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Le inchieste del commisario Valenti: il boss in manette dopo il matrimonio

Le inchieste del commisario Valenti: il boss in manette dopo il matrimonio

Il commisario e il racconto dell’arresto del boss latitante da 12 anni

Di Mario Bruno |

Il commissario Valenti era a cena nella villa dell’amico Beppe Sanfilippo assieme a Salvo Cuscunà e Pippo Faro, tutti ex compagni di scuola e di una vita. Dopo le laute pietanze cucinate dalla gentile padrona di casa, i commensali decisero di comune accordo di centellinare un Calvados, chiedendo al poliziotto di esporre nei dettagli l’esito dell’ultimo caso risolto, un’inchiesta che aveva quantomeno del singolare. «Il boss Gaetano Currao», cominciò il commissario dopo aver bevuto un sorso di liquore e aspirato una boccata di Chesterfield, «era latitante da 12 anni. Gli stavo col fiato sul collo ininterrottamente, ma nulla da fare, in un modo o nell’altro riusciva sempre a sfuggirmi, benché si trovasse nascosto in città. Qualche giorno fa mi arriva una soffiata: «Currao si sposa in una chiesetta tra Picanello e Guardia Ognina, una chiesa appartata, per non dare giustamente nell’occhio». «A quel punto – prosegue il detective – decido di entrare in azione andando a guardare le pubblicazioni di alcune chiese. Lui avrebbe potuto chiedere di essere esonerato dall’esporle, ma è stato sempre un temerario e ha voluto rischiare. Così, in una delle chiese di quei quartieri, trovo quanto cercavo e, il giorno prestabilito, vado anch’io alla cerimonia, ma truccato e all’amico attore Enrico Pappalardo, che è molto bravo nel suo lavoro, mi faccio incollare al viso una barba posticcia; metto occhiali scuri e, nel tempio sacro, mi nasconderò dietro una colonna col bavero del giubbotto alzato. Faccio arrivare gli sposi entrando dopo di loro e ben attento a non farmi individuare da gregari del capoclan. «Inizia la cerimonia, con tanto di organo a canne e violini, Currao è sorridente e sereno, non sospetta nulla, c’è poca gente, è una funzione per intimi, nessuno si accorge della mia presenza perché i pochi invitati sono tutti seduti nelle prime panche. «Finalmente i novelli sposi pronunciano il fatidico sì scambiandosi fedi e bacio, e a quel punto intervengo io, sicuro che fuori gli ispettori Marchese, Gibilaro e De Luca affiancati da sette agenti siano pronti a dare il loro contributo in caso di imprevisti e necessità. Mi dirigo con un balzo verso l’altare, pistola in pugno e intimo: “Currao, sei in arresto per associazione di stampo mafioso e reati contro la persona e il patrimonio. Devi seguirmi in questura. Non opporre resistenza perché la chiesa è circondata”». «”Commissario”, risponde placido e col sangue freddo che i veri criminali sanno avere, “lei crede che faccia lo scalmanato proprio oggi e per di più in chiesa? Ecco i polsi”. «Lo ammanetto senza difficoltà e mi scappa di dirgli: mi dispiace che non potrai andare in luna di miele». «“Niente ci fa”, replica l’ex latitante, “anzi la ringrazio per avermi dato il tempo di sposarmi”». «Tempra da vero boss», «Un duro d’altri tempi» commentano gli amici di Valenti versandosi dell’altro Calvados. (consulenza legale dell’avv. Enzo Petralia)

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