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LA RICOTTA E I ROSICONI

TUMPULATONA DI IACHELLO A LICANDRO

Di Ottavio Cappellani |

di Enrico Iachello

La nemesi del cannolo di ricotta

Egregio Assessore Orazio Licandro, la capacità di una classe politica (se lo lasci dire da un elettore, sia pure pentito, di questa amministrazione) si misura anche dal modo in cui sa accettare critiche e confrontarsi con chi certo sul tema dei beni culturali non è un parvenu, ma ha dimostrato (chiedere in giro e al sindaco, o anche al comune amico Daniele Malfitana) qualche competenza e ha avanzato in passato qualche proposta (richiedere in giro e al sindaco e al comune amico Daniele Malfitana o scorrere il giornale locale di qualche anno fa). Invocare amicizie più o meno illustri, gridare allo scandalo e definire ‘rosiconi’ chi critica non sposta di un millimetro il problema nel merito. Anche quello giustamente sollevato da Ottavio Cappellani (lo ‘scandaloso’ scrittore Cappellani, che viene evocato nei salotti della sinistra bene come l’appestato, ma che ha tra l’altro una rubrica nel giornale locale a cui anche lei si rivolge per ‘comunicare’, o sbaglio?). E qualcuno mi fa: ‘minchia, ma sei d’accordo con Cappellani? Vergogna!’. Vecchia tecnica della sinistra d’antan, squalificare l’interlocutore per non affrontare il problema nel merito. Ma Cappellani ha posto una questione vera: il patrimonio culturale è talmente abbandonato a se stesso in Sicilia (da una classe politica che sa farci solo retorica a basso costo), e anche a Catania (debbo fare l’elenco dei siti chiusi trascurati, a partire dalle Terme dell’Indirizzo? Risparmiacelo per il momento), che c’è voluto un tal Ricotta (si, ha ragione anche qui Ottavio Cappellani, che nome: è poesia, mitologia, nemesi addirittura, del cannolo di ricotta) a commissionare uno spot diventato virale sul web. Non la Regione Sicilia, non il Comune di Catania per Catania, ma Joe Ricotta. E’ vero? Si. Poi magari scopriremo che ci sono fondi europei restituiti che miravano proprio alla ‘promozione’ del patrimonio culturale. Localmente, il merito della questione è dato anche dal fatto che il patrimonio culturale di Castello Ursino è a dir poco trascurato, esposto malamente e anacronisticamente – tipo museo ottocentesco per intenderci – quel poco che è esposto e si è privilegiata la linea delle mostre ‘monstre’. Non porta, a mio modesto avviso, da nessuna parte. La linea scelta dico. E molti operatori culturali catanesi convengono con me in privato. Potrei analiticamente mostrare perchè è una linea sbagliata, se ci fosse un vero interesse a un confronto, Se la sua risposta è però a livello dei ‘rosiconi’, o ‘dell’osso perduto’ (non si accorge della volgarità?), non sono interessato, grazie. Anche perchè qui da rosicare non c’è nulla.Senza offesa e senza nulla a pretendere, mi soprascrivo e la saluto cordialmente. E gradirei, qualora intendesse confrontarsi, che mi chiamasse per nome e cognome come ho fatto io rispettosamente con lei. Non è uno scandalo la divergenza di opinioni o la critica, è la normalità della democrazia occidentale (che Dio la protegga sempre, la democrazia dico, ma non esito a invocare la sua protezione anche per lei, se non disdegna).

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