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Turismo: gli stati generali L’elogio della lentezza e l’incubo dell’isolitudine

Di Mario Barresi |

Taormina (Messina) – «È in partenza dal binario uno il treno storico istituzionale delle quindici e trenta per Taormina». In carrozza. Altri 30 secondi di ritardo e partiva.

Sospiro. Di sollievo. Perché – fra referendum e altre amene catastrofi – chissà quando sarebbe ripassato. Il prossimo “treno isituzionale”.

Se il viaggio è una metafora – direbbe Marzullo – farlo in treno è di più. Un’allegoria.

Da Catania a Taormina. Con biglietto (virtuale) di sola andata. Quello reale, i turisti lo pagano 14 euro; prezzo onesto per andare e tornare.

A bordo del “Treno del Mito”, assieme al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, che l’assessore regionale Anthony Barbagallo accompagna agli Stati generali del turismo a Taormina.

Il viaggio in treno – su questo treno – come metafora e come allegoria. Di un’Isola slow adorata dai turisti. Lasciando i siciliani – che devono usare i trasporti non per piacere, ma per necessità – nel dramma dell’isolutidine.

«Siamo la Regione che ha investito di più sul turismo sostenibile, con ben 600 mila euro sui treni storici, 150mila euro, con un tasso di riempimento di oltre il 90%», certifica Barbagallo. Che annuncia il prossimo degli itinerari storici su rotaie: «Sarà il treno del cioccolato da Caltanissetta a Modica». Un funzionario siciliano delle Fs gli si avvicina e sommessamente chiede all’assessore: «Ma quei problemucci sono stati risolti?». E lui: «Pacta sunt servanda: si fa». Clamorosamente smentito Forrest Gump. Che diceva: «La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!».

VIDEO MINISTRO FRANCESCHINI

VIDEO ASSESSORE BARBAGALLO

Il sole rifà capolino, fra Giarre e Acireale è tempo di ricordi. Il ministro Franceschini ci racconta la sua Sicilia kerouacchiana: «L’Isola la girai tutta con un pulmino Volkswagen di quelli con il vetro spezzato. Era la fine degli anni 70, è passato molto tempo. Purtroppo…». Giuseppe Lupo, vicepresidente dell’Ars e grande capo dell’Area Dem in Sicilia, rimembra il suo primo viaggio in treno, «un Palermo-Milano di 23 ore con cuccetta», e quello dell’anima, «un Palermo-Roma in seconda classe con posto a sedere, nelle vacanze di Pasqua». Era il 1982, «pochi giorni prima che uccidessero Pio La Torre». Enzo Bianco risale minacciosamente quasi fino al Dopoguerra: «Era il 1954, quando presi il mio primo treno: da Vizzini a Torino. Non era ancora nemmeno nato mio fratello Arturo…». Ma il sindaco di Catania, con un balzo straordinario, va subito al punto. Dolente. «Impiegai ventiquattr’ore, senza mai scendere dal vagone. Lo stesso tempo che si impiega oggi, ma scendendo a Messina e a Roma». L’assessore Barbagallo impallidisce. E non è soltanto per il mal di treno: «Anche agli Stati generali abbiamo posto il tema delle infrastrutture. Quasi tutti i treni, oggi, da Villa San Giovanni a Messina non traghettano più. Una grande sconfitta, siamo tornati indietro di decenni». Un altro uomo di Fs in divisa, sommessamente, fa notare che «ci sono ancora 5-6 convogli al giorno, gli Intercity, con i quali si sale sul traghetto». Pochi. Barbagallo incalza: «Urge l’alta velocità in Sicilia, una corsia preferenziale sulla Roma-Palermo».

All’altezza di Mascali siamo davvero al cuore del problema. Ma perché qui ci si può gustare la meravigliosa lentezza del Treno del mito con le lampade d’epoca e giammai l’avveniristica velocità del Frecciarossa col wi-fi a bordo? «Sono due cose completamente diverse», precisa il ministro Franceschini. Una è «il patrimonio incredibile di linee ferroviarie panoramiche che attraversano bellezze straordinarie, con binari lenti o con le carrozze storiche». L’altra è che «servono infrastrutture ed è necessario portare l’alta velocità in Sicilia. Quella vera. Ci vorranno dieci anni, forse venti. Non importa. E a quel punto il Ponte è un’inevitabile conseguenza di portare l’alta velocità a Palermo e a Catania». Proprio mentre finisce di dirlo, attraversiamo il tratto di rotaie fra Fiumefreddo e Giardini, venerdì sera interrotto a causa del nubifragio. Lo sguardo va oltre la collina. Ma non arriva a Letojanni, dove c’è frana che da un anno – e chissà per quanti altri ancora – invade l’A18.

Tour guidato del treno. Una meraviglia. Un “Centoporte” (chiamato così per i tanti sportelli su ogni fiancata) degli Anni 30, tirato a lucido, valorizzando vecchi materiali e dettagli storici. C’è anche lo scomparto dove viaggiava la posta riservata. «Il Dhl del Novecento», lo definisce con efficacia Luigi Cantamessa, il direttore generale della Fondazione Fs. Quattro ambienti a salone, sedili in legno e riscaldamento a vapore. Queste carrozze furono costruite per la prima volta nel 1928 per destinarle ai pendolari della terza classe. Più di mezzo secolo di onorato servizio, fino agli Anni 80. Se, oltre a essere bello, fosse soltanto vecchio, ci ricorderebbe i treni su cui viaggiano oggi i pendolari siciliani.

Quasi a destinazione. Un’ultima domanda al ministro. Ma perché tutte le innovazioni sui beni culturali devono valere da Aosta a Reggio Calabria e non nella repubblica autonoma delle banane sicule? Più che il Ponte, ci vorrebbe un atto di coraggio: restituire i nostri tesori allo Stato. «Se si dovesse decidere, oggi, di trasferire la proprietà di tutti i beni culturali alla Regione Siciliana – risponde con franchezza Franceschini – forse non si farebbe più. Ma è così. E dobbiamo comportarci di conseguenza. Magari bisogna costruire forme di collaborazione. Io sono ben disponibile…».

Dal finestrino uno squarcio sui palazzi abusivi della costiera jonica. Ed è subito Taormina. Foto, telecamere, interviste, inaugurazione della sala di attesa di prima classe della stazione, restaurata e trasformata in una chicca del liberty siciliano. E poi via. Tutti agli Stati generali per l’attesa chiusura col ministro Franceschini e l’assessore Barbagallo.

Dalle 14,30 alle 15,10. Fine del viaggio. Breve e commovente. È giusto bearsi di una Sicilia “lenta” per i turisti senza ambire a una “veloce” per i suoi cittadini? Poco tempo, per risolvere il giallo dell’Isola isolata. Del resto era il “Centoporte”. E non l’“Orient Express”. L’omicidio dei nostri trasporti? Una coltellata a testa, come in Agatha Christie. Tutti colpevoli. Quindi: nessun colpevole. Citofonare Poirot. Ma dopo il referendum.

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