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Tumori: neoplasie mieloproliferative croniche e Covid, guida per i pazienti

Di Redazione |

Roma, 1 ott. (Adnkronos Salute) – La pandemia da Covid-19 ha complicato la vita di quasi tutti i pazienti, soprattutto di quelli con una neoplasia mieloproliferativa cronica (Mpn) come la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi. Un gruppo di ematologi esperti coordinati da Alessandro Vannucchi di Firenze – ricorda un articolo pubblicato da Alleati per la Salute (www.alleatiperlasalute.it ), il portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis – ha lavorato alla redazione di un documento per andare incontro ai dubbi dei pazienti affetti da una Mpn, con particolare attenzione anche a questioni complicate da Covid-19. Il documento risponde quindi ai dubbi sui comportamenti da tenere una volta ricevuta la comunicazione della diagnosi di una delle forme di malattia, oppure sulla gestione della terapia già in corso, ma anche in caso di gravidanza o sulla vaccinazione anti-Covid più indicata. In piena emergenza sanitaria, una diagnosi di trombocitemia essenziale richiede particolari precauzioni, oltre a quelle già indicate per la popolazione generale. Come nelle Mpn in generale, il rischio di eventi trombotici è aumentato di circa 2-4 volte rispetto ai soggetti sani. A questo intrinseco rischio trombotico tipico della malattia, va aggiunto l’effetto protrombotico dell’infezione da Covid-19. Come è ormai noto, il virus Sars-CoV-2 è infatti responsabile di un’aumentata attivazione della risposta immnunitaria, che può causare danni endoteliali che possono portare ad un’attivazione del sistema della coagulazione che facilita l’insorgenza di eventi trombotici, sia di tipo arterioso che venoso. Alla luce di ciò – si legge nell’articolo – è importante che il medico di famiglia sia a conoscenza della patologia ematologica e del conseguente rischio trombotico, in modo che, al minimo sospetto clinico di infezione da Covid-19, possa prontamente iniziare una terapia con eparina a basso peso molecolare. L’introduzione di tale terapia è infatti raccomandata dalla Società internazionale di emostasi e trombosi, a meno di importanti rischi emorragici. Quanto invece alla policitemia vera – prosegue l’articolo – in seguito alla diagnosi l’ematologo valuta i fattori che influenzano il rischio trombotico e imposta la terapia. I pazienti sono considerati ad alto rischio se sono di età superiore ai 60 anni e hanno già avuto episodi trombotici. In tutti i pazienti è necessario controllare i fattori di rischio cardiovascolare (sovrappeso, tabagismo, dislipidemia, ipertensione arteriosa), assumere terapia anti-aggregante con basse dosi di aspirina e iniziare la salassoterapia al fine di riportare, e poi mantenere, l’ematocrito al di sotto del 45%. Durante la pandemia, in casi selezionati, l’ematologo potrebbe suggerire di aumentare la soglia di ematocrito per la salassoterapia a 48% al fine di ridurre gli accessi in Ematologia e i rischi di contagio, ma questo dovrebbe avvenire il più raramente possibile e per breve tempo, se strettamente necessario. Nei pazienti ad alto rischio trombotico, e anche in alcuni pazienti a basso rischio, è indicato iniziare una terapia citoriduttiva. La decisione di iniziare la terapia, e la scelta del farmaco migliore, sarà valutata dall’ematologo in base alle caratteristiche cliniche del paziente. Se ci fossero impedimenti ad eseguire le visite ematologiche e/o gli esami ematici di controllo, l’ematologo potrebbe ritardare l’inizio della terapia citoriduttiva, valutando il rapporto rischio/beneficio in ciascun paziente. Complessivamente, l’inizio della terapia citoriduttiva non ha controindicazioni assolute ai tempi del Covid-19. In fine la mielofibrosi. Una diagnosi di mielofibrosi pre-fibrotica – si legge ancora nell’articolo – non espone a un rischio di infezione da Sars-CoV-2 significativamente maggiore rispetto alla popolazione sana della stessa età, sesso o con altre patologie. Nel caso in cui sia richiesto di iniziare un nuovo trattamento, non vi sono dati che indichino un aumentato rischio di contrarre la malattia da Covid-19 legato a farmaci abitualmente impiegati o ad altri in corso di sperimentazione clinica. E’ raccomandato effettuare le visite di controllo programmate. Per i pazienti con nuova diagnosi di mielofibrosi non vi sono motivazioni per posticipare l’inizio di un trattamento con farmaci antiaggreganti e/o con farmaci citostatici o Jak-inibitori, così come non vi è motivo di modificarne la dose o sospenderne l’assunzione, se già in corso. Anzi, ottenere e mantenere un controllo ottimale della patologia ematologica rimane il principale obiettivo terapeutico. L’articolo completo è disponibile su: https://www.alleatiperlasalute.it/piu-a-lungo/mpn-neoplasie-mieloproliferative-croniche-e-covid-19.

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