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Cara di Mineo, ci sono indagati eccellenti Oltre Odevaine c’è anche Castiglione

Il sottosegretario: “Non so nulla, lo apprendo dalla stampa”

Mario Barresi

12 Marzo 2015, 09:03

Cara di Mineo, ci sono indagati eccellenti Oltre Odevaine c’è anche Castiglione

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CATANIA – Quasi tutti scontati, qualcuno eccellente: ci sono i primi nomi nel registro degli indagati. L’inchiesta sul Cara di Mineo sta per arrivare alla svolta decisiva. Il lavoro delle Procure di Catania e di Caltagirone, silenzioso nonostante la pressione (mediatica, ma anche istituzionale) sulla gestione del centro d’accoglienza per rifugiati più grande d’Europa, ha già messo nero su bianco alcuni punti fermi. Come i nomi – oltre una decina – delle persone a vario titolo coinvolte in un’indagine che al momento parte da ipotesi di reato che vanno dall’abuso d’ufficio alla turbativa d’asta, con delle verifiche in corso (che entrerebbero però in una seconda fase) sulla sussistenza del voto di scambio, in attesa dei risultati di una tranche separata sulle eventuali infiltrazioni mafiose nella gestione di questa e di altre strutture per migranti.   Nella prima lista, «come atti dovuti» e seppur con posizioni molto differenziate, ci sarebbe un po’ di tutto: da Luca Odevaine (già in carcere per “Mafia Capitale”) ai vertici del consorzio di Comuni che si occupa del Cara, fino ad alcuni esponenti di cooperative che gestiscono i servizi e a funzionari che hanno avuto un ruolo nell’aggiudicazione di appalti. Ma il nome più importante – sussurrato da alcune settimane e sul quale abbiamo avuto conferma da qualificate fonti – è quello di Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Risorse agricole del governo Renzi, deputato nazionale e leader siciliano dell’Ncd. Nei palazzi di giustizia di Catania e Caltagirone c’è totale silenzio. Fra i pochissimi elementi che trapelano: pur essendo considerata «non imminente, seppur a breve scadenza», la fase della notifica degli avvisi di garanzia non è ancora in corso; oltre alla sussistenza di concorso fra i vari indagati, si stanno “pesando” con attenzioni tutte le singole posizioni, compresa quella di Castiglione, davanti alla scelta fra l’invio dell’avviso di conclusione indagini e l’archiviazione.   Al fascicolo, fino a pochi giorni fa a carico di ignoti, si lavora da tempo. I procuratori Giovanni Salvi (Catania) e Giuseppe Verzera (Caltagirone) hanno acquisito una significativa mole di elementi utili. Salvi, che coordina già numerose indagini legate all’immigrazione – dalle infiltrazioni del terrorismo al traffico di esseri umani – in veste di procuratore della Dda di Catania ha ricevuto gli atti dell’indagine “Mafia Capitale”, coordinata dal collega Giuseppe Pignatone. C’è un pool di lavoro misto, del quale fanno parte il sostituto etneo Raffaella Vinciguerra e i pm romani Giuseppe Cascini e Paolo Ielo, che nelle ultime settimane sarebbe arrivato «a buon punto» nella ricerca di un collegamento fra il modello “Mafia Capitale” e la gestione dell’emergenza immigrati in Sicilia.   Una notevole accelerazione è stata impressa dall’intervento dell’Autorità Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, che ha inviato alle Procure di Catania e Caltagirone gli atti della gara d’appalto per la gestione triennale del Cara di Mineo: è «illegittima» e lede, fra gli altri, i principi di «concorrenza» e «trasparenza». Ma anche le parole del presidente della commissione nazionale Antimafia, Rosy Bindi, pronunciate venerdì scorso a Siracusa al termine dell’audizione (secretata) dei magistrati impegnati nell’indagine, avranno avuto il loro peso. «Viene voglia di dire che non ci voleva l’intervento dell’autorità anticorruzione nazionale per capire che era un appalto illegittimo. La stazione appaltante avrebbe dovuto accorgersene già da tempo». Una illegittimità «macroscopica», l’ha definita senza mezzi termini il presidente Bindi.   