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Vittoria tra mafia, affari e ortofrutta

Vittoria tra mafia, affari e ortofrutta Ecco la mappa del potere criminale

Ma al mercato si difendono: «Qui nessuna ombra» / IL REPORTAGE

Di Mario Barresi |

Vittoria. L’«occupazione» silenziosa riguarda non soltanto interi pezzi del mercato ortofrutticolo, ma soprattutto quell’enorma zona grigia attorno all’indotto della struttura di Vittoria. La denuncia del senatore Beppe Lumia sembra un “abecedario” di mafia: nomi, aziende, settori di interesse, reati e collegamenti. Il componente della commissione Antimafia, nell’interrogazione al ministro dell’Interno Angelino Alfano, presenta anche la mappa (in parte anticipata dalle inchieste di laspia. it) di quello che definisce «un oligopolio illecito che regge sulla minaccia e sull’intimidazione tipicamente mafiosa».

Zoom di Lumia sul «settore della raccolta e del riciclaggio della plastica» che «ha “stuzzicato” gli appetiti di soggetti contigui e affiliati ai clan». Per il parlamentare del Pd «sarebbero state addirittura pianificate riunioni, tra diverse fazioni criminali, per accaparrarsi il business della raccolta della plastica dismessa, prelevata con metodi intimidatori dai serricoltori della fascia trasformata di Vittoria e Gela». E a questo punto si arriva ai riferimenti specifici.

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«A Vittoria sarebbero rimaste “sulla piazza” due imprese, che si contendono il mercato, e che sono rifornite da soggetti, anche gelesi, che spesso utilizzano metodi mafiosi nella raccolta e nei trasporti». Una di queste imprese sarebbe «di proprietà di tale Raffaele Donzelli (soggetto con pregiudizi penali), il cui padre Giovanni (condannato per il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale operazione “Piazza pulita”) è da sempre persona di riferimento per il clan Dominante». L’altra, riferisce Lumia «è di Pino Gueli, imprenditore che si avvarrebbe dei servigi mafiosi del parente omonimo Pino Gueli, già incriminato del 416-bis e scarcerato da poco».

Donzelli e Pino Gueli «sono entrati in conflitto, dopo essere stati uniti per ragioni commerciali facendo cartello e stabilendo di comune accordo il prezzo di acquisto della plastica da imporre sul mercato»; a settembre 2014 «è stato incendiato il magazzino di imballaggi per l’ortofrutta di Giombattista Puccio, pregiudicato, già 416-bis, anch’egli scarcerato e messosi subito in affari nella fornitura di cassette in plastica e addobbi per il confezionamento», scrive il senatore. Puccio «nella sua attività sarebbe entrato in contrasto con Greco “Elio” Emanuele, gestore di fatto della “Vittoria Pack Srl” – intestata alla moglie Salerno Concetta, che si occupa di realizzare imballaggi per il settore ortofrutticolo». Per il componente dell’Antimafia nazionale è «da non sottovalutare altresì la “crescita” di alcuni soggetti pregiudicati (di spessore medio alto) ».

Citazioni per Vincenzo Di Pietro inteso “Enzu u mastru”, «che commercia cassette in legno in concorrenza con Giovanni Greco (fratello di Elio sopra nominato) »; si segnalano ancora Gionbattista Ventura (già segnalato per 416-bis), Marco Papa e Francesco Giliberto, «operanti nel settore degli imballaggi». Ventura, in particolare, ricorda Lumia «ha due nipoti che operano sempre nel settore degli imballaggi, Jerry e Angelo, inteso “Elvis”, che sono i figli del fratello Filippo, quest’ultimo detenuto per associazione mafiosa»; il senatore denuncia anche «la presenza di Gaetano Dominante inteso “Tonino”, figlio del boss ergastolano Carmelo Dominante, che unitamente al pregiudicato Giancarlo Cicero ha aperto un magazzino per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli». «Ancora più grave», si legge nel dossier di Lumia, è «la presenza di Francesco Iemolo (già segnalato per 416-bis), nipote dei famigerati fratelli Carbonaro, che con la sua azienda, “Seristamp”, che effettua grafica per imballaggi di ortofrutta», nell’indotto del mercato ortofrutticolo.

