«Dalla visione del vasto ed accurato compendio fotografico in atti, proveniente dall’accusa e dalla difesa, e riguardante sia la situazione pregressa che quella successiva all’intervento, dal punto di vista squisitamente edilizio, l’originale complesso degli elementi strutturali ed architettonici appare rispettato, nelle forme, nella volumetria visibile, nelle elevazioni fuori terra, negli ambienti strutturali e decorativi, nella suddivisione in aree edificate e cortili».
E’ uno dei passaggi più significativi delle motivazioni, con cui il Tribunale del Riesame di Agrigento, accogliendo il ricorso degli avvocati Angelo Farruggia, Gaetano ed Enzo Caponnetto, ha dissequestrato il Castello “Colonna”, che la famiglia del sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, ha acquistato anni fa per poi restaurarlo e destinarlo a ricevimenti matrimoniali. Di fatto il Riesame ha annullato il provvedimento di sequestro firmato dal Gip Provenzano.
Proprio lo stato di totale abbandono e degrado, in cui versava la struttura prima di essere ristrutturata dalla società dei fratelli Firetto, ha indotto i giudici ad accogliere il ricorso. E sulla ristrutturazione del complesso chiarisce che «non ravvisa alcuna violazione della normativa edilizia e paesaggistica, giacché il complesso risulta ristrutturato nel rispetto, per quanto possibile in ragione della natura e tipologia del bene, dell’originale, ed in conformità delle concessioni e autorizzazioni rilasciate dal Comune di Joppolo, e della Soprintendenza».
I Firetto, infatti, come aveva anticipato il nostro quotidiano all’indomani del sequestro, avevano ottenuto dagli organi preposti tutti i permessi per realizzare le variazioni delle opere, in ambienti interni della dimora. Secondo il perito, incaricato dalla Procura della Repubblica, però quei permessi sarebbero stati rilasciati in maniera illegittima. In particolare avrebbero realizzato interventi di nuova costruzione. Così il sindaco Firetto, e il fratello Mirko, sono stati iscritti sul registro degli indagati per abusi edilizi. Adesso il nuovo provvedimento ribalta quella tesi e parla di interventi che hanno permesso di recuperare un immobile a rischio crollo.
«A seguito di lavori e investimenti ingenti – si legge – ha restituito alla collettività un bene storico ed architettonico che altrimenti sarebbe stato destinato all’oblio e alla sicura rovina, con un lavoro di restauro, se non perfetto, comunque nel complesso rispettoso dell’originale».
Infine il Riesame esalta un altro aspetto della vicenda: «L’opera – scrivono ancora i giudici – è stata, peraltro, destinata ad attività economiche in un contesto depresso e povero di iniziative imprenditoriali private. Questa attività ha portato, se non benessere, posti di lavoro e attività di indotto».