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Sanità Sicilia, lo scontro fra colossi e le trame della politica: i buchi neri di un business da 100 milioni

Di Mario Barresi |

Catania – Lo strano caso dell’Humanitas non è soltanto uno scontro fra i colossi della sanità privata siciliana, con decine di milioni di euro in palio. C’è il valore della salute dei cittadini, sul delicatissimo filo fra la qualità del servizio pubblico e gli affari degli imprenditori del settore. Ma c’è soprattutto la politica. Quella del passato, con le porte girevoli di maggioranze costruite in laboratorio e con qualche scheletro in armadi impolverati. E quella del presente, con un piede e mezzo nel futuro, fra erculei scontri pubblici e raffinate trame nascoste.

La prima suggestione – la più immediata, ma non per questo la più corretta – riguarda il legame familiare che c’è fra Humanitas e uno dei protagonisti della politica siciliana: Luca Sammartino. Il deputato regionale di Italia Viva è figlio della direttrice sanitaria Annunziata Sciacca, il cui fratello, Giuseppe Sciacca, è amministratore delegato dell’Humanitas catanese. Sammartino, nella lunga carriera (a dispetto dei 35 anni d’età) all’Ars non ha mai lasciato tracce di conflitto d’interessi. Nella sua prima campagna elettorale per le Regionali del 2012, però, da candidato con l’Udc, viene sfiorato da una denuncia sui social di una paziente dell’Humanitas. «Il professore la invita a votare per l’onorevole Sammartino», il presunto contenuto di una chiamata ricevuta da un dipendente del centro oncologico. «Dalla struttura non è partita alcuna telefonata elettorale», rassicura Sciacca annunciando «un’indagine interna per verificare». Anche la paziente si dice pronta a presentare denuncia. Ma il caso finisce qui. Sammartino viene eletto nel 2012 e rieletto, da “Mr. 32mila preferenze”, cinque anni dopo col Pd. Finisce sotto inchiesta con l’ipotesi di corruzione elettorale nelle stesse Regionali 2017 e nelle Politiche 2018 in cui è in lizza la compagna Valeria Sudano (stralciata dall’indagine): voti in cambio di posti, la tesi dei pm di Catania. Ma, fra i tanti episodi contestati ai 13 indagati, alcuni in contesto sanitario, nessuno riguarda Humanitas. L’accusa parte dal contenuto dello smartphone di Sammartino, sequestrato a febbraio 2018 nell’ambito di una precedente indagine (per lui archiviata) su irregolarità nel voto in una casa di riposo etnea. La “scatola nera” raccolta dalla Digos, è finita «in un file pdf di circa 74.500 pagine, comprendenti circa 390.000 messaggi di diversa tipologia», fra cui «4.102 chat Whatsapp». L’inchiesta è in corso.

Ma la storia del tormentato “trasloco” di Humanitas da Catania a Misterbianco comincia prima dell’ingresso di Sammartino in politica. Il procedimento parte il 29 giugno 2012, con l’approvazione «in linea tecnico-sanitaria» del progetto di una struttura con 184 posti, di cui 96 di attività libero-professionale. Ma l’allora governatore Raffaele Lombardo rinnega con La Sicilia la paternità dell’atto: «Con l’assessore alla Sanità (Massimo Russo, ndr) incontrammo a Palazzo Esa il responsabile di Humanitas, Colombo. Sia il preside di Medicina dell’epoca, Basile, sia i manager degli ospedali catanesi espressero contrarietà. Non se ne fece nulla. La cosa per me finì lì». Un testimone oculare di quell’incontro rammenta «uno scontro furibondo fra Lombardo e la direttrice Sciacca», lasciata fuori dalla porta dal governatore. Nel luglio 2012 il consiglio comunale di Misterbianco approva all’unanimità il cambio di destinazione d’uso dei terreni: da agricolo a zona costruttiva specifica. Anche a seguito di alcuni esposti, la Procura di Catania, guidata da Giovanni Salvi, apre un’inchiesta. Che non sortisce alcun esito. Il 16 ottobre Humanitas ottiene la concessione edilizia.

