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La cucina siciliana

La cucina siciliana“fusion” di sapori

Di di Carmelo Chiaramon |

Quando in Italia arrivò la melanzana, alcuni secoli fa, tutti inorridirono alla semplice idea di cucinare un frutto nero come la pece. Ma sappiamo che dolce fine ha fatto questo pregiudizio. Anzi! Quando dici melanzana pensi parmigiana e dunque Sicilia. Così accadrà per lo zenzero fresco, che oggi cominicia ad affermarsi anche tra i colori dei fruttivendoli dei piccoli paesi siciliani. E non possiamo negare che tra 100 anni, o meno, il kebab diventerà un piatto isolano come è accaduto per il cous cous nord africano, la torta Setteveli d’ingegno contemporaneo veneto o il ficodindia del Messico. Meglio! Di felafel, kebab e piatti col curry ne verranno trascritte le varianti di conciatura nei futuri ricettari di cucina italiana. Ed anche gli Involtini primavera e il sushi saranno dei pilastri della tradizione del futuro. La globalizzazione si muove senza navi romani, battaglioni normanni o caracche e vascelli di borbonica memoria. Arriva tutto in un attimo. Mai come in questo momento storico la cucina siciliana vive un momento frizzante e vario di ricette, private e domestiche, ricche di varianti incredibili. Il sabato pomeriggio, in piazza Carloo Alberto a Catania, gli amici asiatici propongono la vendita di foglie di spinaci neri, peperoncini mai visti, cumini, coriandoli freschi, rizomi piccanti a forma di zucchina, semi e spezie. Persino melenzanine minuscole e verdi che non finiranno di certo dentro la pasta alla Norma, quanto piuttosto nel riso Birani pachistano o in qualche Hummus rivisto. Non sappiamo bene, ancora per poco, cosa bolle nelle pentole dei nostri corregionali cha sono giunti in Sicilia ma qualcosa si comincia a intravvedere timidamente nei localini internazionali che sbocciano nelle grandi città, Palermo e Catania in primis. Da qualche settimana la città etnea, dopo le solite lanterne rosse cinesi e i bagliori eleganti del sushi giapponesee (anche in franchising), ecco il suono della cucina Thai, dopo la dilagante presenza di kebab speziati, agnellati e piccanti. I cuochi stellati siciliani, contaminano la loro cucina già da anni con spezie e ingredienti esotici ma quello che è meno noto ai tanti amici buongustai regionali e no, sono le realtà agricole a sorprendere. L’avogado è un frutto siciliano da circa 40 anni, se ne coltivano più di 8 varietà a Giarre. Il mango comincia a diventare un frutto importante nel Siracusano, succoso ad agosto e profumato fino a scatenare la voglia di abbuffarsene. La fejoja non ha avuto fortuna mentre il kiwi è ormai nel paniere di molte case sicule. A breve compariranno papaye siciliane, ananassi e tamarindi? Chi può dirlo! Ciò che appare sicuro è il nomadismo dei piatti, delle radici e degli usi che in Sicilia prendono una piega sempre più internazionale. Molte case siciliane possiedono una bottiglietta di salsaa di soia ma cosa possiamo perdere della nostra cara e adorata gastronomia isolana se ci lasciamo sedurre dagli esotismi di altre civiltà della forchetta? Non molto. Mangeremo, come è sempre accaduto, ciò che ci detterà la nostra gola. Il cibo è come le parole, vivono una costante, lenta mutazione. Trasmigrano nei loro significati e diventano altro. Prendiamo un piatto classico degli Anni 80, l’Insalata russa. I russi la chiamano Insalata italiana. Un secolo fa era un piatto colto dei grandi ristoranti europei e veniva servita con una coda di aragosta, verdure cotte disposte su tante ciotole, un po’ di caviale vero e una salsiera di maionese fresca. Oggi è diventato un indefinibile minestrone papposo, spesso scotto e di fattura industriale. La parola cuoco, fino a vent’anni fa, definiva una figura professionale accostabile a un semplice operaio di ristorante mentre oggi è quasi un guru spirituale che indica la via del prossimo boccone per sorridere delle gioie della vita aromatica. La cucina è un fatto fusion di suo, nulla è immobile se passa tra le mani dell’umanità, figuriamoci se passa per la lingua. Quello che si rischia è il fatto di non mangiare più alimenti autenticamente prodotti in Sicilia. Il pomodoro, ad esempio, sta cominciando ad essere una specialità di produzione cinese. Gli esperti e i ricercatori valutano una presenza del triplo concentrato di pomodoro cinese in Italia pari al 35/40% del consumo di passate e salse in bottiglia trasformate dalle aziende di settore. Da questo simbolico esempio si può facilmente dedurre che noi consumatori dobbiamo tenerci informati. E’ importante porsi delle domande, al di là dei sapori e dei dissapori, e cercare di apprendere aneddoti e dati per sapere cosa mettiamo dentro il nostro corpo. E’ un lavoro complesso, che richiede tempo, coraggio e arguzia.

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