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Palma di Montechiaro, chiesto il rinvio a giudizio di Angelo Incardona

L'uomo è reo confesso dell'omicidio del compaesano Lillo Saito per una vecchia storia di mafia

Di Gaetano Ravanà |

La Procura di Agrigento ha chiesto il rinvio a giudizio di Angelo Incardona, di Palma di Montechiaro, reo confesso dell’omicidio di un compaesano “per una vecchia storia di mafia”.

Il pubblico ministero a lavoro alla Procura di Agrigento, Maria Cifalinò, ha chiesto il rinvio a giudizio di Angelo Incardona, 44 anni, di Palma di Montechiaro, imputato di omicidio, lesioni personali e porto illegale di arma clandestina. La prima udienza preliminare è in calendario il prossimo 10 gennaio innanzi al Giudice per le udienze preliminari, Stefano Zammuto. I familiari della vittima si costituiranno parte civile tramite l’avvocato Calogero Meli. Incardona è difeso dall’avvocato Calogero Li Calzi. Il 10 febbraio scorso Angelo Incardona è stato trasferito nel carcere “Di Lorenzo” ad Agrigento da una gazzella dei Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, dove lui, Incardona, si è recato insieme alla moglie, in automobile, da Palma di Montechiaro, per confessare quanto commesso. Lui è stato persuaso da lei a costituirsi. Lui avrebbe ucciso e tentato di uccidere con una pistola Beretta 92 Fs con matricola abrasa, che ha consegnato ai Carabinieri, appena giunto in caserma. Angelo Incardona avrebbe premeditato il suo piano sanguinoso. Ha iniziato sparando contro i genitori, scampati miracolosamente a colpi mortali. Giuseppe Incardona, 66 anni, e Alfonsa Ingiaimo, 61 anni, non in pericolo di vita perché feriti non gravemente, sono stati ricoverati all’ospedale “San Giacomo d’Altopasso” a Licata. Poi lui, Incardona, ha raggiunto la sua terza vittima designata, forse perché già a conoscenza di dove fosse. Lillo Saito, un imprenditore di 65 anni, socio di un’azienda che produce gelati, è stato a piedi, in cammino, verso la sua automobile, una Chevrolet Captiva, posteggiata in piazza Provenzani, innanzi al Palazzo Ducale. Appena lui è entrato a bordo, Angelo Incardona gli ha sparato diversi colpi d’arma da fuoco alla testa. Dalla Scientifica dei Carabinieri sono stati contati quattro bossoli. Poi Angelo Incardona è rientrato a casa. Poi le manette ad Agrigento. Incardona è stato circa due ore sotto interrogatorio condotto dall’ex procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, insieme alla Cifalinò, il comandante dei Carabinieri, colonnello Stingo, e il comandante del Nucleo Investigativo, maggiore Luigi Balestra. E ha risposto evasivo: “E’ una vecchia storia di mafia”.

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