AstraZeneca per un trattamento sempre più precoce di diversi tipi di neoplasia, dall’altro continua a sviluppare terapie per patologie metastatiche o resistenti, a partire dal tumore della mammella, il più frequente nel nostro Paese con 55mila nuove diagnosi ogni anno (nel 2020 sono stati 377mila i casi totali).

“E’ in corso una vera rivoluzione nella terapia del cancro del seno, basata su cure sempre più mirate ed efficaci – afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – Si sta delineando infatti un nuovo sottotipo, cioè con bassa espressione della proteina Her2, che ha importanti conseguenze terapeutiche, perché può ridefinire la cura per circa la metà delle pazienti colpite dalla malattia metastatica, oggi non trattate con terapie mirate perché considerate Her2 negative. Sono importanti anche i risultati della ricerca nei tumori della mammella ereditari in stadio precoce, insorti in donne con mutazione in uno o entrambi i due geni specifici denominati Brca1 e Brca2 – sottolinea ancora lo specialista – Olaparib, terapia mirata capostipite della classe dei Parp-inibitori, colpisce le mutazioni di questi geni, per ridurre ulteriormente il rischio di recidiva e aumentare le probabilità di guarigione. Nello studio OlympiA, il trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, con olaparib ha dimostrato un miglioramento significativo nella sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte del 32%. I risultati di questo studio rappresentano un potenziale passo avanti per le pazienti con cancro alla mammella precoce e ad alto rischio di ricaduta e supportano l’importanza del test alla diagnosi per le mutazioni Brca1 e 2”.

Olaparib è rimborsato in Italia nel trattamento di prima linea di mantenimento del carcinoma ovarico e nel trattamento del carcinoma mammario metastatico triplo negativo che presenta la mutazione genetica. E’ inoltre rimborsato nel carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione con mutazioni Brca1/2, in progressione dopo una precedente terapia con un nuovo agente ormonale.

“Olaparib ha aperto l’era della medicina di precisione anche nel tumore della prostata, la neoplasia più frequente negli uomini con 36mila nuove diagnosi ogni anno nel nostro Paese – spiega Romano Danesi, direttore del Dipartimento di Medicina di laboratorio dell’Azienda ospedaliero universitaria Pisana – La molecola ha più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione radiologica, garantendo una buona qualità di vita. Il test Brca diventa quindi uno step fondamentale nella diagnosi e nella scelta del trattamento non solo dei tumori della mammella e dell’ovaio, ma anche del carcinoma prostatico metastatico. Conoscere lo stato mutazionale dei geni Brca è molto importante e il test dovrebbe essere effettuato su tutti i pazienti al momento della diagnosi di una di queste tre neoplasie. L’identificazione di varianti nei geni Brca1/2 permette infatti di intraprendere un percorso di consulenza oncogenetica nei familiari per identificare i portatori ad alto rischio. A questi ultimi possiamo proporre programmi mirati di diagnosi precoce dei tumori associati alle sindromi a trasmissione familiare Brca e strategie finalizzate alla riduzione del rischio”

Le mutazioni genetiche sono in grado di guidare la scelta della terapia anche nel carcinoma del polmone. “E’ la terza neoplasia per frequenza, con circa 41mila nuove diagnosi ogni anno in Italia, ma resta il big killer con 34mila decessi nel 2021 – continua Danesi – Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce (IB-IIIA), il trattamento post chirurgico con osimertinib, terapia mirata anti-Egfr, ha intento curativo. Parlare di guarigione in questa malattia molto difficile da trattare è un grande risultato, impensabile solo pochi anni fa. Un obiettivo a cui mira anche l’immunoterapia con durvalumab, nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile”.

La guarigione è da tempo realtà nella maggior parte dei tumori del sangue. La leucemia linfatica cronica, con 3.400 nuove diagnosi ogni anno in Italia, è la più frequente fra le leucemie. La tradizionale immuno-chemioterapia è ancora efficace, ma solo in alcuni casi. “Dopo la revisione delle linee guida europee, che ha ridotto i pazienti candidabili a questo approccio, le terapie mirate sono destinate a diventare sempre più lo standard di cura – rimarca Armando Santoro, direttore dell’Humanitas Cancer Center all’Istituto clinico Humanitas Irccs di Rozzano, Milano – Nelle patologie dei linfociti B, gli inibitori della proteina Btk, che rientrano nella classe delle terapie mirate, permettono di controllare la malattia in modo efficace. In particolare, acalabrutinib ha evidenziato un beneficio significativo in termini di efficacia e tollerabilità a lungo termine tanto nel trattamento in prima linea quanto nella malattia recidivante o refrattaria. I risultati degli studi clinici hanno dimostrato una sopravvivenza libera da progressione non inferiore e un minor numero di eventi di fibrillazione atriale per acalabrutinib rispetto alla prima generazione di questa classe di farmaci”.

Quella dei tumori ematologici è l’altra area terapeutica in cui si concentrano gli investimenti di AstraZeneca che, partendo dal successo di acalabrutinib, inibitore di Btk di nuova generazione, sta lavorando su un portfolio di molecole con meccanismi d’azione innovativi. “L’obiettivo è portare l’innovazione terapeutica in tutte le principali patologie oncoematologiche: linfomi, mielomi, sindromi mielodisplastiche e leucemie – evidenzia Santoro – Questo è possibile anticipando l’evoluzione dei prossimi standard di cura, offrendo ai pazienti delle opportunità di trattamento sempre più efficaci e orientate ai loro bisogni, con il mantenimento di una buona qualità di vita”.

“La nostra pipeline di studi copre quasi tutte le principali tipologie di cancro – dichiara Mirko Merletti, vice presidente Oncology AstraZeneca – Molte sono considerate difficili da trattare e non beneficiano di innovazioni terapeutiche da molti anni. In questo senso, si stanno aprendo prospettive importanti anche nei tumori del fegato e delle vie biliari. Grazie alla diagnostica, inoltre, siamo in grado di identificare i pazienti con più probabilità di beneficiare di un particolare trattamento. Abbiamo lavorato allo sviluppo di piattaforme diagnostiche di testing sul territorio nazionale come AZFastNet, oggi riferimento unico nel Paese per il sistema sanitario e la comunità scientifica nell’ambito della medicina di precisione in oncologia e dei dati genetici. Siamo infine impegnati nella promozione di progetti volti a far sì che si acceleri la diagnosi e si arrivi a una cronicizzazione del cancro. Ad esempio, siamo partner fondatori della LungAmbition Alliance, che ha l’obiettivo di superare le barriere allo screening e alla diagnosi precoce del tumore del polmone. In questo modo i pazienti possono avere a disposizione più alternative terapeutiche e maggiori chance di sopravvivenza e di cura”.

Oltre 900mila persone, oggi, in Italia, sono guarite da un tumore. Anche se hanno sconfitto la malattia, rischiano di affrontare difficoltà nell’accesso ad alcuni servizi, come la richiesta di mutui e prestiti, la stipulazione di assicurazioni e l’adozione di figli. In questo contesto si colloca la campagna ‘Io non sono il mio tumore’, promossa da Fondazione Aiom, che permetterebbe all’Italia di seguire l’esempio virtuoso di altri Paesi europei (Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo), che già tutelano i propri cittadini ex pazienti oncologici con una legge ad hoc.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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