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Marina sventa sequestro di un peschereccio

Marina sventa sequestro di un peschereccio Liberato dall’ intervento degli «incursorsi»

Airone fa rotta verso Sicilia. La Libia: «Da Italia atto di pirateria»

Di Redazione |

Un blitz in alto mare della Marina italiana ha sventato il sequestro da parte di militari libici armati del peschereccio «Airone», della flotta di Mazara del Vallo, impegnato in una battuta di pesca del gambero rosso, a circa 90 chilometri a nord-ovest di Misurata, in acque internazionali ma che la Libia ritiene di sua esclusiva pertinenza. Un secondo peschereccio, anch’esso preso di mira, ha tagliato le reti ed è riuscito a fuggire durante le fasi concitate dell’intervento della Marina.

I militari hanno così tratto in salvo i sette componenti dell’equipaggio dell’Airone, tre italiani e quattro tunisini, uno dei quali è rimasto leggermente ferito durante il blitz. Fermato l’unico libico che era al bordo del motopesca, poi trasferito sulla nave della Marina. Per il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, il pronto intervento dell’unità navale «è un segnale che il presidio della Marina militare funziona». Soddisfatta anche Roberta Pinotti: «Quello che abbiamo messo in campo – dice il ministro della Difesa – è un dispositivo di sicurezza e laddove ci sono situazioni di pericolo siamo pronti ad intervenire».

Ma l’azione lampo italiana viene bollata come «atto di pirateria» da Ramadan al Moatiq, portavoce del comune di Misurata. Secondo il funzionario, quanto accaduto potrebbe compromettere i rapporti bilaterali italo-libici. Il sequestro è avvenuto intorno alle 3 della scorsa notte, quando il peschereccio è stato agganciato da un rimorchiatore con a bordo libici armati. Uno di loro è salito sul motopesca, minacciando l’equipaggio e sequestrando i documenti di bordo, mentre l’ordine sarebbe stato quello di virare verso il porto di Misurata. Ad assistere alla scena alcuni dei componenti degli equipaggi di una decina di pescherecci presenti in zona, che – racconta Vito Mazzarino, armatore dell’Airone – hanno lanciato l’sos. A raccoglierlo è stata la fregata Bergamini, l’unità della Marina impegnata nelle operazioni di sorveglianza e sicurezza marittima «Mare Sicuro».

Prima ha fatto decollare l’elicottero imbarcato, poi si è diretta sul posto a tutta velocità. Gli incursori della Marina hanno compiuto il blitz in pochi minuti, raggiungendo il peschereccio con un gommone veloce di neutralizzando il militare libico, che di fatto non si è accorto di niente. Lo Stato maggiore della Difesa riferisce che durante l’azione del team di abbordaggio dei militari italiani, un marittimo tunisino, membro dell’equipaggio, «nel cercare di facilitare la salita a bordo di uno degli operatori, ha maldestramente attivato l’arma del militare, causando l’esplosione accidentale di alcuni colpi». Alcune schegge hanno lievemente ferito al collo del piede il marittimo, trasportato poi sulla nave italiana. La vicenda sfocerà sicuramente in un’inchiesta giudiziaria la cui assegnazione è tuttavia ancora in ballo.

Poiché l’assalto al peschereccio è avvenuto in acque internazionali, la Procura competente a indagare sulla vicenda sarà infatti quella del primo luogo d’attracco dell’imbarcazione. Se l’Airone farà rientro domani al porto di Mazara del Vallo, come ha assicurato l’armatore Vito Mazzarino, allora sarà la Procura di Marsala guidata da Alberto Di Pisa ad occuparsi dell’indagine; nel caso in cui il motopesca farà prima scalo a Lampedusa, allora scatterà la competenza della Procura di Agrigento, retta da Renato Di Natale. «Spero che dopo quanto accaduto, il governo autorizzi la Marina militare a proteggere con le navi i pescherecci italiani che vanno in mare», è l’appello dell’armatore dell’Airone. «Corriamo rischi enormi quando andiamo in acque internazionali e l’instabilità di paesi come la Libia aumenta in modo esponenziali i pericoli», aggiunge.

Il blitz degli incursori della Marina Militare che hanno liberato il motopesca Airone, è stato rapido, e tutto sommato indolore. I militari hanno raggiunto il peschereccio sequestrato su un gommone veloce, senza che l’unico militare libico che si trovava a bordo si accorgesse di niente, poi l’hanno neutralizzato e preso il controllo dell’imbarcazione. La fregata Bergamini, l’unità della Marina che pattuglia il Canale di Sicilia nell’ambito di Mare Sicuro, l’operazione di sorveglianza e sicurezza marittima varata dal governo in seguito all’aggravarsi della crisi libica ha fatto decollare l’elicottero imbarcato sulla nave militare, che ha localizzato il peschereccio.