E a questo punto irrompe il governo di Rosario Crocetta. Siamo nel 2013. Viene firmato un accordo in cui la Regione s’impegna a convertire 70 posti (rispetto ai 96 assegnati) da libero-professionali a pubblici convenzionati, ottenendo un’ulteriore quota di budget «entro il limite di 10 milioni di euro per anno» alle tariffe di sette anni fa. L’accordo viene “apprezzato” con la delibera di giunta 238 del 2 luglio 2013. Ricorda un assessore dell’epoca: «Prima della seduta non ricevemmo alcuna proposta di delibera con gli atti allegati. Ma con Crocetta le delibere last minute non erano rare…». Ma quella che viene approvata non è una delibera qualunque. Anche perché tira in ballo l’assessora alla Salute dell’epoca, Lucia Borsellino. La descrivono come «molto tormentata» in quei frangenti. E quel sentimento lascia traccia: in una “riservata”, indirizzata a Crocetta, in cui, definendo «non congruo» l’accordo Regione-Humanitas, si accennerebbe a una riunione, poco prima della giunta. La nota ha un numero di protocollo in uscita dall’assessorato, ma non risulta essere arrivata in Presidenza.

Sono i tempi di Patrizia Monterosso sacerdotessa di Palazzo d’Orléans, presidiato dal “senatore della porta accanto”, Beppe Lumia, tessitore nel 2013 di un accordo che blinda la maggioranza ballerina di Crocetta. Quello con il compianto Lino Leanza, che forma il gruppo di Articolo 4, con sei deputati fra cui Sammartino e Sudano. L’unico a esporsi contro la delibera sull’Humanitas è il leader dell’Udc, Gianpiero D’Alia. Che minaccia l’uscita dalla maggioranza, richiamando il governatore alla proclamata «lotta a tutti i conflitti d’interesse e alle promiscuità tra politica e affari». Il governo Crocetta revoca sia l’accordo (a ottobre 2013), sia la delibera (a novembre). L’Humanitas impugna gli atti al Tar di Palermo, che li annulla con sentenza 3424/2014: ammette che l’accordo fra Regione e Humanitas è «vincolante», ma la revoca è illegittima per «violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento». La Regione non scrive a Humanitas. Si favoleggia della complicità di qualche “manina” nel Palazzo. E c’è chi esplicita i sospetti: «Errori marchiani, incredibili», denuncia D’Alia. Che parla con i pm di Palermo, in un’inchiesta sulla vicenda coordinata dall’aggiunto Dino Petralia, oggi a capo del Dap. Nessun esito giudiziario. Quello politico è che il “ribelle” D’Alia, ministro nel governo Letta, non verrà riconfermato. E sono in molti a pensare che la bocciatura abbia, fra i mandanti occulti, anche ambienti legati ad Assolombarda e Confindustria Sicilia.

Crocetta non ricorre al Cga. Basandosi su un parere dell’Avvocatura, del 30 aprile 2015, piuttosto singolare. Perché motivato sulle «dichiarazioni di condivisione della decisione del Tar rese alla stampa dal Presidente della Regione» (sic!, ndr), oltre che sull’«elevato rischio costituito da un eventuale appello incidentale di controparte sul capo che ha rigettato le sue ingenti richieste risarcitorie». Siamo ai nostri giorni. Il cantiere di contrada Cubba (posa della prima pietra ad aprile 2018) diventa una splendida realtà. E il 6 aprile scorso, in piena emergenza Covid, l’Humanitas perfeziona il trasferimento nell’agognata nuova sede. Ma l’assessorato alla Salute, dopo il via libera con decreto del 25 marzo scorso, mette in mora Humanitas, annunciando l’avvio dell’iter di revoca, il 13 maggio. Poco prima, il 29 aprile, all’Ars va in scena il durissimo scontro sul voto segreto fra Sammartino e il governatore Nello Musumeci, che evoca «ben altri Palazzi» per il deputato di Italia Viva. La maliziosissima coincidenza è però in parte stridente con il «lungo e disteso colloquio telefonico» che Ruggero Razza avrebbe avuto qualche giorno fa con i vertici nazionali di Humanitas. L’assessore alla Salute dribbla la vicenda: «È una questione amministrativa», smozzica. Ma sa di giocare una partita delicatissima. Humanitas è una potenza della sanità privata, prima ancora che un freno oggettivo ai viaggi della speranza dei malati oncologici siciliani. Ha investito 100 milioni sulla nuova struttura di Misterbianco, sorta proprio attorno a quei posti convenzionati col servizio pubblico (e dunque pagati dai cittadini). E ora l’idea di un contenzioso giudiziario a moltissimi zeri può spaventare persino il giovane e valoroso pretoriano di Musumeci.

Twitter: @MarioBarresi

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