La fecondazione eterologa adesso è realtà ma in Sicilia restano i paradossi dei costi

Di Maria Ausilia Boemi / 24 Agosto 2014

CATANIA – Erano pronti a fare “obbedienza civile”, applicando la legge sulla fecondazione eterologa, nonostante il presunto divieto di questa pratica – a causa di un ipotetico vuoto legislativo e a dispetto della sentenza della Corte costituzionale – sbandierata dalla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin. Ma non ce n’è stato bisogno perché, come sottolinea il prof. Adolfo Allegra, direttore della clinica Andros di Palermo, «la forza della verità rompe anche le montagne»: e a questa forza della verità si è dovuta inchinare alla fine la stessa ministra, smentita anche dalla Regione Toscana e dalle due sentenze del Tribunale di Bologna che hanno ingiunto ai centri di fecondazione di effettuare l’eterologa sulle due coppie che avevano presentato ricorso. E così, rotti gli ultimi indugi che ancora rendevano qualcuno titubante, dal 1° settembre i maggiori centri di fecondazione assistita in Sicilia inizieranno a praticare l’eterologa.
Ma i problemi per le coppie siciliane che vivono il dramma di non riuscire a procreare non per questo sono risolti: resta infatti sempre il nodo dei costi della fecondazione omologa e ora anche di quella eterologa (per la prima in Sicilia il “listino” nei centri privati arriva a un massimo 4.000 euro, per la seconda si aggira attorno ai 5.000 euro) che nell’isola resta a totale carico delle coppie. Con una ulteriore assurdità che ha il sapore amaro della beffa: la Regione Siciliana, anche nell’attuale clima di spending review, continua infatti a rimborsare la fecondazione in vitro di coppie siciliane che decidono di effettuarla in altre regioni italiane, dove invece finora la fecondazione omologa – e presumibilmente al più presto anche l’eterologa – è stata pagata dal servizio sanitario.
 
Un esborso annuale dalle casse regionali che, secondo il prof. Nino Guglielmino, direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione Hera di Catania («Il più grosso del Meridione: abbiamo oltre 200 prenotazioni per l’eterologa»), si aggira intorno ai 10 milioni dei euro.
«Stiamo scrivendo con gli altri centri siciliani – sottolinea il prof. Guglielmino – una lettera al governatore Crocetta, all’assessore alla Sanità, Borsellino, e al presidente della commissione Sanità, Di Giacomo, in cui invitiamo l’assessore a deliberare, in ambito di eterologa, così come ha fatto la Toscana – anche se è ormai assodato che l’eterologa in Italia si può fare, come stabilito dalla Corte costituzionale prima e dalle due sentenze del tribunale di Bologna (una delle quali, peraltro, riguardava una coppia del nostro centro) – e ad aprire un tavolo tecnico serio. La paura dei centri siciliani è infatti che si ripeta anche per l’eterologa l’anomalia tutta nostrana dell’omologa: se la coppia siciliana si sottopone alla fecondazione assistita in Sicilia o va all’estero paga, mentre se emigra in altre regioni italiane non paga nulla perché a sborsare i soldi, rifondendo le altre Regioni, è la Sicilia».
 
Uno scandalo che costa alla Regione, secondo il prof. Guglielmino, «la considerevole cifra di 10 milioni all’anno che noi diamo a regioni più ricche in maniera ingiustificata».
Uno spreco assurdo, considerato che i centri siciliani non sono secondi a nessuno: «Basti pensare che a Palermo è nata la prima bambina d’Italia con la fecondazione in vitro e la prima coppia italiana che ha avuto la diagnosi genetica di reimpianto era catanese». Uno scandalo che peraltro era già stato denunciato dall’allora assessore alla Sanità, Massimo Russo, già nel piano sanitario 2011-2013.
 
Questo spreco di risorse va poi a braccetto con un’ulteriore “anomalia” della fecondazione in vitro in Sicilia: risale infatti al 26 ottobre del 2012 il decreto che definisce in Sicilia 6 centri (sui 36 autorizzati) accreditati a svolgere col Servizio sanitario le tecniche di fecondazione. «Il problema però – rileva il prof. Adolfo Allegra, direttore della clinica Andros (45 coppie in attesa dell’eterologa, numero in continuo aumento) – che il decreto non è stato tradotto in una fase operativa: i 6 centri, di conseguenza, non sono contrattualizzati perché non è stato mai promulgato il decreto attuativo e quindi le disposizioni alle Asp di competenza.
Non c’è dunque assegnazione di denaro, nonostante il decreto prevedesse il quantum di assegnazione per trattamento (si parla ovviamente dell’omologa): nello specifico 2.800 euro (sui 3.000-3.500 di “listino prezzi” medio) dei quali 1.000 a carico della coppia e 1.800 a carico del Servizio sanitario». Un aiuto importante per le coppie siciliane che invece hanno dovuto continuare a pagare (almeno quelle che se lo potevano permettere: e tutte le altre?) nel caso in cui, come avviene in circa il 90% dei casi (a causa delle lunghe liste d’attesa nel pubblico), abbiano deciso di rivolgersi a strutture private in Sicilia, anche quelle accreditate.
«Per questo chiediamo – sottolinea il prof. Allegra – che il governatore Crocetta e l’assessore Borsellino prendano in seria considerazione l’ipotesi di aiutare le coppie siciliane, dando la possibilità di effettuare la fecondazione in vitro col Ssr. La sterilità è infatti un problema grave, doloroso, una condizione di non salute psicologica per queste coppie che hanno dignità di essere aiutate come chiunque altro che abbia un problema di salute». E sono tante, se solo si pensa che in Sicilia ogni anno si eseguono circa 5.000 cicli di fecondazione omologa.
 
Certo, la Regione potrebbe, oltre che dal punto di vista economico (peraltro attuando risparmi consistenti), intervenire anche dal punto di vista normativo per quanto riguarda le linee guida, nelle more che queste vengano delineate a livello nazionale («Si sta già definendo il tavolo tecnico della conferenza StatoRegioni», sottolinea comunque il prof.
Allegra): «In ogni caso – ribadisce il direttore della Andros – a livello internazionale le linee guida ci sono già e a quelle ci atterremo. Sarebbe però opportuno e utile che i centri siciliani si muovessero in modo univoco rispetto alla metodologia, ad esempio con un modello di consenso informato che sia uguale per tutti.
Ci sono invece aspetti, come la possibilità del rimborso della giornata di lavoro per il donatore, che non sono nei poteri dei singoli centri, ma devono essere decisi a livello nazionale o, nella vacatio normativa centrale, anche regionale. Ma ci sono anche zone grigie da definire meglio: ad esempio, in caso di mancanza totale di spermatozoi o di uova, è ovvio che l’eterologa è l’unica possibilità. Ma c’è invece la zona grigia della donna quarantenne che le uova le ha, ha fatto tre tentativi e non è rimasta incinta: in questi casi, in tutti i Paesi del mondo viene proposta l’eterologa. È giusto che ci siano delle linee guida chiare in questi ambiti».
In ogni caso, l’1 settembre si parte: è infatti ormai chiaro a tutti che non c’è alcun vuoto normativo da colmare, dopo la sentenza della Consulta, la delibera della Regione Toscana e le due sentenze del Tribunale di Bologna.

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