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In mostra ad Agrigento il Salvator Mundi l'ultima opera del Bernini

In mostra ad Agrigento Il Salvator Mundi l’ultima opera del Bernini

La scultura sarà esposta dal 20 febbraio nella Chiesa di Santo Spirito nell'ambito delle iniziative per la Sagra del Mandorlo in Fiore / VIDEO

Di Maria Rosso |

Il “Salvator Mundi”, ultima opera di Gian Lorenzo Bernini, lascerà temporaneamente la sua collocazione romana, all’interno della Basilica di San Sebastiano fuori le mura, e compirà un lungo viaggio fino alla Chiesa di Santo Spirito ad Agrigento.

Questa importante iniziativa artistica, attuata in collaborazione con il Ministero dell’Interno e il FEC il Fondo Edifici di Culto, si inserisce nel fitto cartellone di eventi collaterali in programma alla “Sagra del Mandorlo in fiore” di Agrigento ed organizzata dal Comune. Inizialmente l’opera sembrava dover andare in prestito ad altra città del Nord invece Agrigento è riuscita ad ottenerla per prima. Considerato uno tra i più grandi capolavori del Barocco romano, il busto marmoreo venne scolpito da Gian Lorenzo Bernini intorno al 1679 negli ultimi anni della sua vita quando ormai l’artista aveva oltre ottant’anni. Fu realizzato da un blocco di bianchissimo marmo per devozione dell’artista e da lui poi definito affettuosamente come il suo “Beniamino”. 

Di grandi dimensioni, sicuramente ben più grande di una figura naturale, l’opera presenta le caratteristiche stilistiche della tarda produzione artistica del Bernini. Su un piedistallo in diaspro di Sicilia si erge il Cristo benedicente. Il volto del Cristo è incorniciato da capelli fluenti e le spalle risultano avvolte da un manto che ha l’effetto del lucido raso. La mano destra benedicente presenta dei puntelli tra le dita, un espediente artistico usato fin dall’antica statuaria classica.

In questo Divino Simulacro l’artista pose tutti gli sforzi artistici dati dalla tarda età e si impegnò al massimo nella sua cristiana pietà. La collocazione del “Salvator Mundi” nella chiesa di Santo Spirito ad Agrigento, dove di recente la Sovrintendenza ha effettuato la ripulitura degli stucchi del Serpotta, si inserisce a pieno titolo in una sorta di confronto artistico tra il Seicento romano e il Barocco siciliano dell’epoca.  L’opera “Salvator Mundi” alla morte del Bernini venne lasciata in eredità alla regina Cristina di Svezia, grande amica dell’artista. Il busto passerà poi in eredità a Papa Innocenzo XI e risulterà citato nell’inventario di Palazzo Odescalchi di Roma.

Alla fine del XVII secolo però quest’opera straordinaria, scompare. In oltre trent’anni di studi, il percorso storico-critico sull’opera è stato piuttosto tortuoso. Se ne ebbe notizia attraverso “L’art Bullettin”, dove lo studioso americano Irving Lavin, professore di Storia dell’arte di Princeton dà notizia della presenza del busto marmoreo presso il Chrysler Museum di Norfolk, negli Stati Uniti.

Viene ammessa una certa goffaggine dell’opera rispetto agli standard berniniani, ma viene accettata dai più come originale. Successivamente si avrà notizia dell’esistenza di un altro busto del Salvator Mundi, custodito nella cattedrale di Sées, a Orne in Normandia. Lavin dopo accurati studi  identifica quest’ultimo busto come una copia.

La svolta nelle indagini avviene soltanto nell’agosto del 2001 quando un gruppo di studiosi italiani esperti del Seicento romano individua proprio a Roma, da dove non si è mai spostato, il busto originale scolpito dal Bernini.

L’opera sarà data quindi in prestito ad Agrigento dove arriverà nei prossimi giorni. La data dell’apertura dell’esposizione è stata fissata per la mattinata del 20 febbraio prossimo. L’opera sarà visitabile gratuitamente fino ai primi del mese di Aprile. Un vero e proprio tuffo nella grande storia dell’arte, e nella storia di Gian Lorenzo Bernini che al termine della sua vita non volle altro che scolpire per sua devozione l’immagine del Cristo benedicente dall’aria immalinconita. Una grande opportunità per la città di Agrigento per promuovere i propri tesori artistico-monumentali.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA