RICERCA
Nemmeno i pesci di profondità si salvano dalle microplastiche: lo studio dell’Università di Catania
Alcune specie risultano ormai confuse, e scambiano i filamenti per una delle prede preferite
Le microplastiche sono presenti anche in pesci di profondità. La scoperta emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Catania, Ispra, Ente Fauna Marina Mediterranea e Centro di studio e ricerca sulla pesca di Roma, che è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica internazionale 'Journal of Marine Science and Engineering'.
L'articolo porta la firma dei ricercatori Umberto Sacco e Federica Marcucci dell’Ispra, Emanuela Mancini dell’Ente Fauna Marina Mediterranea e Centro di Studio e Ricerca sulla Pesca e Francesco Tiralongo, ittiologo del Laboratorio della Biologia della Fauna Marina Mediterranea dell’Università di Catania e vice-presidente dell’Ente Fauna Marina Mediterranea.
«Il lavoro – afferma Scacco – mette in evidenza come sottili differenze nelle strategie alimentari di due specie opportunistiche possano produrre un’ingestione marcatamente diversa delle tipologie di microplastiche ritrovate negli stomaci».
«Nel lavoro – aggiunge – abbiamo confrontato tale ingestione tra un piccolo squalo (come lo squalo boccanera) ed un pesce macruride (ad esempio il Celorinco). I risultati mostrano come lo squalo, ingerisca un’ampia gamma di tipologie di microplastiche in merito a forma, dimensione e colore, sebbene con frequenze molto basse. Differentemente, e sorprendentemente, il piccolo macruride ne ingerisce molte di più e, in particolare, un tipo specifico, i filamenti di colore blu di medie piccole dimensioni. La presenza di policheti negli stomaci, e soprattutto le correlazioni alimentari trovate tra essi e i filamenti, irrobustiscono l’ipotesi che il piccolo pesce vada incontro ad una vera e propria confusione predatoria, scambiando i filamenti per una delle sue prede preferite».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA