“La famosa invasione degli orsi” , quando la Sicilia è lo sfondo di una fiaba

Di Salvo Barbasso / 18 Novembre 2019

Nel tentativo di ritrovare il figlio da tempo perduto e di sopravvivere ai rigori di un terribile inverno, Leonzio, il Grande Re degli orsi, decide di condurre il suo popolo dalle montagne fino alla pianura, dove vivono gli uomini. Grazie al suo esercito e all’aiuto di un mago, riuscirà a sconfiggere il malvagio Granduca e a trovare finalmente il figlio Tonio. Ben presto, però, Re Leonzio si renderà conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella terra degli uomini.

“La famosa invasione degli orsi” film animato di Lorenzo Mattotti, con le voci di Toni Servillo, Antonio Albanese, Corrado Guzzanti,, con la partecipazione straordinaria di Andrea Camilleri (nel ruolo del vecchio Orso), prodotto da Prima Linea Production e Indigo Film in collaborazione con RaI Cinema, è tratto dal libro di Dino Buzzati “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”.

“Quello di Buzzati – spiega il regista Lorenzo Mattotti – pubblicato nel 1945 è stato un libro molto letto, adesso forse meno ma resta un classico. Nel 1970 la casa editrice Actes Sud lo ha ripubblicato, il film riprende l’atmosfera del libro, il modo di raccontare, come se si trattasse di leggende, di storie antiche. Buzzati risulta sempre pieno di magia, di mistero e a volte di un’atmosfera cupa”

– Cosa l’ha colpita di più del libro di Buzzati?
La sua capacità di raccontare, il modo di lavorare con le metafore, le fiabe, la fantasia e il mistero. L’atmosfera di attesa, di tensione. Si tratta di un racconto per bambini ma si percepisce subito che si parla della guerra, della dittatura e sullo sfondo c’è una Sicilia con la voglia di rivalsa, i suoi paesaggi straordinaria, la capacità della gente di ricostruire una nuova identità sociale. Con la sua capacità di raccontare la realtà evocandola, come accade nelle fiabe. Buzzati mi ha evidentemente influenzato con le sue forme pittoriche, i paesaggi metafisici, mi ha dato la possibilità di creare un racconto filmico universale”.

– Nel suo film da parecchio spazio all’espressionismo.
“Diciamo che la mia natura è espressionista, ma col tempo sono divenuto molto più simbolista, metafisico. In ogni caso, molte sono le opere che mi hanno influenzato una di queste è il libro di Buzzati, nei suoi disegni si percepisce la capacità di far sviluppare nel lettore l’immaginazione. Inventa, cerca, crea, è questo che ha colpito la mia attenzione. Al pubblico voglio dare la possibilità di evocare e arricchire il proprio immaginario, la propria visione personale”.

– Come mai ha ritenuto necessaria la presenza di un narratore?
“C’era bisogno di un filo conduttore, abbiamo inventato noi i personaggi di Gedeone ed anche quello del Vecchio Orso. Sono molto orgoglioso del ruolo di Andrea Camilleri, mi piaceva molto l’idea del “cantastorie” siciliano, ci ha permesso di riassumere alcuni punti e fare dei salti nella narrazione, i disegni di Buzzati mi hanno aiutato molto, il libro contiene delle bellissime idee grafiche che ho poi utilizzato nel film. Lo abbiamo realizzato in 2D cercando di rendere l’effetto del 3D negli sfondi, nelle atmosfere, in maniera grafica e poetica, a me interessava soprattutto evocare una grande sensazione di profondità”.

– Quali sono i suoi riferimenti cinematografici?
“Il cinema indipendente americano, Pasolini, Fellini. Quando ho visto “Amarcord” ho ritrovato la mia cultura, la mia famiglia viene dalla pianura e tutto quello che accade in Amarcord ce l’abbiamo nella pelle. In fondo amo tutto il grande cinema visionario ma anche Coppola di Apocalypse Now ma anche Wong Kar-wai, che ho conosciuto e con cui ho avuto la fortuna di lavorare. Di lui amo molto “In The Mood For Love”, un film contemplativo, quasi ipnotico”.

– Come mai ha scelto Jean-Claude Carrière come narratore?
“È un uomo straordinario, ha lavorato con i più grandi. Ha fatto uno splendido lavoro, con la sua voce profonda. E in italiano, siamo riusciti ad avere Camilleri. Da una parte, Jean-Claude Carrière, dall’altra Camilleri. Cosa si può desiderare di più? Danno voce a un vecchio orso… conoscono il piacere del racconto, danno al film un contributo fondamentale”.

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