Azzeccata e fortemente simbolica è stata la scelta di inserire un incontro per omaggiare lo storico direttore della “Gazzetta dello Sport”, Candidò Cannavò, in concomitanza con il debutto sulle scene al teatro Stabile di Catania dell’opera del giornalista e scrittore Gaetano Savatteri “La volata di Calò”, che narra la storia della formidabile ascesa al successo del costruttore agrigentino di biciclette Calogero Montante. Ed è proprio il ciclismo il filo conduttore che unisce questi due grandi siciliani. Candido Cannavò infatti fu un grande appassionato di questo sport e seppe sempre raccontarlo con grande maestria seguendo da giornalista e amatore innumerevoli Giri d’Italia.
Ma non solo di ciclismo e di sport era composto il “Mondo di Candido Cannavò”.
Dopo le acrobazie in bicicletta del campione di bike trial Vittorio Brumotti, in sella per l’occasione a una bici Montante, l’incontro si è aperto con le parole del direttore del teatro Stabile Nino Milazzo, ex vicedirettore del Corriere della Sera e grande amico di Cannavò. Nino Milazzo lo ricorda innanzitutto come uomo, ribadendo la sua umanità e il suo impegno di giornalista che andava al di là dello sport. E come emblema della sua personalità Nino Milazzo ricorda che «se oggi fosse qui con noi, avrebbe in una mano una matita e nell’altra un drappo con su scritto ‘Je suis Charlie’». All’incontro oltre all’amico Nino Milazzo, erano presenti altre persone care al giornalista, come la moglie Franca Roberto, ballerina e insegnante di danza spagnola alla Scala, che ancora con l’amore e l’affetto negli occhi ricorda Cannavò come “il mio lupo”, come lei amava chiamarlo per “i suoi occhi da lupacchiotto”.
Oltre a quello della moglie Franca un altro intervento toccante è stato quello dell’attore Pippo Pattavina che, ricordando che era uno “zio acquisito”, ricorda due momenti particolari della vita di Cannavò: la scoperta che il campione e amico Marco Pantani si dopava e la scomparsa di altro grande campione e amico, Giacinto Facchetti. I due episodi sono rievocati direttamente riprendendo le parole di Cannavò che, in due articoli, espresse con estrema maestria il dolore e lo sconforto di quei momenti, sia da giornalista sportivo sia da uomo e amico.
Candido Cannavò era un grande giornalista. Sapeva scrivere di tutto e su tutto e la sua curiosità intellettuale non si arrestava mai davanti a niente. A questo proposito significativo è l’aneddoto raccontato da Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta, che al suo fianco ha seguito moltissimi Giri d’Italia e Olimpiadi. In particolare, Bergonzi ricorda dell’Olimpiadi di Pechino nel 2008, quando, dopo una giornata a seguire le diverse gare, alle tre di notte Cannavò aveva ancora la forza di progettare di andare a Messa l’indomani mattina alle sei, spinto dalla curiosità di scoprire e vedere con i propri occhi come fosse organizzata l’unica chiesa cattolica di Pechino.
Hanno partecipato all’omaggio a Candido Cannavò anche il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, nipote di Calogero Montante, e il sindaco di Catania, Enzo Bianco, quest’ultimo promettendo l’intitolazione di una piazza o strada al giornalista catanese. Durante l’incontro sono stati proiettati inoltre filmati con interventi di Camilleri, del ciclista Francesco Moser e, per finire, dello showman siciliano Rosario Fiorello.
L’immagine di Cannavò che è emersa dalle parole di coloro che lo hanno conosciuto è quella di un uomo buono, autentico, non solo impegnato nel lavoro di giornalista ma anche nel sociale. Non è stato solo un direttore ma un vero e proprio personaggio mediatico conosciuto e amato al di là del giornalismo sportivo e il suo modo di fare giornalismo è tutt’oggi un mirabile esempio.