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La mafia investe sullo slow food e incassa miliardi di fondi Ue

La mafia investe sullo slow food e incassa miliardi di fondi Ue

Dopo la crisi del mattone, le organizzazioni criminali hanno deciso di investire sulla produzione di cibo con cifre a nove zeri, che hanno fruttato a Cosa Nostra & Co già 14 miliardi in un anno

Di Lorenzo Attianese |

ROMA – Uova, farina e pistole: la mafia impugna la forchetta. E lievita miliardi di euro. Dopo la crisi del mattone, le organizzazioni criminali hanno deciso di investire sulla produzione di cibo con cifre a nove zeri, che hanno fruttato a Cosa Nostra & Co già 14 miliardi in un anno. La strategia è soddisfare le esigenze di tutti: dallo slow food alla contraffazione. Con un “contributo” dalla Ue, grazie al denaro riscosso dalle truffe sui fondi dall’Europa. In meno di due anni i finanziamenti illeciti ai danni dello Stato e dell’Unione sono più che triplicati e puntano a quadruplicarsi. Basti pensare che nell’ambito dei controlli mirati del Nucleo Antifrodi dei Carabinieri (Nac), il 70% dei finanziamenti sono irregolari. In un anno i soldi incassati sono 28 milioni. Denaro richiesto per progetti fantasma, cifre di produzione alterate, false intestazioni di titoli e terreni, a volte persino dello Stato. Il metodo è la «parcellizzazione»: per non destare sospetti, vengono chieste tante piccole somme al di sotto dei 150mila euro ognuna, una cifra sotto la quale la certificazione antimafia non è richiesta. Dietro c’è la regia dei clan e delle ‘ndrine, in Calabria soprattutto grazie alla corruzione di alcuni addetti ai controlli. Tra i truffatori individuati ci sono anche mogli di latitanti.   L’attenzione è anche rivolta ai piccoli gruppi di imprenditori della contraffazione. A Trapani c’è l’interesse di alcune famiglie sul mercato ittico e dell’ortofrutta dal Nord Africa ed etichettato come prodotto nazionale. I mercati più battuti in Europa sono Spagna, Grecia, Romania e Germania. E lo scorso anno solo i Nac hanno sequestrato 9mila tonnellate di prodotti contraffatti in Italia. Contraffazione ma anche infiltrazioni nella filiera, fino a triplicare i prezzi. Un esempio su tutti è il carico delle fragole che – secondo la decisione del “cartello delle mafie” – partiva dalla Sicilia e arrivava fino al mercato di Fondi per essere impacchettato, attraversando mezza Italia per poi tornare indietro ed essere nuovamente inviato a Milano. Questi giri possono portare a maggiorazioni fino al 200%. Tutti meccanismi del cosiddetto “Federalismo mafioso”: basta ricordare le indagini sul controllo dei grandi mercati argroalimentari di Fondi, Latina, Gela, Vittoria e le infiltrazioni a Milano, con l’alleanza di Casalesi, ‘ndrine e Cosa Nostra che si dividevano gli interessi nella filiera. Così come a Palermo e Trapani da tempo è stato accertato il coinvolgimento di appartenenti alla famiglia di Salvatore Riina in alcune società del settore, mentre il latitante Matteo Messina Denaro nutre interessi diretti nel controllo della catena di grandi supermercati in tutta Italia.   Ma stavolta c’è il rischio di un “Pork-gate”: nel nostro Paese arriva dalla Germania la carne di maiali allevati in strutture con 150mila capi ammassati in capannoni di finte coop. Dalle indagini si tratta di animali che si ammalano facilmente. Quella carne “a rischio” diventa Made in Italy e la colpa è della mancanza di regole chiare, che permettono di importare pesci o carne suina i quali, se stagionati in Italia, possono essere etichettati come un prodotto del nostro Paese. Ed ecco che i maiali allevati all’estero diventano prosciutto di Parma o bresaola della Valtellina.   “Pizza, mafia e slow food” è lo spot dell’altra faccia del mercato criminale, che ora guarda anche al lusso sulla tovaglia. La fogna, insomma, cerca di ripulirsi. «Mafia liquida, che come l’acqua torbida inquina tutto ciò con cui entra a contatto», come spiega il Procuratore Giancarlo Caselli, anche direttore scientifico dell’Osservatorio sulle agromafie della Coldiretti. «La grande mafia tenta di inserirsi nell’economia per imitare il modello Eataly», aggiunge Maurizio Delli Santi, comandante dei Nac. Tra gli esempi recenti, il sequestro di ristoranti di alta qualità nel palermitano, riconducibili ad Angelo Mannino, arrestato per mafia, i locali a Roma dei fratelli Righi, che nella Capitale avevano esportato il modello di pizza napoletana con vari marchi. Ma ci sono anche le inchieste giudiziarie sul re della mozzarella di bufala, Giuseppe Mandara. Gli occhi sono ora puntati sull’Expo 2015 di Milano, il cui tema sarà “Nutrire il pianeta”. «Il rischio di infiltrazioni c’è – spiega Caselli -. Ma abbiamo gli strumenti per fronteggiare l’agromafia». È l’ultima spiaggia. Dopo, per combatterla, non resterebbe che il digiuno.

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