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Viticoltura

Si punta al Grillo per superare i rischi dei cambiamenti climatici

Ne è convinto il Consorzio della Doc Sicilia che ha organizzato un focus su questa varietà nata ufficialmente da poco più di un secolo

Di Carmen Greco |

Se la viticoltura siciliana si rimise in piedi dopo la fillossera – la malattia che distrusse i vigneti alla fine dell’Ottocento – grazie al Grillo, non è detto che la nuova sfida dell’enologia regionale non debba affidarsi di nuovo all’evoluzione di questo vitigno, resistente, versatile e adattabile come pochi, per affrontare lo spauracchio sempre più concreto dei cambiamenti climatici. Ne è convinto il Consorzio della Doc Sicilia che ha organizzato un focus su questa varietà nata ufficialmente da poco più di un secolo.

Ci aveva visto lungo Antonio Mendola (Favara 1828-1908), ampelografo, appassionato, fra i mille interessi, di genetica botanica – intratteneva corrispondenza con un certo Darwin – il quale ideò l’incrocio fra il grintoso Catarratto e l’elegante Zibibbo, per ottenere un ibrido con le migliori virtù di entrambi: il Grillo. Oggi che questo vitigno  è declinato in più di 70 variazioni (dallo spumante al passito, con vigne dal livello del mare fino 600 metri d’altezza) quel ruolo di “salvatore della patria” gli va stretto. I produttori del marsalese patria d’elezione del Grillo, sognano di farne un “prosecco di Sicilia” (lungi però dall’idea di aprire guerre fratricide come quella fra Italia e Croazia ndr) forti di un incremento nella produzione del 26% (nel 2020 sono state prodotte 16.707.274 bottiglie, nel 2021 21.010.284) e di un’affermazione sul mercato sempre più “effervescente” che lo vede diffuso su 8.000 ettari, cioè l’8-9% della superficie vitata della Sicilia. 

Un piccolo miracolo se si pensa che prima del 1910 non esistevano tracce del Grillo nei libri di enologia. Solo fra il 1910 e il 1940 – con lo zampino degli inglesi – il Grillo divenne il vitigno principe dell’areale del trapanese spodestando Catarratto, Insolia, Damaskino, Catanese bianca, fino a quel momento le uve canoniche per la produzione del Marsala. A tutt’oggi – a dimostrazione della nascita “recente” – sul nome Grillo non esiste nemmeno una spiegazione univoca. C’è chi, come l’enologo Giacomo Ansaldi, lo lega – in base a una ricostruzione scientifica pubblicata nel 2013 – al latino “arillum” (senza semi) perché l’acino presenta un solo seme all’interno. Chi, invece, come il prof contadino Gaspare Baiata, sottolinea l’andamento della pianta che qualche volta “salta” l’annata, come un grillo. Fatto sta che quell’intuizione di Mendola, poi raccolta da Federico Paulsen nel 1890 a capo della scuola d’innesti più grande al mondo (ai tempi degli Ingham e dei Florio a Marsala) portò alla formazione di 800 innestatori e alla messa a dimora di 5 milioni di piante di Grillo, cui è attribuita la rinascita dell’enologia siciliana post fillossera. Proprio le caratteristiche di resilienza e versatilità, fanno del Grillo il candidato numero uno per la ricerca di nuovi biotipi, capaci di “abbracciare” perfino le difficoltà dovute ai cambiamenti climatici.

«Guardiamo alla nuova genetica sul Grillo per continuare ad indagare sulla biodiversità – conferma Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia -. I frutti dei nuovi biotipi di Grillo che stiamo sperimentando oggi li coglieremo solo nel futuro, guardando all’innovazione, ma già il successo del Grillo è un dato di fatto, da qui a pensare di farne un “prosecco” del Sud ce ne corre. Non abbiamo la forza commerciale del Veneto, che oltre al prosecco ha altre produzioni che hanno conosciuto vette incredibili come Lugana, Valpolicella e, naturalmente, l’Amarone. La capacità commerciale delle aziende siciliane deve crescere e oggi non può prescindere dalla mediazione fra le esigenze dei produttori e quelle dei  consumatori cui bisogna inviare messaggi ben precisi. La Sicilia è oggi la più grande area vinicola biologica in Italia, è un territorio che, per sua stessa natura, identifica nella sostenibilità la chiave di volta del sistema vitivinicolo siciliano».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA