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«Rosario Livatino sapeva che i suoi giorni erano contati», l’ipotesi del postulatore della causa di beatificazione

Don Giuseppe Livatino al convegno francescano di Favara: «Perché aveva smesso di aggiornare la sua agenda?»

Di Redazione |

«Il beato Rosario Livatino aggiornava costantemente la sua agenda: ha smesso di farlo nei primi giorni di settembre, perché forse sapeva che i suoi giorni erano contati». Lo ha detto oggi a Favara don Giuseppe Livatino, primo postulatore del processo di beatificazione del magistrato, intervenendo al forum "Credenti e Credibili", tra gli eventi del primo Meeting Francescano del Mediterraneo.

Il magistrato canicattinese, poi diventato beato, venne ucciso per mano mafiosa il 21 settembre 1990 ad Agrigento. «Rosario Livatino è la perfetta figura dell’illuminato nel senso cristiano del termine – spiega il sacerdote -, perché da giovanissimo si lascia innanzitutto illuminare dalla parola e dai sacramenti. Scrive un tema bellissimo a 16 anni in cui elogia la Sacra Scrittura dicendo che è uno scrigno dove l’uomo può trovare tesori per essere cristiano a tutti gli effetti».

Livatino, continua il postulatore, «decide di entrare in magistratura in un contesto che conosce benissimo perché fin da piccolissimo ha saputo cosa era la mafia a Canicattì e ad Agrigento e ha scelto di essere fedele allo Stato e al battesimo. Avrebbe potuto cambiare distretto giudiziario e sezione, come tanti altri, mettendo la testa nella sabbia quando ha capito che rischiava la vita, ma ha deciso di andare avanti fino alla fine. Ad inizio settembre inizia a non scrivere nulla sulla sua agenda dove annotava tutto, anche le cose meno rilevanti – continua il sacerdote – perché aveva capito che i suoi giorni erano contati».  «Livatino – prosegue – aveva un senso morale che trascendeva anche il semplice concetto di legalità: un senso di giustizia profonda. Don Giuseppe Livatino, inoltre, ha voluto ribadire l’impegno di Livatino come magistrato "produttivo". "Trova in un cassetto delle carte impolverate – ricostruisce -, erano le intercettazioni fatte in Canada che tracciavano i rapporti internazionali con le cosche mafiose locali e le porta a Falcone e Borsellino con cui avvia un’intensa collaborazione. Era un magistrato di grandi intuizioni e che ha precorso i tempi».  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA