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Il viaggio in Sicilia da contadini- wwoofer

Di Carmen Greco |

C’è Tang Sze Man che viene da Hong Kong, impara a coltivare gli avocado e forse resterà inSicilia perché qui ha trovato l’amore, c’è James Egan che viene da Bristol, a Natale sarà in Inghilterra e in primavera tornerà nell’azienda che lo ospita ai piedi dell’Etna; c’è Marc un ragazzo belga che ha deciso di trasferirsi in Sicilia, prendere una casa abbandonata in campagna e produrre frutta, verdure e legumi. Tang, James e Marc e anche Fabrizio, Asta e Tomas, arrivati dalla Svizzera e dalla Lituania sono wwoofer, persone che hanno scelto di fare un’esperienza di vita in campagna lavorando la terra e ritrovare se stessi. Wwoof è l’acronimo di World Wide Opportunities on Organic Farm (Opportunità di collaborazione ad aziende agricole biologiche nel mondo), un’associazione mondiale di promozione sociale che mette in relazione volontari e aziende rurali naturali con l’idea di portare avanti un tipo di agricoltura diversa, basata sul rispetto dell’ambiente (senza l’utilizzo di veleni), sull’autoproduzione, sull’ecosostenibilità.

Tang Sze Man e James Egan wwoofer in un’azienda biologica a Giarre

Esiste una rete europea e italiana che mette in contatto host e wwoofer. In Sicilia ci sono piccole aziende che ospitano i wwoofer in tutte le province (quattro nel catanese concentrate nella zona jonica). L’azienda agricola fornisce ai volontari vitto e alloggio in cambio del lavoro da svolgere in campagna. L’obiettivo è diffondere idee e pratiche per un equilibrio sano fra l’uomo e la natura (wwoofing). «Qui ho l’opportunità di fare agricoltura come intendo io – dice Tang Sze Man, 33 anni, che ad Hong Kong insegna l’inglese ai bambini ed è a Giarre da cinque mesi, alla sua terza volta da wwoofer – e per me fare agricoltura è un modo di vivere. Hong Kong è una grande città nella quale i terreni sono stati acquistati per costruire. Qui mi trovo bene, c’è bella gente. Studiare è una cosa, lavorare un’altra, ma la passione è passione e, per me, fare agricoltura è passione. Penso di rimanere qui, ho conosciuto tanti amici, mi sto dedicando a lavorare con le api, il mio obiettivo è l’autosufficienza». Nell’azienda di famiglia dove si trova, si coltivano agrumi, avocado e altre piccole quantità di frutti esotici, tutto secondo una filosofia di agricoltura naturale. «Ho fatto un viaggio all’estero come wwoofer per imparare la lingua – dice uno dei titolari che preferisce rimanere anonimo (il fisco italiano non ha ancora “inquadrato” la questione wwoofer – e sono venuto a contatto con questo mondo. Ritornato in Sicilia ho pensato che potevamo entrare in questa rete anche noi come host».

A fare esperienza da wwoofer sono soprattutto i ragazzi, spesso universitari, che scelgono di abbracciare questa filosofia di vita magari nelle pause dei programmi Erasmus, ma anche gente che vuole cambiare vita. In genere il wwoofer va dai 25 ai 40 anni e quelli che circolano in Sicilia sono soprattutto europei, ma non mancano i ragazzi che arrivano dal Giappone e dalla Cina. Loro, i wwoofer, vivono in campagna, coronano il sogno di vivere in una fattoria biologica immersi in un ambiente naturale e imparano la lingua e gli usi del posto. Uno scambio culturale reciproco. I wwoofer entrano in punta di piedi nella vita quotidiana delle masserie, ne condividono usi e costumi, per esempio, se in quella determinata azienda si producono conserve aiutano a farle, se si allevano animali contribuiscono ad accudirli, se si pratica lo yoga, si mangia tutti insieme, si fa meditazione, si organizzano escursioni nei paesi vicini, partecipano a qualsiasi situazione della vita quotidiana, senza dimenticare che il sono innanzitutto persone che vogliono viaggiare in una maniera alternativa.

Qualcuno, in Sicilia, per la verità, ha lanciato l’allarme per un “pericolo sfruttamento” dei woofer che servirebbero per risparmiare i costi di un operaio agricolo, ma gli host respingono i sospetti al mittente. Alla base della filosofia Wwoof – ribattono – c’è la disponibilità e l’attenzione per l’altro, il “darsi aiuto” con gioia e curiosità, il dividere la fatica e moltiplicare l’entusiasmo in campagna, tramandando i saperi per autoprodurre il cibo e trovando un equilibrio tra impegno e tempo libero. Una cosa che caratterizza tutto il movimento Wwoof, per esempio, è il legame con il territorio del quale il wwoofer “assorbe” le tradizioni per poi rimandarle e magari rilanciarle in un altro Paese contribuoendo così ad uno scambio culturale a tutti i livelli.

Come la “tavolata cosmopolita” che si è tenuta al Teatro verde di Macchia di Giarre, una sorta di agorà nel bosco dove contadini bio, soci del Gas (Gruppi di acquisto solidale) Jonia, wwoofer, musicisti e semplici appassionati di agricoltura naturale, si sono incontrati per un momento conviviale di reciproca condivisione.

La tavolata cosmopolita che si è tenuta al Teatro verde di Macchia di Giarre

Ognuno ha messo sul fuoco, una pentola con il proprio piatto tipico, in un abbraccio culinario che andava dall’Appelkaka (una torta di mele svedese Svezia) alle Empanadas (America Latina), passando per il pollo alla cinese la parmigiana e il Tabbouleh libanese.

La tavola resta, infatti, il luogo del primo scambio culturale, anche per la rete del movimento Wwoof, nato nel Regno Unito negli anni Settanta dall’idea di Sue Coppard (la fondatrice) che diede il via ai primi soggiorni nelle fattorie biologiche in cambio di aiuto. L’agricoltura naturale e la vita semplice (due must del pensare ecologico) fanno il resto. «Faccio la scommessa – scrive Marc il wwoofer belga che ha deciso di vivere nella campagna ragusana – di rilanciare un posto in campagna, un tipo di agricoltura e di vita semplice basate sull’autoproduzione e l’autonomia economica. So che al 100% sarebbe un’utopia, ma cerco di avvicinarmi, dimostrando che si può vivere bene con un lavoro autogestito. Insomma, sono alla ricerca di un aumento della qualità della vita. Mi piacerebbe dimostrare quello che ancora si può fare e che vorrei fossimo in tanti a fare, perché ancora ci credo, e non sono il solo».

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