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Lampedusa

L’Isola piange Luciano, il vigile del fuoco eroe

Aveva 60 anni ed era malato da qualche tempo. I figli si sono tuffati nelle acque antistanti Cala Pisana che l'uomo amava tanto

Di Elio Desiderio |

Lacrime dei lampedusani  per l’ultimo saluto a Luciano Brignone. Si sono svolti  quattro giorni fa nella chiesa madre i funerali del vigile del fuoco, Luciano Brignone, da poco aveva compiuto 60 anni e un brutto male non gli ha lasciato scampo. Per seguire il suo funerale Lampedusa si è fermata, per accompagnare uno dei suoi concittadini migliori. La storia di quest’uomo è difficile da spiegare e da scrivere, perché come si fa a scrivere per evidenziare un sentimento forte; come si può parlare di una persona come lui in poche righe. Luciano Brignone era un padre eccellente che amava tanto i suoi due figli ancora molto giovani; era un buon marito, sposato con Angela Maraventano la ex senatrice della repubblica della lega nord e poi, era un valente capo reparto dei vigili del fuoco. Pluridecorato ma con una peculiarità, non amava che glielo si dicesse; non amava che si parlasse di lui, neanche quando ha ricevuto una alta onorificenza ed è stato nominato cavaliere dei diritti umani agli uomini dello Stato. Era il 2011 quando lui e la sua squadra, hanno ricevuto l’onorificenza per avere recuperato 25 cadaveri da un barcone arrivato a Lampedusa dalla Libia. Luciano Brignone nell’arco di oltre trent’anni passati con la divisa addosso ha fatto molte operazioni di servizio; sempre pronto a rischiare la vita per salvare quella degli altri. Si contano a decine, infatti, le operazioni svolte da questo piccolo grande uomo che ha sempre portato in salvo chi si trovava in pericolo. “È solo il mio lavoro” – diceva – e con una scrollata di spalle si allontanava. Luciano Brignone quando era giovanissimo, era anche un bravo calciatore “il migliore di noi che scendeva in campo – ha detto un suo amico fraterno che all’epoca giocava in squadra con lui, Pino Faraglia – Luciano aveva il calcio nel sangue e se solo avesse voluto, avrebbe potuto giocare  in categorie superiori. All’epoca per anni vennero a Lampedusa diversi selezionatori di squadre di serie b e di serie a e se lo sarebbero portato con loro ma Luciano non volle mai allontanarsi da Lampedusa, – ha proseguito Faraglia – perché qui aveva il suo amore, la sua famiglia, il suo mare; la sua cala pisana”. Ed è stato proprio a cala pisana, uno dei luoghi più suggestivi di Lampedusa che, quando la vettura dei vigili del fuoco ha accompagnato per l’ultima volta il feretro del loro collega sulla sua amata banchina, che è successa una cosa senza precedenti: i figli di Luciano si sono tuffati con addosso i vestiti in un punto preciso, dove il padre quasi ogni giorno da quando era un bambino andava a nuotare e dove una volta in acqua, riusciva a sentirsi più vicino alla sua Lampedusa. Dopo il tuffo, i due ragazzi sono risaliti e hanno abbracciato la madre  insieme poi, hanno accompagnato il papà nella sua ultima dimora tra applausi e silenzi pieni di lacrime. Un funerale così partecipato si era visto solo un’altra volta sull’isola, quando era andato via un altro figlio di Lampedusa, Pino Bartolo grande amico di Luciano. Tra la gente durante il corteo si diceva. Ora Luciano e Pino ci stanno guardando e sicuramente stanno andando a  giocare la loro partita con la maglia addosso del lampedusa; una partita che si gioca in paradiso.

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