«Sembra che il socio occulto della ditta – rivela il senatore – sia proprio l’ex collaboratore Claudio Carbonaro, che, finito il programma di protezione per collaboratori di giustizia, da qualche tempo è tornato a Vittoria dove stranamente si fa notare senza mostrare alcuna paura di eventuali ritorsioni»; ancora «va prestata attenzione a Paolo Cannizzo, inteso “Paulu U niuru”, elemento di spicco del clan Carbonaro Dominante, scarcerato e nuovamente arrestato, che ha operato sul territorio vittoriese con agenzie di trasporti (avrebbe rilevato con un altro soggetto, Titta Luminoso, l’agenzia di trasporti di Guglielmo Costa); ancora, Salvatore Fede, già segnalato per 416-bis, scarcerato e arrestato nuovamente per pena definitiva, avrebbe operato a fianco di Paolo Cannizzo citato nel settore trasporti; Venerando Lauretta, già condannato per 416-bis, avrebbe una concessionaria di auto, e si riferisce che abbia rilevato anche il box n. 65 del mercato ortofrutticolo di Vittoria».

Ma la black list non finisce qui: Angelo Alecci inteso “Cocuzza” e Giovanni Busacca inteso “A veccia” (già coinvolti per 416-bis nella nota operazione di “Piazza pulita” del 1993) «avrebbero acquisito un’azienda che assembla pedane in legno per il mercato ortofrutticolo»; Salvatore Di Mercurio, già 416-bis, «gestisce invece un magazzino di lavorazione in conto terzi, lavorando i prodotti ortofrutticoli dell’azienda dei fratelli Libretti»; Claudio Di Martino (416-bis e «indicato come killer della Stidda negli anni 90») ha «inserito il figlio Daniele nel settore dei trasporti»; ancora Raffaele Giudice (pregiudicato per 416-bis) inteso “Varecchina”, «gestisce il 70% dei trasporti dei prodotti ortofrutticoli su Vittoria fornendo servizi a Niscemi e Gela»; Salvatore Gulino (416-bis e art. 74 dpr n. 309/1990) inteso “U cavadduzzu”, genero di Pino Gueli (416-bis), «ha aperto un autosalone»; Sebastiano Gatto (nipote del fu professore Biagio Gravina, quest’ultimo reggente della famiglia della Stidda di Vittoria, ucciso il 10 marzo 1989), nonché fratello di Giambattista, rimasto ucciso in un agguato di mafia, «opera nel settore dei trasporti»; la famiglia Consalvo (Giacomo Consalvo, già 416-bis, e i figli Michael e Giovanni, già 416-bis) «opera nel settore delle cassette in legno»; i fratelli Nigito (già arrestati per 416-bis), esponenti dell’omonimo clan, «hanno l’esclusiva della fornitura di macchinette da caffè, che impongono a magazzini per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli e a imprese locali»; nell’interrogazione si segnalano altri soggetti – i fratelli Pepi, «coinvolti in indagini di mafia» e Vincenzo Latino (416-bis) citando attività non legate all’indotto dell’ortofrutta.

Sulla base del dossier, Lumia traccia «tre lezioni». La prima è un allarme gravissimo: «A Vittoria, ma non solo, c’è il prepotente ritorno di boss usciti per fine pena. A questo punto mi impegno per un monitoraggio su tutti i territori, ma soprattutto per proporre al governo un inasprimento delle pene per i reati di criminalità organizzata, evidentemente troppo basse, portandole da un minimo di vent’anni in su». La seconda “lezione” è «un’agricoltura umiliata dalla perdita di legalità e sviluppo, da Vittoria a Fondi e Milano, che bisogna ricostruire dalle fondamente». Il terzo punto è la caduta di un alibi: «Il rapporto fra legalità e sviluppo è una sfida che le amministrazioni legali devono sentire nel proprio sangue. Gli strumenti ci sono, non si possono sempre aspettare interventi dall’alto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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