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Fiumi e maltempo, la Regione e 30 anni di follia: «Puliamo solo se c’è calamità»

Di Andrea Lodato |

Catania – Il tempo continua a fare le bizze. C’è caldo, ma il cielo minaccia pioggia, molte strade secondarie, soprattutto quelle interpoderali, sono ancora percorribili con estrema difficoltà. Si contano i danni, aspettando, secondo le previsioni, altre precipitazioni piuttosto violente. Si contano i danni materiali, tantissimi e gravi, ma per fortuna in queste settimane nubifragi, acquazzoni, inondazioni, esondazioni tanta paura, ma nessun ferito grave, nessuna vittima. Ma è un rischio, questo, che la Sicilia non può continuare a correre. Le prime dichiarazioni del presidente della Regione, Nello Musumeci, sono state lapidarie, secche, inequivocabili e non hanno risparmiato nessuno. A sentirle sembravano persino esagerate nella ricostruzione storica, nel tornare indietro a responsabilità non solo antiche, ma anche diffuse e con una reiterazione devastante da parte della politica regionale e degli uffici periferici. Uffici che dovrebbero avere il termometro della situazione, essere l’interfaccia con il territorio, ed avere la forza di negoziare ed imporre alla politica e alla burocrazia regionale, quando sono clamorosamente assenti, interventi e provvedimenti. Invece per anni, decenni e anche più, tutto è stato abbandonato al suo destino e alla furia degli elementi.

Prima di farci raccontare una storia emblematica, da Corrado Vigo, che è Consigliere del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, Coordinatore del Dipartimento Sicurezza, Prevenzione e Gestione delle emergenze e degli effetti dei cambiamenti climatici, rileggiamo quel che ha dichiarato sui luoghi devastati dai fiumi e dai torrenti esondati il presidente Musumeci. «Il mese scorso, per la prima volta dopo 30 anni, il mio governo ha previsto la pulizia di 22 fiumi compreso il San Leonardo. Da decenni il sistema idrogeologico in Sicilia non è mai stato preso in seria considerazione. Così come non c’è mai stata una corretta lettura del territorio. Mancava persino l’autorità di bacino, struttura prevista da una legge dello Stato di carattere interdipartimentale che abbiamo costituito in maggio». Uno scandalo lungo 30 anni, dunque, e la conferma, il sigillo notarile ad almeno 22 anni di totale menefreghismo della politica siciliana, sta nel racconto di Vigo.

«Nel 1995 avviene una delle consuete esondazioni di uno dei tanti corsi d’acqua privi di manutenzione, ed avvengono i soliti danni. Un agricoltore scrive nel 1996 al Genio Civile di Siracusa diffidandolo alla pulizia del torrente che gli ha causato danni l’anno prima, avendo constatato che nessuno aveva provveduto alla manutenzione dello stesso e che essendo il torrente pieno di canne ed arbusti, ed avendo perso la sua originaria sezione, si sarebbero potute verificare nuovamente esondazioni. Il Genio Civile risponde, dopo avere sollecitato l’assessorato regionale, con una lettera, dicendo che «l’unica possibilità di intervento è prevista esclusivamente in caso di dichiarati eventi calamitosi»; come dire “prima avviene il danno e poi intervengo”.

Surreale, diciamo surreale, ma un classico dell’impaludamento tra politica e burocrazia, perché, naturalmente, la mancata pulizia di quel torrente prima nel 2003, poi nel 2005, quindi nel 2017, ma anche il 18 e 19 ottobre di quest’anno il torrente è esondato. Ed ha causato sempre i soliti danni. Ricorda Vigo che anche un anno fa c’era stata un’altra diffida. «Sì, uguale a quella del 1996, ma nessuna risposta e, soprattutto, in ventidue anni nessuna manutenzione. Ecco cosa si nasconde dietro le maglie della burocrazia: una lentissima, ma quanto mai efficace inefficienza, e soprattutto una mancanza di attenzione al territorio, un territorio devastato dalla manutenzione zero di tutta la “cosa pubblica”».

Insomma, Sicilia ancora sott’acqua, semi allagata, finalmente interventi della Regione che sono partiti dopo quei lunghi decenni in cui il territorio è stato abbandonato, gli agricoltori condannati a piangere su terreni perduti, raccolti andati a male. Anche oggi, drammaticamente, siamo in queste condizioni dopo quei giorni di bufera. Dice Vigo: «Abbiamo stradelle interpoderali e poderali distrutte, fossati di scolo aziendali ricoperti di terra, interi appezzamenti agrumetati invasi da detriti, canne, arbusti e alberi. Impianti di irrigazione distrutti. Piante rase al suolo con effetto “rasoio” sulle piantine giovani. Piante invase da detriti. Ma poi c’è anche la perdita della produzione. In questi giorni è in corso un violentissimo attacco della “Phytophthora citrophthora”, un fungo (in gergo chiamato “allupatura”), che sta decimando le produzioni, sia quelle in cui le piante sono state raggiunte o superate, ma anche in quelle porzioni delle chiome in cui le acque non sono arrivate. Sarà una annata difficilissima da dimenticare, e pesantissima economicamente».

E’ un disastro. Adesso la Regione ci ha messo testa e soldi, per quel che è accaduto sino a ieri non ha pagato nessuno, per le responsabilità politiche e per quelle amministrative, per avere abbassato la testa di fronte a scelte e atteggiamenti scellerati. Restano documenti firmati, protocollati, dimostrazione e prova di un pessimo modo di governare una terra che non è avversata dal destino, non è condannata a questa vitaccia da un fato beffardo. E’ che per convenienza, per indolenza, per distrazione, per squallidi o meschino o illeciti tornaconti ha accettato spesso di farsi calpestare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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