Nel frattempo la fregata è giunta sul posto, 90 chilometri a nord ovest di Misurata. «Una volta verificata l’esistenza delle necessarie condizioni di sicurezza – sottolinea lo Stato maggiore della Difesa – e dopo aver informato l’autorità giudiziaria, in stretto coordinamento con il comandante del peschereccio e in collegamento con il comando del dispositivo «Mare Sicuro», personale della Marina militare è intervenuto per acquisire il controllo del natante». Tutto è avvenuto nel giro di pochi minuti: il team è salito a bordo, ha neutralizzato il militare libico, che non ha opposto alcuna resistenza, e preso il controllo del peschereccio. Nel corso dell’abbordaggio si è registrato anche un incidente, fortunatamente dalle conseguenze non gravi.

Uno dei quattro marittimi tunisini, «nel cercare di facilitare la salita a bordo di uno degli operatori – spiega la Difesa – ha maldestramente attivato l’arma del militare, causando l’esplosione accidentale di alcuni colpi d’arma da fuoco». I proiettili fortunatamente non hanno colpito nessuno, ma delle schegge hanno lievemente ferito al collo del piede il marinaio tunisino, che è stato portato a bordo della fregata Bergamini. Qui è stato condotto anche il militare libico, trattenuto in attesa delle decisioni della magistratura.

Il comandante dell’Airone. «Ci hanno sequestrati… ». Dalla voce concitata del capitano, l’armatore Vito Mazzarino capisce subito che la situazione a bordo del motopesca «Airone» è drammatica. Alberto Figuccia, a capo dell’equipaggio, al telefono è sconvolto. Ma non ha il tempo di riferire più nulla, la linea satellitare cade subito. Sono ore di terrore per i marinai, tre siciliani e quattro tunisini, tenuti sotto tiro da un libico armato. Fino al blitz dei militari italiani, che neutralizzano il militare libico e prendono il controllo del motopesca. È solo a questo punto che la tensione scema. L’armatore riesce per qualche secondo a parlare nuovamente col capitano. «Il mio peschereccio si trovava in quella zona di mare assieme ad altre barche, una decina circa. A un certo punto è apparso il rimorchiatore, s’è affiancato al motopesca e uno o due uomini armati sono saliti, ed è scoppiato il caos». A dare la notizia a Vito Mazzarino del sequestro, avvenuto poco dopo le tre di notte, è stata la Capitaneria di porto.

L’imprenditore, che riferisce di non aver avuto contatti con altre autorità italiane, ricostruisce quei momenti di massimo allarme: «Stamattina ho ricevuto la telefonata della Capitaneria, hanno voluto i nomi dell’equipaggio, ho chiesto il motivo e mi è stato detto con estrema crudezza che l’Airone era stato sequestrato». Quindi aggiunge: «Ho cercato subito di mettermi in contatto col capitano, che mi ha fornito solo pochi elementi». «Non ho più avuto informazioni ufficiali – prosegue – la Capitaneria le chiedeva a me. Le uniche notizie che riuscivo ad avere mi arrivavano dalle altre barche che si trovavano in zona: c’è chi mi diceva che l’Airone sarebbe stato portato a Bengasi, chi a Misurata. Grazie a Dio e a Padre Pio è intervenuta la Marina italiana e l’equipaggio è salvo».

L’Airone era salpato da Mazara del Vallo cinque giorni fa per la pesca del gambero rosso. «Stava andando tutto bene, poi questa tragedia», continua l’armatore. Che fa già la conta dei danni. «È ovvio che dopo quanto accaduto, il peschereccio rientrerà a Mazara del Vallo, dove arriverà probabilmente non prima di domani pomeriggio – afferma – Il danno economico è notevole, mettere la barca in mare costa circa 50 mila euro e non so quali siano i danni all’attrezzatura, tra reti e cavi in acciaio, che vale altri 40 mila euro». «Il comparto è in forte crisi», si lamenta. «Un tempo a Mazara c’erano 400 barche, ora sono una novantina e non c’è armatore che non sia in difficoltà economiche. Spero che dopo quanto accaduto, il governo autorizzi la Marina militare a proteggere con le sue navi i pescherecci italiani che vanno in mare. Corriamo rischi enormi quando andiamo in acque internazionali e l’instabilità di paesi come la Libia aumenta in modo esponenziale i pericoli».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA