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 Acevù, nasce il primo aceto biologico vulcanico dell’Etna

sarà presentato in un convegno domani a Castiglione nell'azienda Barone Di Miceli

Di Un nuovo prodotto |

Creare un prodotto nuovo, un aceto biologico vulcanico dell’Etna, capace di esprimere l’identità del paesaggio, dei vitigni autoctoni e delle competenze locali agricole e tecniche. Questo l’obiettivo del progetto ACE.VÙ, “Trasferimento di Innovazioni per produzione e la commercializzazione di aceto siciliano di qualità superiore”, finanziato dalla misura 16.1 del PSR Sicilia 2014/2022, giunto alle battute finali. 

Il convegno finale si svolgerà domani, mercoledì 11 giugno ore 9.30, nell’azienda Azienda Barone Di Miceli Strada Statale 120 dell’Etna e delle Madonie – Km 194+500, 95012- Castiglione di Sicilia (CT), con la consegna dei risultati conseguiti dopo tre anni di attività di campo e di laboratorio, realizzate dal partenariato composto da quattro aziende vitivinicole, un’impresa di commercializzazione e, per la parte scientifica, dal Dipartimento Di3A dell’Università di Catania, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. 

Porgeranno i saluti Mario D’Amico, direttore Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione Ambiente (Di3A) e Roberto Cellini, direttore Dipartimento di Economia e Impresa (DEI), Giovanni Sutera, dirigente Responsabile del Servizio 9 dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Catania, Maria Rosa Battiato, dirigente UO S9.04, Servizi allo sviluppo, qualità agroalimentare diversificazione; Aurora Ursino, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Sicilia della Provincia di Catania, e Daniele Romano, presidente dell’Ordine Tecnologi Alimentari Sicilia e Sardegna. Agli agronomi e ai tecnologi Alimentari che parteciperanno verranno riconosciuti CFP secondo quanto stabilito dai Consigli degli Ordini nazionali.

Introdurrà Giovanni La Via,  docente Di3A, responsabile scientifico del progetto AceVu. Interverranno Giuseppe Trovato, Di3A, Innovation Broker, e Maria Gullo, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, le docenti Cristina Restuccia ed Elena Arena del Di3A; la dottoranda Maria Veronica Faulisi,  Di3A; Gaetano Chinnici, docente DEl; Bernardo Di Miceli, azienda capofila e Gesualdo Maria Interlandi, azienda partner, Francesco Di Miceli,  azienda di  commercializzazione La Trinacria Corporation Srl. Concludono: l’assessore dell’Agricoltura allo Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea della Regione Siciliana Salvatore Barbagallo; il dirigente Generale dell’assessorato Fulvio Bellomo; il dirigente dell’Area 3 del Dipartimento Agricoltura, Coordinamento e gestione generale programmi, Agro-biodiversità e cooperazione Antonino Drago.

La produzione di aceto rappresenta una novità assoluta per un’area da sempre vocata all’eccellenza vitivinicola ma tradizionalmente non coinvolta nella filiera acetica.  “Il progetto “Ace.Vù ha perseguito un obiettivo tanto ambizioso quanto inedito per il territorio etneo – anticipa l’innovation broker Giuseppe Trovato – produrre un aceto biologico vulcanico dell’Etna, nelle caratteristiche organolettiche, qualitative e sensoriali superiori, utilizzando tecniche innovative e vitigni tipici del territorio etneo. Fare aceto è difficile perché seppur si tratta di un processo naturale è necessario nello specifico che si controlli  il processo per ottenere quella giusta percentuale di acido acetico, che caratterizza il prodotto, ma che dovrà sviluppare anche aromi tipici del nostro territorio”.

Il progetto attraverso un approccio integrato e multidisciplinare, ha promosso l’introduzione di pratiche sostenibili in vigneto, l’adozione di processi di trasformazione innovativi e lo sviluppo di strategie avanzate di valorizzazione e commercializzazione, aprendo nuove prospettive produttive e commerciali, offrendo alle imprese locali l’opportunità di diversificare e innovare, senza rinunciare alla qualità delle proprie produzioni.

L’attività di coordinamento ha rappresentato la colonna portante dell’intero progetto, sia scientifico che operativo delle attività, con l’obiettivo di garantire un trasferimento efficace delle innovazioni e una loro concreta applicazione da parte delle imprese vitivinicole coinvolte. Uno degli elementi distintivi di questa attività è stato il coinvolgimento congiunto di un gruppo di lavoro scientifico interdisciplinare tra i ricercatori delle università  di  Catania e  Modena e Reggio Emilia che ha permesso di trasferire alle aziende un know-how che ha riguardato sia la gestione agronomica innovativa del vigneto in regime biologico, sia le fasi di trasformazione acetica.  

La gestione del vigneto, in tutte le sue fasi, oggi rappresenta un punto fondamentale per la produzione di uve di qualità destinate alla trasformazione in vini che devono avere una buona personalità ed un forte legame con il territorio in cui sono prodotti. In questa direzione, oggi, la gestione del vigneto varia in base alla destinazione produttiva, in base cioè ai prodotti che si intende ottenere da quelle uve che siano spumanti, vini giovani o invecchiati. 

Il progetto ACE.VÙ ha innanzitutto individuato due ettari di superficie per ognuna dalle quattro aziende in cui sono coltivati vitigni tipici dell’Etna: Nerello mascalese, Nerello cappuccio e Carricante, che operano in regime di disciplinare di produzione biologica. Risulta fondamentale focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche che devono avere le uve destinate alla produzione di aceto. In linea di massima, le uve che si prestano meglio alla produzione di aceto devono avere un pH tra 3 e 3,5, una acidità totale compresa tra 5 e 7g/l di acido tartarico, un potenziale alcolometrico non maggiore di 12% vol., senza compromettere la maturazione aromatica e fenolica. 

Da questa nuova visione di gestione del vigneto, il progetto Acevù ha fornito un protocollo che mira a dare indicazioni agli agricoltori per la produzione di uve destinate alla creazione di aceto di qualità superiore che come nei vini rappresenti il territorio di provenienza attraverso una forte personalità. Uno degli obiettivi del progetto ACE.VÙ è appunto quello di utilizzare le uve che nascono in condizioni pedoclimatiche e in substrati vulcanici e in quota, ricchi di acidi e di mineralità, che crescono proprio nello stesso territorio dove si ottengono le eccellenze del vino, al fine di sintetizzare il terroir vulcanico.

Nel progetto sono stati indicati i protocolli di due metodi di produzione, quello statico e quello dinamico. Il primo, tradizionale di fermentazione e invecchiamento in botti di legno, castagno o ciliegio tipici del territorio che possono trasferire al prodotto le proprie essenze; Il secondo (sistema sommerso) si è avvalso di apparecchiature, un fermentatore e un acetificatore che accelerano la produzione di aceto di vino, derivato dalla fermentazione acetica sulla materia prima, il vino. In particolare, è stata installata una macchina pilota  ( acetaia) in un contesto tipicamente etneo, in mezzo ai noccioleti, ma lontano dai vigneti.  Nel corso della mattinata di mercoledì  verrà  effettuata una visita nella struttura appositamente realizzata.

Il progetto ha previsto anche il rilevamento del livello di accettazione del consumatore ad acquistare un aceto vulcanico.  L’Italia risulta tra i principali paesi che producono ed esportano aceto e sono stati già condotti studi per capire come poter posizione il prodotto sui mercati in modo che per le aziende possa rappresentare un fattore di crescita.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA