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L’effetto placebo è durato un giorno

L’effetto placebo è durato un giorno

Di Domenico Tempio |

L’ottimismo l’altro giorno è sbarcato con Renzi. «Mi fido della Sicilia che non si arrende», ha detto nell’intervista concessa al nostro giornale. Già, qui è difficile arrendersi, allora come avremmo fatto a sbarcare il lunario? La vita la si inventa giorno dopo giorno. Sì, vi saranno delle sacche di malfattori, ce le trasciniamo da decenni, però non abbiamo smesso di «rimboccarci le maniche», come sostiene Renzi. Chi ci governa e ci ha governato, quelle maniche le ha rimboccate solo per allungare meglio mani per arraffare. Le circa tre ore che il premier ha trascorso a Catania gli saranno servite poco per capire la nostra realtà. Ha visto quel poco di meglio che la città offre. Il peggio lo ha tralasciato. Per ora il capo del governo, quando esce in strada, gli applausi, oltre a qualche protesta, li prende. Capitava anche a Berlusconi sedersi al bar e assaggiare una granita tra la folla curiosa, persino festante. Poi è finita come è finita. Cioè, niente. Renzi è giovane, simpatico, sfrontato, tanto da riuscire a comunicare quell’ottimismo di cui si diceva all’inizio. Per Catania, una città afflitta da acciacchi, è come un placebo. Il problema, però, non è solo la città etnea, anche se è alla ricerca di una «bellezza condivisa», che condivisa non è in quanto appannata, ma tutta la Sicilia. O, se allargando l’orizzonte, dato che parliamo del capo del governo nazionale, per guardare tutto il Paese. Ciò che sta succedendo in molte città italiane, rivolte e saccheggi nei quartieri, occupazioni di case, cortei sindacali dove gli antagonisti si infilano dentro distruggendo tutto quello che incontrano, non ha nulla di un paese civile. Anzi, a essere onesti, in confronto Catania vive con dignità la sua difficile quotidianità. Oggi tutto il Paese è in subbuglio. Alla disgregazione della classe politica corrisponde quella sociale. Ciò ha messo tutti contro. Renzi i suoi nemici più agguerriti li ha proprio nel suo partito. Tra i democratici c’è la sindrome del perdente. Prodi a suo tempo fu messo alla porta da un complotto di Palazzo tutto di sinistra, ora sono i Cuperlo, i Fassina, i Civati, con il patrocinio dei vari D’Alema, Bersani e Bindi, ad affrontare il loro capo a viso aperto (e questo fa onore), senza però capire dove vogliono andare. Quando invece per la sinistra o per la sinistra–centro che sia, questo sarebbe il momento ideale per affermare la sua governance. Gli avversari sono in difficoltà. Berlusconi perde pezzi, si muove come un allenatore di calcio (usiamo gli stessi termini calcistici del Cavaliere) la cui panchina è contestata. Non ha neanche la lucidità di scegliere il goleador che dovrebbe sostituirlo. Punta su Salvini, come ha fatto con Torres per il Milan. Cioè gli va buca. L’ultimo arrivato, Beppe Grillo, è in rotta. Tutto come previsto. Il suo spettacolo è alla fine e i suoi comprimari lo contestano perché c’è poca gente al botteghino. Persino Bologna, che lo aveva osannato nel suo primo spettacolo di piazza, alle Regionali gli ha voltato le spalle. Il cabarettista è “stanchino” e lascia ad altri il palcoscenico. Questa lotta tutta interna al Pd rischia di essere rinfocolata dall’imminente elezione del presidente della Repubblica. C’è una battuta ridicola detta da uno dei tanti cosiddetti democratici: il capo dello Stato non deve essere un renziano. Altro che super partes. Qui siamo alla parrocchia. Ci chiediamo: perché Renzi fa tanta paura a quelli che dovrebbero essere i suoi compagni? Non è mica un vaccino antinfluenzale del quale di questi tempi non ti puoi fidare? Diamogli il tempo di vedere che effetti avrà la cura, semmai, se l’ammalato Italia peggiora, solo allora si può pensare di sloggiare il premier da Palazzo Chigi. Tornando alla Sicilia, qui il vaccino c’entra poco, anche se qualcuno ci ha lasciato la pelle, c’entra come al solito il lavoro che non c’è. Abbiamo toccato il 21% di disoccupati, quando nel Paese la percentuale, pure in salita, è del 13,2%. Le iniezioni di ottimismo purtroppo fanno campare solo per una giornata. E non c’è vaccino che ti salva.

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