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L'INTERVISTA

Mimmo Catalano, l’inventore della pasticceria mignon: «Così ho anticipato le tendenze». E ci regala una ricetta

Il decano dei pasticceri catanesi, 88 anni, racconta la sua storia e dispensa ancora consigli alle nuove leve

Di Carmelo Di Mauro |

Mimmo Catalano, personaggio carismatico, estroverso, intraprendente, è stato il pioniere della pasticceria mignon in Sicilia. Oggi 88enne ha abbandonato il mestiere ma non la passione per la “dolce arte” al punto da continuare a dispensare consigli alle nuove leve che si rivolgono a lui, il guru della pasticceria.

Conserva gelosamente il suo libro di ricette, rigorosamente scritto a mano, che ancora oggi ricorda a memoria; al primo assaggio di un dolce riesce ad accorgersi se gli ingredienti sono ben bilanciati o se manca qualcosa. Per lunghi anni ha ricoperto il ruolo di presidente dei pasticceri di Catania, creando fra i colleghi un clima amichevole. Capì che sarebbe stato un beneficio per tutti arricchire le conoscenze professionali, per questo organizzò viaggi di lavoro e promosse gemellaggi con diverse associazioni di pasticceri, da Napoli a Treviso, da Roma a Malta, da Cagliari a Londra, a Berlino, fino agli Usa. Portò la pasticceria catanese in Tv e fu il promotore di diverse manifestazioni dove venivano esposte opere artistiche dolciarie e offerte squisite degustazioni, come l’arcinota “Il Mongibello d’Oro”. 

Quando inizia la sua passione per l’arte pasticcera?

«Da ragazzo. A 13 anni inizio a lavorare come aiutante pasticcere nel “Bar Centrale”, pasticceria che si trovava in via Etnea ad angolo con piazza Stesicoro. Divenni il responsabile del laboratorio e a realizzare artistiche creazioni, come la Torre Eiffel in cioccolato che rimase esposta per lungo tempo nella vetrina che dava su via Etnea, attirando curiosità ed interesse».

Poi decide di mettersi in proprio…

«A 36 anni. Nel 1970, insieme al mio socio e amico Ninì Cosentino, apriamo una nostra pasticceria, in via Milano, che chiamano “Ethel” in onore di Ethel Skakel, la vedova di Robert Kennedy, morto due anni prima. La pasticceria si afferma ben presto tra le migliori e più gettonate non solo della Catania considerata allora la “Milano del Sud”, ma in tutta Italia, tanto da ricevere nel 1979 la “Gran targa delle Nazioni” da parte dell’International Business Corporation, per l’alto grado di preparazione raggiunta. Debbo dire grazie anche ai ragazzi che lavoravano con me».

Naturalmente in quel periodo ha avuto modo di sbizzarrirsi…

«Già. Ho avuto l’onore di realizzare una torta artistica per Giovanni Paolo II, quando nel 1994 venne in visita a Catania; ho introdotto in Sicilia la pastiera napoletana, strappando il segreto della ricetta ad un pasticcere napoletano; ho inventato il dolce “Lulù”, un grosso bignè farcito di crema chantilly a forma di cavolfiore. Ho sempre cercato di anticipare le nuove tendenze. Sono considerato il pioniere della pasticceria mignon siciliana». 

A proposito della pasticceria mignon, come le è venuta l’idea?

«Molti clienti mi chiedevano la prova d’assaggio e chiaramente non potevo accontentarli. Così ho pensato di creare il modello miniaturizzato di un dolce, in modo da farlo assaggiare senza che si sentissero impegnati nell’acquisto di qualcosa che avrebbe potuto non incontrare i loro gusti. Non solo: ciò mi avrebbe permesso di sondare i gusti e le tendenze dei consumatori». 

Sta in queste idee innovative il segreto del suo successo?

«Penso piuttosto che sia dovuto al fatto che ho sempre cercato di accontentare tutti i palati puntando sulla scelta accurata delle materie prime e su una attenta procedura di preparazione». 

E, poi, il successo è arrivato grazie alla sua capacità di aggregare idee e scovare talenti. Basti pensare che Mimmo Catalano è stato maestro di pasticceri catanesi come Verona e Bonvegna, ma anche amico dei più famosi maestri del panettone come Achille Zoia.

Chi ha ereditato questa sua passione?

«Dalla mia prima moglie, Agata Puglisi, scomparsa prematuramente, ho avuto tre figli. Solo il secondogenito, Dino, condivide con me il talento per la pasticceria. Dopo aver lavorato al mio fianco per 13 anni, nel 1996, spinto dal successo ottenuto a “Numero Uno” (nella gara fra pasticceri), il programma di Rai 1 condotto da Pippo Baudo, ha deciso di aprire una sua pasticceria ad Aci Castello affiancato più tardi da mio nipote Emanuele. Il maggiore, Toni, ha scelto invece l’ingegneria e lavora a Milano come manager in una multinazionale. La più piccola, Maria, ha ereditato da me il carattere aperto, la capacità relazionale e la passione per la cucina. Dalla successiva unione con Rosanna Gangi nasce Elisabeth; laureata in Farmacia, lavora come informatrice scientifica».

Ci regala una ricetta per questo periodo “dei morti”?

«Certamente. Quella degli ‘nzuddi, biscotti mandorlati aromatizzati all’arancia e cannella. Ideati dalle suore vincenziane di Catania, proprio per la Festa dei Morti. Ecco gli ingredienti: 1 kg di farina 00; 900 gr. di zucchero; 100 gr di miele; 20 gr. di lievito; 100 gr. di mandorle in polvere; un pizzico di cannella e di vaniglia; buccia grattugiata di 2 arance; 50 gr di burro o margarina; 450 gr. di latte (o 400 gr. d’acqua per chi è intollerante al lattosio); quanto basta di mandorle con la buccia e di zucchero semolato; quanto basta di zucchero a velo. Mettere gli ingredienti in polvere dentro una ciotola e mescolare bene. Aggiungere il burro fuso (o la margarina), il miele, la buccia grattugiata dell’arancia. Versare il latte (o l’acqua) poco per volta e impastare finché il prodotto non diventa omogeneo. Formare delle palline della grandezza di una noce, farle rotolare nello zucchero semolato e disporle su una teglia rivestita da carta da forno; adagiare una mandorla sopra ogni pallina e spolverizzare con lo zucchero a velo. Mettere in forno per 15 minuti a 180 gradi. Quindi, lasciare raffreddare prima di servire».  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA