Il paradosso: i docenti «deportati» tornano e i precari perdono il posto

Di Simona Zappalà / 17 Settembre 2016

L’altra parte di una sofferenza che dura da anni. L’altro lato di una medaglia che, da una parte o dall’altra, provoca solo dolore. Scuola atto secondo. Poche settimane fa le prof “deportate” si sono presentate nella sede che “l’algoritmo” aveva assegnato loro.

Adesso, tra domande di assegnazione provvisoria e richieste di congedo parentale cercano di rientrare a casa dalla propria famiglia. E qui, proprio in questo istante, inizia il secondo atto. Se da una parte, infatti, qualche docente riesce a rientrare e riabbracciare i propri figli, dall’altra ci sono le docenti precarie siciliane che restano senza lavoro, soprattutto nel settore del sostegno. Ad alzare la voce è il comitato “Gae infanzia ruolo subito” che ieri ha protestato davanti piazza Università per ribadire la propria posizione sulla riforma della “Buona scuola”.

«Insegno da 16 anni – spiega Maria Rosa Celano – e ho trascorso gran parte della mia vita tra i banchi di scuola, sempre come precaria, ma felice di essere a contatto con i bambini. Quattro anni fa ho iniziato a prendere le supplenze annuali, ma adesso è tutto finito. Ho scelto di restare precaria per non abbandonare la mia famiglia e, quindi, ho preferito lavorare con il sostegno. Ora mi mandano a casa. La scuola è iniziata e io, per la prima volta dopo tanti anni, non ho ricevuto alcuna chiamata».

Sono storie che coinvolgono centinaia di docenti della scuola dell’Infanzia, dimenticati dal decreto legge delle “buona scuola”.

«Siamo stati ignorati. E’ stato effettuato un piano di assunzioni per la scuola primaria e secondaria, ma non per i docenti di quella dell’infanzia. Non abbiamo potuto partecipare all’immissione in ruolo e tutti gli insegnanti presenti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae), sono stati messi da parte. Inoltre, siamo stati coinvolti nel piano di mobilità della scuola primaria e secondaria per il ruolo di sostegno e per gli incarichi annuali. Dopo 20 anni quale sarà il nostro futuro e, come faremo a mantenere la nostra famiglia?».

La scuola materna rappresenta un punto focale per l’insegnamento dei bambini perché la prima fase dell’apprendimento,la più importante, avviene proprio dagli 0 ai 6 anni. Se a ciò aggiungiamo il ruolo che un insegnante di sostegno può avere in un bambino di quell’età, con problemi, il danno diventa evidente. «I ragazzi – continua la Celano – ai quali siamo affidati non avranno una guida costante. La materna è un mondo totalmente diverso, soprattutto quando si tratta di bambini con problemi. Il sostegno è un insegnamento molto particolare. Ci prendiamo cura di quei bambini come fossero nostri figli, li seguiamo in ogni momento e siamo con loro anche nei momenti delle visite mediche». Centinaia di insegnanti che si vedono private di qualsiasi possibilità: «Se fossimo partite qualche anno fa – dicono – se avessimo scelto di farlo, saremmo già di ruolo. Abbiamo preferito restare accanto ai nostri figli da precarie, ma con la speranza che prima o poi avrebbero fatto qualcosa anche per noi. Nell’attesa, prendevamo incarichi annuali. Adesso, invece, abbiamo perso tutto. Entro fine mese nessuno di noi lavorerà. Chi ha i titoli per il sostegno ha tutto il diritto di prendere il ruolo, ma dopo ci siamo noi. Non possiamo essere messe da parte, ancora una volta, per dare i nostri posti a coloro che hanno chiesto di ritornare a casa. Le vere “deportate” siamo noi perché stanno giocando con il nostro lavoro e con il pane dei nostri figli».

Le docenti sono decise a lottare con tutte le loro forze. La protesta proseguirà martedì alle 16 in via Passo Gravina davanti la sede Rai.

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