Sant’Agata, irriducibili e turisti nello “scrigno” della Patrona di Catania

Di Redazione / 11 Agosto 2017
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Catania – Il termometro della farmacia in piazza Duomo segna i 35° all’ombra, ma per i catanesi che si sono messi in fila per entrare nella “cammaredda” di S. Agata, in cattedrale, la prospettiva di quei sessanta secondi in compagnia – si fa per dire – di Sant’Agata, vale quanto un’ora di refrigerio al Polo Nord. Certo, non siamo ai livelli della coda di gennaio, quando il serpentone di gente curiosa di vedere per la prima volta il sacello di Sant’Agata, popolarmente chiamato “cammaredda”, girava tutt’intorno alla Cattedrale e si snodava anche su piazza Duomo. Il periodo a ridosso di ferragosto e le temperature hanno inciso, ovviamente, sull’affluenza, ma il riscontro, comunque, c’è stato.


C’è da dire, però, che rispetto alla prima apertura, i visitatori sono stati più eterogenei. Non solo catanesi con famiglie al seguito, ma tanti turisti che non sapevano di essere capitati per caso nel giorno di un’apertura speciale. «In effetti la storia di Sant’Agata non la conosciamo – ammette Fulvio Fullone di Colmurano, in provincia di Macerata in vacanza con la moglie Milena e i due figli – abbiamo fatto un tour per tutta la Sicilia che si completava a Catania, abbiamo scelto di restare tre giorni qui prima di ripartire e, per caso, ci siamo accorti che visitando la cattedrale c’era questa opportunità. Si vede che i catanesi ci tengono alla loro Santa. Il patrono di Colmurano? San Donato, l’abbiamo festeggiato il 7 agosto, ma siamo un paesino di mille abitanti e non arriviamo di certo a questi numeri».


«E’ tutta storia, architettura. Da catanesi non c’eravamo mai stati – dichiarano Carmelo Valenti e Matilde La Ferla – la devozione nasce spontanea. Quando uno entra, si commuove, pensa, chiede. Da catanesi non possiamo non avere la fede per S. Agata. Il momento più bello della festa del 5 febbraio? Quando la incontriamo. Uno la vede e si ritrova as chiederle sempre qualcosa». Dalla Cina, dove s’è trasferito undici anni fa con la famiglia, Giuseppe Di Bella, che lavora alla St Microelectronics, è tornato ieri sui suoi passi di devoto. «Da undici anni non entravo lì – dice con malcelata emozione, accompagnato da moglie e figli -. Ho riprovato le stesse emozioni di 11 anni fa quando partecipavo indossando il sacco. Dalla Cina non è facile seguire la festa del 5 febbraio, anche perchè il web non è libero e ci sono spesso interruzioni, ma la devozione rimane comunque. Io il sacco me lo porto dentro il cuore». «Quando siamo andati via mio figlio aveva appena un anno – ricorda la moglie – e oggi entrambi i miei figli hanno avuto la possibilità di vedere il sacello. Io mi sono emozionata parecchio».
«Io da catanese non l’avevo mai vista – confessa Gioacchino Rossiglione in visita con moglie e figli – ed essendo devoto è qualcosa che tocca veramente. L’attesa c’è sempre, ma è propio questa che crea un certo pathos. Mi piacerebbe che venisse aperta più spesso, saltuariamente, magari in periodi diversi, anche per attirare un po’ di turismo. Gioacchino Rossiglione. «Di devozione ne ho vista abbastanza – afferma la moglie, Rossana Galanti, originaria di Gela – ma come quella dei catanesi mai – noi abbiamo la Madonna dell’Alemanna , ma è molto più sentita la Madonna delle Grazie, il 2 luglio».


Anche il sindaco Enzo Bianco, ha visitato il sacello. intorno alle 20, con il presidente del Comitato per i festeggiamenti agatini Francesco Marano, il presidente onorario del Comitato, Luigi Maina, ricevuti dal parroco della cattedrale Barbaro Scionti.
Per il sindaco, l’emozione si condensa nel suono della chiave che gira nella toppa e apre la “cammaredda” all’alba del 4 febbraio. «Aspettavo questo momento da trent’anni – dice un altro devoto con famiglia al seguito – e per uno che indossa il sacco come me è stata un’attesa troppo lunga, ma è stata ripagata. Non vederla e saperla, però, così vicina è stato emozionante».


«E’ sempre la stessa emozione e non si può neanche raccontare – confessa -. Il momento più intenso per me è proprio quello: quando si sente quel clack della chiave nel silenzio assoluto e, poi, l’urlo dei devoti e il mare di fazzoletti bianchi appena Sant’Agata viene portata fuori dal sacello. L’affluenza questa volta è stata inferiore, com’era prevedibile perché molti sono in vacanza, ma a me sembra comunque una buona opportunità quella di aprire al pubblico la “cammaredda” che è stata sempre circondata dal mistero. E poi è di una bellezza straordinaria, io stesso che l’ho aperta tante volte concentrato com’ero su S. Agata non mi ero mai soffermato a guardare i meravigliosi affreschi che ci sono. Comunque lo rifaremo, cattedrale e curia hanno accolto questa nostra richiesta e ci saranno altre aperture».

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