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Ritorna alla luce il vero ingresso alle terme romane

Di Pinella Leocata |

Un punto di vista differente sulla Rotonda. Il recente scavo archeologico ha svelato l’ingresso originario all’edificio termale di epoca romana tardo imperiale, sul lato Nord dove si sviluppava la Catania greca e poi romana. Di qui l’importanza di indagare il legame del monumento con il tessuto sociale della città di allora.

Lo scavo – ideato, progettato e diretto dall’arch. Giovanna Buda, studiosa di edifici paleocristiani e medievali – è stato finanziato con i fondi europei del Por-Fesr 2007-2013, circa 800.000 euro, nell’ambito del più ampio progetto relativo anche al più recente intervento sul teatro greco-romano. E ha avuto come presupposto l’esproprio e la demolizione delle case, quasi tutte ridotte a ruderi, che ricoprivano l’area soffocando il monumento. Si tratta di dieci unità abitative, due delle quali abitate, i cui proprietari hanno accettato la cessione volontaria, dietro indennizzo al prezzo di mercato, accelerando così l’iter dei lavori che sono iniziati nel 2013 per concludersi due anni dopo. Questi palazzetti ottocenteschi erano stati colpiti e devastati dalle bombe del 1943 e le parti aggettanti, ormai pericolose, già allora erano state rimosse a tutela della pubblica incolumità.

L’intervento è cominciato con la demolizione di questi ruderi su via Gesuiti e via della Mecca, assi di cui sono state ricostituite le quinte stradali in modo da mantenere la memoria dell’isolato nell’ottica di dare a questo intervento una valenza non solo archeologica, ma anche di riqualificazione urbana. La progettista era consapevole, anche grazie alle foto aeree, che a ridosso della Rotonda doveva esserci una corte, ma lo scavo ha riservato delle sorprese portando alla luce una parte importante del tessuto urbano e della storia della città antica.

E’ emersa una grande cisterna di epoca romana a servizio delle terme e della città. Era interrata su tre lati, mentre il quarto, quello di fronte alle terme, nella parte esterna era decorato con tre esedre, due delle quali riemerse, probabili fontane d’acqua decorate con statue. Altre esedre dovevano arricchire, a merletto, tutta la corte quadrata dalla quale, attraverso un grande arco, si accedeva all’edificio termale. Arco poi inglobato e chiuso in un’abside quando l’edificio romano fu trasformato in chiesa bizantina. L’arco romano è stato ritrovato e, parzialmente anche le strutture dell’abside che la progettista ha scelto di ricostituire integralmente – rendendo riconoscibile l’intervento fatto – per non alterare l’immagine dell’interno della chiesa e la luce, diffusa e in penombra, che la caratterizza.

Lo scavo ha messo in evidenza anche che le due esedre tutt’ora visibili furono sfondate in epoca bizantina per consentire l’accesso a quella che era diventata una chiesa. Ha rivelato che sotto il pavimento a basolato lavico di epoca medievale è conservato quello a coccio pesto romano, e che su un pilastro laterale poggiava un grande arco da cui, attraverso una scala, rimaneggiata in epoca bizantina, si accedeva alla corte che portava all’edificio romano, e poi alla chiesa. Non solo. Sono state rinvenute tracce di un importante crollo, databile intorno al 370 d.C: un terremoto che danneggiò l’impianto termale costruito tra il I e il II secolo d.C. Circostanza che fa ipotizzare che un nuovo edificio sia stato ricostruito sulle fondamenta del primo. Che tipo di costruzione era? Qui le ipotesi si diversificano. Secondo l’arch. Buda potrebbe essere stato sia un nuovo impianto termale, ad un livello più alto di quello precedente, ed esteso verso il lato Est nell’area dove oggi sorgono altre costruzioni ottocentesche, oppure – ed è questa l’ipotesi verso cui inclina – potrebbe essere stato un ninfeo, cioè una fontana monumentale chiusa, uno spazio per giochi d’acqua, sorta di tempio dedicato alla ninfe. Poi, nel 580, la trasformazione in chiesa da parte dei bizantini che, con Giustiniano, nel 540, avevano riconquistato la terra sottraendola ai Vandali.

Nel corso dell’intervento, in uno degli immobili espropriati, è stato recuperato un piano destinato a diventare, in futuro, un antiquarium dove sarebbe auspicabile venissero esposti anche gli arredi sacri della Rotonda, ora conservati a Castello Ursino. Altri spazi, poi, sono stati dedicati alla presentazione del monumento, sia attraverso grandi pannelli a parete che raccontano per immagini come è stata vista la Rotonda nel tempo, sia grazie ad un video che narra la storia del monumento anche attraverso i reperti portati alla luce durante le varie campagne di scavo, dalla prima – molto contestata – condotta da Libertini, a quella portata avanti tra il 2004 e il 2008 dall’archeologa Maria Grazia Branciforti, fino a quella conclusa un anno addietro dall’arch. Buda. Eppure, per decisione della precedente direzione, da allora il monumento è rimasto chiuso al pubblico. Una situazione che la nuova direttrice del parco archeologico, ora Polo museale, Maria Costanza Lentini ha subito sbloccato al suo insediamento. E di questo l’arch. Buda e la città tutta le è grata nella speranza che, infine, l’affascinante Rotonda, ora arricchita di nuove parti e di ulteriori acquisizioni storiche, rimanga aperta al pubblico.

Oggi l’inaugurazione

Oggi alle 16,30, a cura del Polo Regionale di Catania e dell’Università, verrà presentato il volume “Catania Antica nuove prospettive di ricerca”, a cura di Fabrizio Nicoletti, sulle scoperte archeologiche e storiche relative allo scavo dell’area Nord della Rotonda. Poi, alle 20, si terrà l’inaugurazione del nuovo percorso del monumento. Introduce la progettista e direttrice dei lavori, Giovanna Buda. Ad accogliere e a guidare i visitatori saranno gli studenti del liceo “Lombardo Radice” e un concerto per arpa di Ginevra Gilli. Presentano il volume: Claudia Guastella, presidente del corso di laurea magistrale in Storia dell’Arte nell’ateneo di Catania; Pietro Giovanni Guzzo, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei; Rosalba Panvini, soprintendente Siracusa ; Thomas Schafer, docente dell’Università Tubingen.

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