Educatore instancabile e sacerdote esemplare, Don Pino Puglisi, dal 1990 parroco a Brancaccio, quartiere di Palermo, dedica la sua attività sacerdotale ai giovani, impegnandosi a sottrarli dalla strada e dalla criminalità.
La sua missione è un modello concreto di connubio tra messaggio evangelico e vita cittadina, tra valori religiosi e valori civili della giustizia e della legalità, nonché testimonianza viva di lotta alla malavita organizzata. Padre Puglisi mostra che la battaglia più grande contro la mafia si combatte per le vie dei quartieri dove l’assenza di speranza condanna i più piccoli a un’esistenza priva di bellezza e di libertà di sognare.
Con il suo impegno diventa un faro per ragazze e ragazzi che, grazie a lui, recuperano nella Fede la possibilità di un presente e di un futuro diversi. Per queste ragioni viene ucciso da Cosa Nostra il 15 settembre 1993, nel giorno del suo 56esimo compleanno: è il primo martire della Chiesa ucciso dalla mafia.
Fino a quel momento i giornali non si erano quasi mai occupati di lui: non sbandierava con interviste o marce la sua antimafia. Ma dopo l’agguato mafioso, apparve a tutti evidente che il lavoro educativo svolto dal parroco di Brancaccio era la più grande minaccia alla mafia e una grande opportunità per i ragazzi delle periferie.
Per il suo instancabile impegno a testimoniare il Vangelo nelle periferie fino al dono della vita il 25 maggio 2013 viene proclamato beato. Nel 2014 lo scrittore Alessandro D’Avenia dedica al sacerdote-docente conosciuto durante il liceo il libro “Ciò che inferno non è”, consacrando anche alla letteratura la testimonianza di Don Pino Puglisi.
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