E proprio da quell’appalto, si parte. La persona attorno alla quale ruota tutto è naturalmente Luca Odevaine, anima nera del sistema affaristico–criminale svelato da “Mafia Capitale”, semplice consulente part time al 50% del consorzio di Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”, ma di fatto dominus con le mani in pasta negli affari più importanti. A partire dall’appalto da quasi 100 milioni per la gestione triennale del Cara, affidato a una commissione aggiudicatrice della quale Odevaine entra a far parte cinque giorni dopo essere stato nominato «collaboratore dell’Ufficio “Progettazione, gestione e rendicontazione dei fondi europei” con uno stipendio miserrimo rispetto al business che gira attorno a Mineo: 6.700 euro per poco più di sei mesi nel 2014, con un impegno di spesa di 12.871,02 euro per il 2015, prima della sospensione dall’incarico dopo l’arresto a Roma. “Sbarcato” al Cara nell’estate del 2011 come consulente, fino all’assunzione dello scorso giugno, il misterioso protagonista della “Terra di Mezzo” aveva fatturato 976 euro al mese nel 2014 come “esperto del Presidente del Cda del Consorzio”, oltre a incassare i rimborsi spese per missioni: 3.292,88 euro (gennaio), 838,55 euro (marzo), 3.280,20 euro (fino a giugno).   Odevaine fu assunto da una commissione presieduta dal direttore generale del consorzio, Giovanni Ferrera. E i due si ritroveranno (con Ferrera responsabile unico del procedimento) assieme al capo dell’ufficio tecnico del Comune Vizzini, l’architetto Salvatore Lentini, come componenti della gara d’appalto per la gestione del Cara. Aggiudicata il 30 luglio 2014 all’unico concorrente a cui si riconoscono i requisiti per partecipare: l’associazione temporanea d’imprese composta dai consorzi di cooperative sociali “Casa della Solidarietà” e “Sisifo”, dal consorzio “Sol. Calatino”, da “Senis Hospes”, “La Cascina Global Service”, “Pizzarotti&C. Spa” e dal Comitato provinciale Croce Rossa di Catania. Che offrì 96.907.500 euro, con un ribasso dell’1,00671% sulla base d’asta di 97.893.000 euro. Fra i responsabili delle coop un ruolo «importante» – nel rapporto con istituzioni, manager e sindaci – sarebbe stato rivestito da Paolo Ragusa, presidente del consorzio Sol. Calatino. Ma non è l’unica posizione ai raggi X sull’asse Mineo–Roma.   Ma qual è il peso di Odevaine in quella procedura che, intercettato mentre parlava con i suoi “compari” romani, definì «un bando blindato, impossibile che se lo aggiudichi qualcun altro»? Un ruolo fondamentale, al netto di altre millanterie finite nell’inchiesta romana. Anche perché, come documentato da Antonio Rossitto in un’inchiesta pubblicata oggi da Panorama, Odevaine batteva i pugni sul tavolo, già prima della sua assunzione. Il 20 gennaio un pool di avvocati, guidati dal catanese Andrea Scuderi, risponde al consorzio che aveva chiesto un parere sull’«affidamento dei servizi e delle forniture» consigliando di indire «gare che comportino un’effettiva competizione». Una settimana dopo, però, Odevaine invia a Scuderi una mail dalla propria casella personale, «su mandato personalmente conferitomi dal sindaco di Mineo».   Odevaine è l’alfa e l’omega anche dell’inchiesta catanese. Ma primo piano, oltre a quello definito «particolarmente esposto» di Ferrera, c’è il ruolo di Anna Aloisi, sindaco menenino e presidente del Cda del consorzio nel quale siedono i colleghi Francesco Zappalà (Ramacca), Giovanni Verga (Licodia Eubea), Gianluca Petta (San Michele di Ganzaria) e Salvatore Barbera (San Cono), con l’assemblea dei soci presieduta da Marco Sinatra (Vizzini). Ma l’ultima mega–gara non è l’unico oggetto dell’interesse degli inquirenti, che scavano sul recente passato (compresi altri due appalti per la gestione con i medesimi vincitori), quando al vertice del consorzio c’era il sottosegretario Castiglione. Dapprima come presidente della Provincia di Catania, soggetto attuatore; poi, quando la competenza nel 2013 passa al ministero dell’Interno, come presidente del “Calatino Terra d’Accoglienza”, consorzio che il 20 dicembre di quell’anno sigla una convenzione con la Prefettura di Catania e diventa “stazione appaltante”. Nelle carte dell’indagine etnea ricorrerebbe anche il nome di un alto funzionario prefettizio, che non risulta però fra gli indagati.   twitter: @MarioBarresi